Quando 9 mesi fa ho iniziato a scrivere questa rubrica, volevo che diventasse un punto di riferimento per le donne.
Avrei raccontato di donne forti, donne che in qualche modo hanno lasciato il segno del loro passaggio. Su questa terra, o nell’immaginario comune. Donne reali, o donne “letterarie”, donne che non si sono piegate, donne spezzate ma il cui ricordo resta integro, donne che hanno detto “No” agli uomini che le volevano “in un altro modo”.
Io sono stata una persona che qualcuno ha cercato di cambiare, di forgiare, di plasmare secondo l’immagine di ciò che voleva, secondo la persona che non ero.
Mi sentivo ripetere sempre che non ero adatta. Ma adatta a cosa? Mi chiedevo.
Adatta a chi faceva finta di amare me, ma in realtà amava la proiezione di un’idea.
Parafrasando in modo gentile ciò che mi veniva ripetuto come un mantra, il concetto di base era:
“Tu senza di me non vali niente”, gli insulti volavano violenti come schiaffi in faccia e le parole ronzavano nella testa come zanzare.
Poi gli insulti che non riuscivano a lacerare me, diventavano insulti rivolti anche alle persone a me care.
Tutti sappiamo che spesso si può reggere un’offesa fatta a noi stessi, ma si regge di meno l’offesa a un familiare, o alle persone amate che abbiamo perso.
La violenza psicologica finisce con l’annientare un individuo, e la donna, a causa di vecchi retaggi culturali, è sempre stata un bersaglio più facile. Si diventa deboli, la paura prende il sopravvento, cerchiamo di scappare, ma ciò che si apre davanti a noi è solo una distesa di nulla, e la persona che ci ha lasciato il guinzaglio largo per farci guardare “il nulla che ci separa dal mondo”, lo stringe di nuovo e ci riporta a casa, puntualmente, e il mondo reale è sempre più distante, lo abitiamo fisicamente ma la nostra realtà è un’altra.
C’è un oppressore e un oppresso. Molti osservando la situazione dall’ esterno, daranno la loro sentenza, scontata e superficiale, secondo cui la vittima si sacrifica ogni giorno per sua volontà; ma avete mai sentito parlare di legami traumatici? Ovvero quei legami tra due persone una delle quali ricopre una posizione di potere nei confronti dell’altra che diventa vittima degli atteggiamenti aggressivi o di altri tipi di violenza da parte dell’altra persona.
La violenza psicologica infatti molto spesso è corredata da atti di violenza fisica, polsi girati, mano alla gola che spinge una testa contro un finestrino di un’auto quando il carnefice si sente “minacciato” dalle “tue ombre”. Spinte violente, rottura di oggetti, pugni su un volante durante la guida, tutti atteggiamenti violenti e terroristici che servono al carnefice per confermare a se stesso e alla sua vittima, la propria superiorità fisica, oltre al dominio psicologico.
Purtroppo è un dato di fatto che per genetica un uomo sia fisicamente più forte di una donna, ma questo non lo autorizza ad usare la sua forza su di noi!
Quello che chiedo a tutte le vittime di violenza fisica, ma anche e soprattutto psicologica, perché la seconda dall’esterno è ancora più difficile da riconoscere, è di parlare, parlarne con la propria famiglia, con le amiche e con gli amici, perché non tutti gli uomini sono uomini cattivi, ci sono anche tanti uomini buoni al mondo che devono essere solo spronati a difendere questa causa. Insomma chiedere aiuto!
Il primo passo per uscire da una situazione di assoggettamento psicologico è NON GIUSTIFICARE MAI questi atteggiamenti violenti e non sentirsene la causa. Non basta chiedere scusa, non basta promettere e giurare che non avverrà più o disperarsi per quello che si è fatto con le lacrime agli occhi decantando finti sensi di colpa… dentro di noi sappiamo che lo rifarà, ancora e ancora, finché non saremo noi a dire BASTA.
BASTA alla violenza “di genere” , BASTA alla violenza di “ogni genere”.
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