La storia comincia in California, in una lussuosa villa, nel 1897. Il cane Buck, figlio di un maschio Sanbernardo e di una madre Pastore Scozzese, vive in questa grande villa insieme al giudice Miller. Nel frattempo, comincia la corsa all’oro del Klondike e la richiesta di cani da slitta, unico mezzo di trasporto nella fredda parte settentrionale del continente americano. Buck viene venduto dal giardiniere del suo padrone a un brutale trafficante che lo porta via nella notte, ed è così che comincia a conoscere la legge della zanna e del bastone, fino a diventare poi un cane da slitta. Impara a difendersi dagli altri cani e diventa il primo delle due file nel trainare la slitta. Si affeziona ai suoi nuovi padroni con i quali consegna, diligente e puntuale, la posta in quelle terre gelide e affascinanti, ma la sua felicità viene di nuovo interrotta quando cominciano ad arrivare i primi telegrafi, i cani da slitta, così, vengono dati via nuovamente. Viene salvato dal cercatore d’oro John Thornton. Tra loro nasce un’amicizia unica e speciale tanto da partire insieme per un’avventura in una nuova terra lontana ed è proprio qui che Buck comincia a sentire il richiamo della foresta.
Sono stati tratti moltissimi film negli anni dedicati a questo meraviglioso romanzo, il più recente è stato quello interpretato da Harrison Ford, nei panni di John, l’unico, il solo vero amico umano che Buck ha imparato ad amare fino a fidarsi di lui completamente.
Solo che Buck ha dentro di sé una natura libera, selvaggia, non resiste a esplorare da solo luoghi sconosciuti, non si tira indietro quando incontra un branco di lupi e, dopo che con immenso coraggio salva uno di loro, diventa uno di loro.
Il libro e l’ultimo film hanno qualche punto che coincide alla perfezione e qualche altro no, eppure nel vederlo e poi nel leggere nuovamente il romanzo di Jack London ho provato emozioni molto forti, malinconiche, reali, vive.
La natura selvaggia ha una potenza così invadente da avvolgerti completamente in un turbinio di eventi che sono poi difficili da lasciare andare via.
…Quando nelle lunghe notti gelate levava il muso alle stelle gettando lunghi ululati nello stile dei lupi, erano i suoi antenati morti e ridotti in polvere, che levavano il muso alle stelle e ululavano nei secoli attraverso di lui…
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