Un bacio di buona giornata a tutti voi lettori dalla vostra Adele Ross… e qualcuno si chiederà chi è questa Adele Ross? E io ritengo doveroso rispondere a questa domanda, per cui poche parole brevi (ma veramente brevissime) su di me: scrivo, leggo, amo ma soprattutto mi piace ridere e vivere (ecco visto? oltre all’ironia anche la sintesi è un mio dono, no, non è vero, ve ne accorgerete leggendomi!).
Comunque per primissima cosa devo ringraziare Cinzia Giorgio per avermi dato la possibilità di poter scrivere tra le pagine di questo bellissimo magazine e ringrazio anche tutto il Pink Staff per avermi accolto in questa famiglia.
Adesso però arrivo davvero al nocciolo della questione, il perché sono qui oggi. Oggi vorrei parlarvi di un romanzo che ho recentemente letto e di cui mi sono innamorata (va beh lo ammetto per lui avevo già preso una cotta tempo fa, almeno da quando avevo letto il suo Gli ingredienti segreti dell’amore, per poi capitolare decisamente con il suo Con te fino alla fine del mondo), sto parlando di Nicolas Barreau e del suo romanzo Lettere d’amore da Montmartre.
Ma bando alle ciance, passiamo subito alla mia opinione sul romanzo partendo però dalla trama (giusto per informare chi ancora non la conoscesse).
Titolo: Lettere d’amore da Montmartre
Autore: Nicolas Barreau
Genere: Romance contemporaneo
Dopo la scomparsa della moglie Hélène, Julien Azoulay è inconsolabile. Autore di commedie romantiche di successo, si sente beffato dal destino: come potrà più credere nell’amore se l’amore lo ha tradito? E come continuare a inventare storie a lieto fine se ha il cuore spezzato?
Ma la saggia Hélène è riuscita a estorcergli una promessa: dovrà scriverle trentatré lettere, una per ogni anno che ha vissuto.
Così Julien le racconta delle giornate che è costretto ad affrontare. Del nuovo romanzo che non avanza. Di Parigi che senza di lei non ha più la stessa luce. Del loro figlio di quattro anni, che non vuole più avere un papà triste. Della vicina, nonché migliore amica di Hélène, con la sua gatta Zazie.
Hélène è sepolta nel cimitero di Montmartre ed è lì, in uno scomparto segreto ricavato nella lapide, che Julien lascia le sue lettere. Finché, un giorno, spariscono.
Julien non crede ai propri occhi. Non ha raccontato a nessuno dell’ultimo desiderio di Hélène e, cosa ancora più strana, per ogni lettera che scompare si materializza una “risposta”: un sasso a forma di cuore, una poesia di Prévert, dei fiori, due biglietti del cinema per l’Orphée di Cocteau… è davvero possibile che l’amore della sua vita gli mandi un segno dal cielo o c’è qualcuno che si prende gioco di lui? E perché?
Nel suo nuovo romanzo, Nicolas Barreau ci porta ancora a Parigi. Questa volta a passeggiare tra i vicoli di Montmartre o a guardare il tramonto dalla gradinata del Sacré-Coeur, ma soprattutto dentro una storia toccante e delicata sul potere catartico dell’amore…
…e proprio dall’amore si parte e si riparte.
Eh sì, perché di amore parla Barreau, di amore scrive Barreau, di quell’amore unico e totalizzante, come quello che Julien prova per la donna che ha sposato, adorato e perso a causa di un male terribile, ma anche per il figlioletto che lei gli ha lasciato. Per cui amore sì, ma non solo tra amanti o innamorati, ma amore in senso pieno e completo del termine, quello per la moglie scivolata via dalla sua vita e quello per Arthur, quel figlio che, nonostante abbia solo quattro anni, sembra più forte di lui nell’adattarsi alla nuova situazione, che sembra essere in grado di spronare il padre a reagire, che prova a consolarlo dicendo che in fondo la mamma è andata lassù tra gli angeli ma non si è dimenticata di loro, anzi, ancora veglia sulle loro vite dall’alto e li protegge. Un piccolo ometto che però resta un bambino, un bambino che non vuole più vedere il padre triste, un bambino che ha mille paure e che finisce con l’infilarsi nel lettone di papà perché ha fatto l’incubo più spaventoso, dove non solo aveva perso la mamma, ma anche lui, papà Julien, e l’amata nonna, l’amorevole vicina di casa amica di mamma e persino la sua gattina Zazie, un sogno spaventoso dove era rimasto solo al mondo.
E un ruolo determinante Arthur lo svolge non solo nell’impegno di tenere papà Julien ancorato alla vita, nonostante l’unico desiderio dell’uomo sarebbe quello di lasciarla quella vita crudele che gli ha sottratto il grande amore lasciandolo vedovo e sconsolato, ma anche nel costringerlo a rendersi conto che il mondo, intorno a lui, continua a girare, che la vita continua a scorrere. Julien si vede costretto a un certo punto ad accettare che, anche se Hélèn se n’è andata, lui continua a essere circondato da persone che lo amano, che tengono a lui, come sua madre Clémence, zia Carole e zio Paul, Cathérine o l’amico Alexandre, che prima o poi arriva il momento in cui bisogna alzare lo sguardo e fissarlo nel futuro perché il passato non deve essere dimenticato ma, in fondo, è il futuro quello che conta. (Perché la vita è drammatica e comica insieme, terribile nella sua ingiustizia e carica di miracoli. E bella oltre ogni dire. n.d.a.).
