Una nuova ricerca ha stabilito che la dipendenza da zucchero è paragonabile a quella da droghe e alcol: parliamone.
Una nuova ricerca ha stabilito che la dipendenza da zucchero è paragonabile a quella da droghe e alcol: parliamone.
La teoria che lo zucchero ci renda schiavi dello zucchero stesso è una storiella che, di tanto in tanto, torna a fare capolino tra le più gettonate istruzioni per una vita migliore: dormire poco rovina il sistema nervoso, dormi di più; fare attività fisica fa bene al corpo e all’anima, fanne di più; mangiare zuccheri crea dipendenza, non mangiarne affatto.
E infatti, secondo Serge Ahmed, direttore della ricerca del Centre national de la recherete scientifique (Wikipedia mi dice: la preminente e più grande organizzazione di ricerca pubblica in Francia), l’abbondanza di prodotti troppo ricchi di zuccheri aggiunti ci espone a un rischio reale di dipendenza.
E chi siamo noi per smentire una ricerca del Centre national de la recherche scientifique? Nessuno.
Il punto, però, è che figurarsela, questa dipendenza, non è facile mica come immaginarsi un uomo attaccato alla sua bottiglia di birra: qualcuno con la testa nel pacco di biscotti? O con la cannuccia nel barattolo di zucchero? Latte al cioccolato endovena? Overdose da budino?
Insomma, quale che sia di queste situazioni la più veritiera, indubbiamente e inevitabilmente strappa un sorriso, perché suvvia, che esagerazione, addirittura parlare di dipendenza!
Non mi risulta che se mangi una Gocciola, poi ne vuoi mangiare altre due, poi un’altra ancora, poi il pacco è finito.
Non mi è mai successo di spalmare uno strato di Nutella sul pane, poi passarcene un altro, poi uno un po’ più spesso, poi un altro poco sui bordi e il pane alla fine è sparito.
Non mi è mai capitato di finire una vaschetta di gelato da 1 KG in compagnia del divano e di quel senso di colpa che parlava così piano da essere impossibile sentirlo.
Non ho mai finto di staccare un cubetto di cioccolata dalla tavoletta per fare uno spuntino e poi lasciare il cubetto per mangiare la tavoletta e poi recuperare pure il cubetto.
Né tantomeno di sfilare un Kinder dal pacco da otto e poi mangiarne altri sette.
Insomma, le storie di vita non raccontano di una possibile dipendenza da zuccheri, le esperienze personali non confessano perdite di controllo davanti al bancone del bar, gli incubi più spaventosi non mettono in scena la voglia del dolcino dopo cena e il dolcino non c’è.
Quali sarebbero, dunque, le approfondite considerazioni che avvalorano questa catastrofica tesi?
Quali sarebbero, quindi, le dimostrazioni scientifiche che lo zucchero nel sangue spinge a desiderare altro zucchero nel sangue?
Come s’insinuerebbe la dipendenza?
Dove si celerebbe il pericolo?
In che modo si manifesterebbe la malattia?
Ti va un gelato?
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