È la vincitrice del concorso nazionale “Io, Bookinfluencer”, in cui i Master in Editoria dell’Università Cattolica hanno invitato i partecipanti ai webinar di Book Tales con lo scopo di raccontare la loro personale esperienza coi libri e tramandare a tutti il grande amore per la lettura.
Anita Book è una giovane lettrice, scrittrice e bookinfluencer che in un mondo digitalizzato crede ancora, come tanti, nel potere della parola scritta. Perché un libro, e la lettura, sono salvagenti contro il grigiore della vita.
Da lettore a bookinfluencer. Come è avvenuto questa sorta di “passaggio”?
Non sono sicura di sentire la realtà dei “bookinfluencer” così mia. Forse non nell’accezione canonica del neologismo. Resto una lettrice semplice, perdutamente innamorata delle storie che legge e che consiglia, e tanto mi basta. Ritengo che adattarsi eccessivamente alle tendenze che impazzano in rete possa andare a svantaggio della propria libertà creativa e procurare un progressivo senso di inadeguatezza. Se c’è chi trae ispirazione dai miei contenuti, non potrei essere più felice e grata, ma non chiamatemi “bookinfluencer”.
Il concorso nazionale “Io, Bookinfluencer” pone delle basi solide per la diffusione della lettura e della cultura nel mondo digitale. Come si possono combinare, dunque, questi due elementi (libro e tecnologia) che all’apparenza sono agli antipodi?
Bella domanda. Dovremmo farci aiutare da Sherlock Holmes per risolverla, però. Partiamo da un fondamento assoluto. La verità sta sempre nel mezzo e, per come la vedo io, il mezzo è sempre l’equilibrio. Esplorare la frontiera dell’Internet per condividere interessi come la lettura, può salvare l’umanità dal rischio di estinzione; unire passione, entusiasmo e inventiva per allargare gli orizzonti di chi è a caccia di scoperte, può favorire un ricircolo delle idee oltremodo arricchente e utile alla difesa del patrimonio letterario. Grazie alla velocità di viaggio delle informazioni, infatti, ci è permesso coprire qualsiasi distanza ed è facile ingaggiare una comunità di interlocutori affini che ne incoraggi la diffusione. Quello che preoccupa è il pericolo che, con le leggi serrate degli algoritmi e dei “doveri” social per mantenersi freschi e “visibili”, l’autenticità ne paghi il prezzo e si trasformi in una mera vetrina promozionale. Sarebbe irrispettoso nei confronti di se stessi e dei libri. In più, il digitale non dovrebbe mai sostituire la necessità di praticare la lettura e le attività a essa connesse nel quotidiano, di cui il web rappresenta solo un’espansione d’appendice. Svincolarsi dagli obblighi dei costumi in voga e raccontarsi in modo onesto e spontaneo preserva tutti i benefici che possono derivare da una divulgazione culturale 2.0.
Ma andiamo a ritroso nel tempo. La tua testimonianza, che ti ha permesso di vincere il concorso, è stata davvero impeccabile e toccante. Vogliamo ripetere però, ancora una volta, quando è avvenuto il colpo di fulmine per i libri e la lettura?
Con enorme piacere. Avevo sedici anni quando ho mollato la scuola. Il liceo è stato l’inizio di un lento declino, con una serie di problematiche emotive che hanno trovato sfogo in una delle sindromi controffensive più conosciute al mondo: gli attacchi di panico. Ho mandato a gambe all’aria la mia salute mentale e quella della mia famiglia. Non senza una certa sadica soddisfazione. Le corse in ambulanza erano all’ordine del giorno e l’oscurità che avevo nei pensieri si faceva via via più densa e opprimente. Poi mia madre e mio padre mi regalarono un libro. Il quarto volume della saga di Harry Potter, poderoso di pagine come poteva esserlo una fortezza inespugnabile. Successe come per Alice e la Tana del Bianconiglio: ci caddi dentro, precipitando a tutta birra e con gli occhi spalancati. La magia di quel mondo mi attirò come un magnete e disciplinò la rabbia e la tristezza in qualcosa di nuovo e potentissimo: fiducia in me stessa. Mi restituì alla vita. Da allora non ho più smesso di visitare i Quartieri dell’Immaginazione, come li chiamerebbe qualcuno. Sono diventata affamata di storie e ho deciso di farne una professione e una missione.
L’Ora del libro è il tuo blog, un angolo virtuale e personale nel quale condividi la tua passione per i libri. Ci vuoi raccontare quando è nato e da dove è la nata l’idea di aprirlo e prendertene cura?
