La protagonista del thriller Tredici anni dopo di Kerry Wilkinson (Newton Compton, Roma 2018) è Olivia, una giovane che da bambina era misteriosamente scomparsa e che ora, dopo tredici anni, si ripresenta improvvisamente dalla madre. Quando, a soli sei anni, la piccola Olivia si era eclissata dal giardino di casa dove giocava tranquillamente, i suoi genitori e la comunità di Stoneridge, un paesino nella campagna inglese, erano ovviamente rimasti sconcertati e sgomenti. L’impossibilità di ritrovarla aveva portato in seguito alla rassegnazione e anche a una crisi irreversibile nel matrimonio dei suoi genitori. Ma adesso che Olivia fa la sua ricomparsa, sentimenti contrastanti emergono fra gli abitanti della cittadina e fra quanti l’avevano conosciuta da piccola: sua madre è combattuta fra la gioia di riabbracciarla e il timore di perderla nuovamente, mentre più di una voce avanza dubbi sull’effettiva identità della nuova venuta, che decide infine di sottoporsi al test del DNA. Ma è solo l’inizio di un complesso intreccio, i cui segreti verranno svelati soltanto nelle ultime pagine.

Iscrivibile appieno nel filone del thriller psicologico, Tredici anni dopo riesce a non risultare mai noioso; in un abile gioco di salti temporali fra il presente e il passato, la narrazione in prima persona coinvolge il lettore e lo spinge verso un sorprendente epilogo. Il limite del romanzo è forse nella caratterizzazione un po’ troppo stereotipata di alcuni personaggi minori, ma l’impianto complessivo è piuttosto solido e la lettura appare scorrevole. In un’interessante postfazione (da leggersi rigorosamente dopo il romanzo, perché rivela il finale), l’autore racconta inoltre una curiosa coincidenza che è all’origine del titolo. La traduzione italiana riprende quello che inizialmente avrebbe dovuto essere il titolo del libro, ossia Thirteen, ma che l’autore è stato costretto a cambiare perché poco prima della pubblicazione del romanzo è uscita in Inghilterra una serie tv proprio con quel nome, e che presentava oltretutto alcune analogie con la trama del libro. L’edizione inglese è stata perciò pubblicata come The Girl Who Came Back, mentre la versione italiana ha potuto recuperare almeno in parte il titolo originariamente ideato dall’autore.

Nel complesso è una piacevole lettura estiva, da fare sotto l’ombrellone sorseggiando un cocktail, o magari sdraiati all’ombra di un albero nella campagna inglese.

Arthur Lombardozzi