Poi ci sono le lettere, quelle lettere che deve scrivere a Hélène, anche se lei non c’è più, anche se lui sa che non potrà leggerle, ma lei lo ha chiesto, gli ha strappato quella promessa, nonostante la ritrosia di Julien, e un uomo innamorato, anche se disperato, non può certo rifiutare all’unica donna che abbia mai amato di esaudire quell’ultimo desiderio. Incomprensibile, per lui, ma importantissimo per lei che dopo averlo fatto cedere, dopo che lui ha promesso di farlo, di scriverle quelle trentatré lettere, una per ogni anno di vita che le è stato concesso, se ne va in pace rassicurandolo che, una volta finito di scrivere quelle missive la sua esistenza sarebbe mutata in modo inaspettato.
Così Julien, dopo mesi di resistenza, si mette a scrivere la prima lettera, a cui ne seguiranno altre. Le scrive, anzi sono l’unica cosa che riesce a scrivere. Lui scrittore di successo di commedie romantiche non riesce più a raccontare l’amore, la passione, la speranza del lieto fine, così in quelle lettere racconta la sua vita, o non vita, la sua disperazione, le sue giornate vuote, la sua sofferenza, i giorni che si susseguono, vuoti, inutili, la sua Parigi, che dopo la morte della moglie non riesce più a emozionarlo, il suo senso di fallimento e il suo solo desiderio di potersi lasciare andare e raggiungerla. Scrive quelle lettere, le porta a Montmartre e le sistema nello scomparto segreto che ha fatto costruire all’interno della lapide di Hélène sovrastata dal magnifico angelo che le somiglia e che custodisce quel segreto solamente loro. Un rituale che, inaspettatamente, gli dà un minimo di sollievo o almeno lo costringe a tenere in ordine i pensieri e le idee, che lo obbliga a non abbandonarsi all’inedia e allo sconforto. Quelle lettere e suo figlio.
Ma quelle lettere che lui si preoccupa di nascondere con cura dentro la tomba dell’amata moglie un bel giorno scompaiono nel nulla… Julien non comprende cosa possa essere accaduto, è certo di non aver parlato con nessuno di quel segreto, di quell’ultimo insolito desiderio di sua moglie, ma allora cosa può essere accaduto a quelle lettere? ma soprattutto come mai a seguito di quella misteriosa scomparsa all’interno del vano segreto della lapide cominciano a comparire oggetti che sembrano essere proprio una sorta di risposta? forse uno stupido scherzo? forse lo spirito di Hélène che ha davvero ritirato le lettere e ha deciso di rispondere a Julien?
Comincia così per Julien un nuovo stimolo, quello di risolvere il mistero delle lettere.
Oltre a questo, però, sulla trama non posso proprio svelare altro, anche perché rovinerei la sorpresa di leggere come si concluderà la storia di Julien e del suo inusuale rapporto epistolare con il grande amore della sua vita.
Un Nicolas Barreau che si dimostra decisamente maturo toccando una tematica delicata (in particolar modo in un romanzo d’amore) come quella del lutto e della difficile rinascita di un’anima disperata che vorrebbe arrendersi all’ineluttabilità del destino ma si scontra con qualcosa (fato o amore?) che si ostina, al contrario, a convincerlo che tutte le ferite possono essere guarite e anche se il dolore, quello più profondo, non scompare forse mai, lo si può lenire, lo si può accettare e imparare a farne un compagno senza dimenticare di continuare a viverla ugualmente appieno questa nostra vita.
Una storia matura ma dipanata con la cifra stilistica inconfondibile e leggera, ma solo apparentemente, tipica dell’autore, che alterna la malinconia della tristezza alla poesia di personaggi dalle anime sensibili in una cornice, quella di Parigi, che appare romantica anche nei momenti di maggior sofferenza.
Una scrittura che si svolge in prima persona (una scelta stilistica che, a mio parere, coinvolge ed emoziona sempre il lettore) scorre fluida e veloce in un romanzo che, come ogni lavoro di Nicolas Barreau, non racconta solamente storie di persone e di amori ma è una sorta di dichiarazione d’amore alla città di Parigi alla quale il Barreau dedica ampie pennellate di colore nelle descrizioni. Piccole parentesi che non possono non catapultare il lettore nella capitale francese o non farlo sentire avvolto da un’atmosfera che solo a Parigi si può incontrare e respirare come se, in quel momento, fosse davvero fermo davanti a un tramonto che lentamente viene inghiottito dalla Senna, osservasse il cielo grigio e gravido di pioggia di alcune giornate primaverili parigine o stesse passeggiando circondato solo dalla pace nei sentieri che si snodano a Montmartre.
Consigliatissimo a chi ama leggere storie d’amore, di rinascita e di seconde possibilità.
…e prima di darvi appuntamento al nostro prossimo incontro tra queste pagine vi saluto con l’augurio di una splendida lettura accompagnato dal mio abbraccio grande a tutti voi.
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