Anche questo lo ricordo come se fosse ieri. Ho detto di aver abbandonato le superiori a sedici anni. Dopo aver incrociato Hogwarts e aver attraversato la tempesta dei miei dolori interiori, ho ripreso gli studi e mi sono diplomata. Un traguardo che è valso come un riscatto personale. Capii di essere dominata da un fuoco creativo incontrollabile e scelsi di metterlo subito alla prova. Se la lettura aveva salvato me, ragionai, poteva farlo anche con qualcun altro. Bisognava che lo rendessi manifesto. Ero in libreria, indaffarata in uno dei miei soliti giri di perlustrazione. Di colpo, mi immaginai davanti a una videocamera a chiacchierare di libri letti, libri amati, libri odiati. Un piccolo salotto virtuale, accompagnato da una tazza di tè come nella stimata cerimonia inglese. Sarebbero stati appuntamenti brevi, condivisi alle cinque di ogni pomeriggio, e avrebbero aiutato il mondo a essere un posto un po’ più felice. Non so se sia riuscita nell’impresa, ma lo rifarei un milione di altre vite ancora.
Quali consigli daresti, dunque, a chi vuole aprire un blog dedicato ai libri?
L’unico che valga la pena seguire: crederci. Senza porsi domande. Fino in fondo.
I ragazzi di oggi, dicono, leggono davvero molto poco. Che consiglio possiamo dare loro per far scoprire, o riscoprire, il valore “dell’oggetto-libro”?
Ho una teoria in proposito. Quando ero ragazzina io, la vita si giocava per strada. Il salto della corda, le figurine da appiccicare sugli album, l’ultima canzone delle Spice Girls da cantare a squarciagola, le bambole da pettinare, il pallone da recuperare prima che finisse nel recinto del vicino scorbutico e le sbucciature da sopportare in silenzio. Ci divertivamo con niente, perché il niente era l’ignoto e toccava stanarlo da soli. Avevamo la meraviglia negli occhi anche quando si trattava di sognare il finale alternativo di una giornata di scuola. Sapevamo di essere degli eroi in incognita e di avere accesso a mondi sconfinati. Oggi questa meraviglia si è come diluita. La vita reale non ha granché da offrire rispetto alla versione sempre in tiro della sua controparte digitale, perciò perché scomodarsi. Il massimo del rendimento delle capacità umane è dato dai likes, dalle immagini che vendono una perfezione simulata e dalla notorietà di una challenge che ti insegna a baciare il tuo migliore amico (a sua insaputa). Nulla di criminoso, soprattutto se fatto con consapevolezza e innocente goliardia, ma se il risultato è la stasi del desiderio di conoscenza, allora potrebbe farsi d’impedimento nella ricerca di quei piaceri che incentivano la crescita del proprio sé e il compimento del proprio destino. Un libro è una Porta e talvolta fa paura aprirla. Si adducono giustificazioni di ogni sorta: che sia un passatempo da sfigati, solo per i nerd da strapazzo, troppo impegnativo, alquanto noioso, un compito (l’accusa peggiore ma, ahimè, anche la più attendibile). È indispensabile che l’esperienza si formi in completa autonomia, che metta il prurito addosso, e che non giunga come un’imposizione. Perché se da una parte a questi ragazzi si rimproverano la precarietà dei sentimenti e l’indolenza dei comportamenti, dall’altra basta ascoltarli per intuirne il potenziale e istruirli con dedizione a varcare la soglia di quegli universi in attesa che sono i libri.
Dalla lettura alla scrittura: quali e quanti personaggi sono stati partoriti dalla tua fantasia? Vogliamo ripercorrere insieme i passi che ti hanno portato alla scrittura dei tuoi libri?
Non sono mai abbastanza. Le loro voci scelgono di abitarmi e le parole obbediscono alla volontà delle loro storie. Senza scrittura non sopravvivrei. È una fame e una devozione, una necessità e una fede. Orienta il cammino dei miei passi, per quanto insidiosa possa rivelarsi poi la strada. Quella dei sogni, i più intimi che non osiamo barattare con niente, lo è sempre o non si chiamerebbe “un’avventura”. A oggi, ho pubblicato: “Suzie Moore e il Nuovo Viaggio al Centro della Terra” (Dunwich Edizioni), “Il Destino degli Angeli” (Golem Edizioni) ed “Everlasting” (Golem Edizioni). Mi hanno accompagnato in un percorso di crescita e perfezionamento stilistico, affiancata da autori che sono e saranno sempre i miei primi maestri: King, Gaiman, Le Guin, Tartt, Rowling. Certo a rileggerli adesso forse ne riscriverei più di qualcuno, ma contano il valore affettivo e la memoria storica che custodiscono e che mi ricordano ogni giorno per cosa lottare e in cosa credere. Sono del parere che a ciascuno sia riservata una destinazione precisa e che sarebbe un sacrilegio tradirla. Non importa il tempo che occorrerà per raggiungerla. Nel 2018 ho lavorato a un nuovo romanzo sotto la guida di Emanuela Valentini, autrice ed editor. Per il momento non posso dire altro, ma la speranza è che possa trovare la luce giusta per schiudersi ai cuori del lettori.
“Io, Bookinfluencer” è dunque un concorso nazionale degno di rispetto per quanti non conoscono ancora il potere dei libri anche in un mondo dove il libro sembra oramai un oggetto obsoleto. In realtà, divenire una bookinfluencer significa farsi portavoce di valori più assoluti, di mondi che non tramonteranno mai.
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