Abbiamo sempre dovuto sempre dimostrare di essere “più” degli uomini, quasi fosse una tacita regola universalmente riconosciuta. Ma è possibile dimostrare la perfezione? Il “caso” Simone Biles.

Essere perfette è una dimostrazione di forza? Sappiamo bene che la lotta femminista ha visto migliaia di donne battersi per veder riconosciuti dei diritti che le mettessero sullo stesso livello degli uomini. Nonostante siano passati, però, più di cento anni, ancora oggi la donna si ritrova a dover dimostrare di meritare tal diritti un po’ in tutti i campi, sia lavorativi che sportivi.

Uno scalino in più.

Più ci guardiamo intorno e più ci si accorge che la donna ha sì conquistato dei diritti ma, paradossalmente, sembra obbligata a giustificarli continuamente e questo, al giorno d’oggi, è inaccettabile. Essere perfette sembra essere la chiave per un rendimento continuo che non ammette cedimenti; la donna sembra essere vista come una macchina che non conosce incidenti di percorsi ma che deve lavorare senza sosta. Ancora oggi, molte donne agiscono con l’idea che bisogna dimostrare di potercela fare sempre e comunque poiché la discriminazione è dietro l’angolo.

Un retaggio culturale.

È difficile sradicare idee millenarie che hanno visto la donna come essere inferiore e unicamente come una fattrice di generazioni successive. Ancora oggi si insinua un velato maschilismo supportato da idee che non hanno alcun tipo di fondamento, tanto che se una donna cede a fatica e manifesta un disagio emotivo e psichico, si aprono le porte della differenza di genere, ancora lungi dall’essere chiuse definitivamente.

Rio de Janeiro – Simone Biles, ginasta dos Estados Unidos, durante final em que levou medalha de ouro na disputa por equipes feminina nos Jogos Olímpicos Rio 2016. (Fernando Frazão/Agência Brasil)
Il caso di Simone Biles.

Considerazioni del genere, nascono dagli articoli che riguardano il ritorno alle competizioni della ginnasta americana Simone Biles, definita la ginnasta più vincente della storia americana e mondiale. Dopo le Olimpiadi di Tokyo, quest’immensa atleta ha come un black out e decide di concedersi una pausa che termina con il suo rientro ai Mondiali di Anversa. L’uscita di scena di Simone Biles dalle competizioni rimbalza in tutto il mondo e tutti si sono chiesti cosa sia successo a questa fenomenale atleta. Tutto ha inizio durante le finale dei giochi olimpici dove sia lei che il suo allenatore dichiarano un problema mentale che non le permette di compiere acrobazie. Molti parlano del peso di certe atlete essere sempre perfette che Biles non riesce più a gestire ma, le situazioni sono diverse e l’atleta dice stop!

La ricerca della perfezione.

In un ambiente competitivo come quello sportivo, la ricerca della perfezione diventa quasi una missione che diventa un’impresa titanica se ti chiami, come in questo caso Simone Biles. Eppure , il suo momentaneo ritiro è un momento importante che porta a una profonda riflessione: andare avanti per dimostrare o fermarsi e volersi bene? Ebbene, la risposta è abbastanza scontata. A un certo punto, bisogna anche sapersi fermare e porre dei paletti, dedicarsi al ritrovamento di se stessi nel tentativo di ritornare più forti, come un’araba fenice. La perfezione non esiste e i momenti di fragilità emotiva, psichica e fisica sono naturali anche se si è donna e la società dice che la perfezione è una vera dimostrazione di forza da cui non possiamo fuggire.

Una società iniqua.

Il caso di Simone Biles è solo un esempio che, però, dimostra come l’opinione pubblica abbia speculato attribuendo anche informazione fallaci sui reali motivi del ritiro. Se fino all’inizio del Novecento la società discriminava le donne e poi quelle di colore, oggi la situazione, seppur paradossale, è peggiorata e colpisce le donne e quelle di colore insieme a quelle che confessano di avere particolari orientamenti sessuali; è difficile da credere, ma forse oggi la società è ancora più ingiusta con le donne e pretende che vadano oltre i propri limiti. Se non ce la fanno, è normale, se vincono si cerca di minimizzare spacciando il tutto come un’ovvietà che non desta nessun tipo di clamore.

Debolezza e forza.

In conclusione, siamo ancora molto lontani affinché la donna venga giudicata e considerata con lo stesso metro usato per gli uomini, ma ciò che bisogna capire è che il dover dimostrare la perfezione non ci rende meno meravigliose di ciò che già siamo. Avere e ammettere le difficoltà non deve farci vergognare ma piuttosto farci riflettere sul fatto che dalle difficoltà ci possiamo rialzare e tornare vincenti perché essere perfette non è dimostrazione di forza.

Immagine di copertina di Ksenia Kartasheva