Francesco Baccini. Il musicista genovese, in un’intervista esclusiva a Pink Magazine Italia, svela alcuni segreti della sua carriera.

Cantautore di successo e grande artista, Francesco Baccini, genovese classe 1960, si riconosce immediatamente per la sua voce unica e per l’ironia che contraddistingue i testi delle sue canzoni. Un artista a tutto tondo, eclettico e dissacrante che ha saputo coniugare le sue eccezionali doti interpretative con quelle canore. Il suo repertorio variegato lo rende uno dei cantautori più interessanti del panorama musicale non solo italiano: negli anni ha alternato canzoni dalle tematiche sociali ad altre romantiche o irriverenti, pur rimanendo sempre coerente a se stesso. Ha collaborato con altri artisti come Enzo Jannacci, Fabrizio De André, Paolo Belli e Sergio Caputo, per citarne alcuni. Quest’anno il suo album d’esordio, Cartoons (vincitore del Premio Tenco), compie trent’anni. Lo abbiamo incontrato per intervistarlo e per farci svelare qualche piccola anticipazione sui progetti a cui sta lavorando ora.

Partiamo dai tuoi progetti di lavoro. A che cosa stai lavorando?

Quest’anno sono trent’anni anni dal mio primo album Cartoons, anche se a me sembra l’altro giorno. Ho diversi progetti legati al trentennale: forse un album con canzoni prese qua e là dal mio repertorio e qualche inedito. E poi c’è un’operazione cinematografia su di me, sulla mia storia, sulle mie collaborazioni e sulla mia carriera. Devo ringraziare Vincenzo Mollica, il mio primo vero talent scout, che ha fin dall’inizio creduto nella mia musica: un pezzo come Le donne di Modena, che cambia tre tempi, non è radiofonico né commerciale e invece ha fatto il disco di platino. Vincenzo mi ha sempre sostenuto.

L’ironia e la sagacia contraddistinguono Francesco Baccini fin dagli esordi.

I miei stessi discografici erano stupiti che vendessi così tanto. E mi portavano come esempio Iannacci che per loro non vedeva perché era ironico. Io sono stato il primo ad avere successo grazie all’ironia. Dopo di me tutti hanno venduto “ironia”. Dicevano che ero genovese e quindi dovevo essere triste. All’inizio molti credevano che fossi emiliano perché ero ironico. Assurdo, se pensi che Genova ha sfornato una scuola di comici straordinari. Nel documentario che gireremo ci saranno poi diversi contributi: da Vincenzo Mollica a Giorgio Conte, che è stato il mio primo produttore, fino a Andrea Braido che è uno dei più grandi chitarristi italiani…

Hai grandi doti interpretative oltre che canore…

Essendo eclettico riesco a passare da un registro all’altro. Durante i miei concerti si capisce bene chi sono. Sono anni che le persone vengono a sentirmi dal vivo e mi dicono che non si aspettavano fossi così multiforme e camaleontico. Il mio fil-rouge è la mia voce. È talmente mia che nemmeno gli imitatori riescono a imitarmi! È il massimo per un artista, anche se al livello di marketing è una fregatura perché sono meno “cantabile”. Io le canzoni le costruisco sulla mia voce, fatta di picchi e di sali scendi continui.

Cos’è un musicista per te?

Un artista che è tale in quanto unico. Rimane nel tempo chi ha apportato delle novità. La musica è un’arte prima di essere un prodotto, si deve partire sempre dall’arte e dallo studio. La musica non è una moda. Qualche mese fa ho incontrato dei ragazzi del liceo che ovviamente non sapevano chi fossi. Alla fine si sono venuti a fare i selfie perché erano contenti di avermi scoperto. La colpa non è loro, il problema è che non conoscono perché tendono a standardizzarli. Frank Zappa, in un’intervista, disse che una volta i discografici fumavano il sigaro, ci mettevano i soldi e non ci capivano nulla di musica ma ci lasciavano fare. Ora è diverso, non ti fanno rischiare, resti immobile se non trovi il produttore illuminato.

Come arrivi a scrivere un testo e quali sono le tue maggiori fonti di ispirazione?

Quando scrivo una canzone non penso di arrivare a questo o a quel fruitore, la scrivo per tutti. Io all’inizio della mia carriera riuscivo a prendere il Premio Tenco e a vincere il Festivalbar con lo stesso disco. Le mie canzoni non sono destinate agli intellettuali, sono comprensibili e fruibili da tutti. Hanno sempre più livelli di lettura. Di solito chi è stato ai miei concerti torna a vedermi. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto partendo da mie idee. E sono felice di essere libero di sbagliare. L’arte è libertà. Sono un outsider totale e in trent’anni di carriera ho seminato tantissimo… lo scorso anno ho fatto settantanove concerti, per dire.