Se in casa avete allestito il vostro presepe, oggi è il giorno di aggiungere finalmente i Re Magi. Le tre figure che, dopo aver inseguito la stella cometa, hanno viaggiato fino alla capanna di Betlemme, attraversando la tradizione, l’iconografia e la storia per millenni. Ma chi erano quelli che conosciamo più comunemente come Gaspare, Melchiorre e Baldassarre?
I magu erano una tribù della Persia settentrionale, una casta sacerdotale dedita al culto dell’astronomia e dell’arte divinatoria. Per ragioni politiche, vennero allontanati e dispersi in tutta la Babilonia e condannati a portare su di loro l’epiteto di maghi, stregoni seppure in senso dispregiativo. Anche Erodoto li cita riferendosi a loro come a sacerdoti dediti all’arte della divinazione e dei sogni, ragion per cui si diffuse la cultura dei magi come adepti di magia, nel senso più stretto del termine, e di astrologia.
IL CULTO DEI MAGI E DELLE LORO RELIQUIE
Dei vangeli canonici è quello di Matteo a parlarci dei Magi, seppur in maniera sbrigativa. L’evangelista infatti non ci fa i loro nomi né li descrive. Tutto ciò che sappiamo su di loro sono informazioni tratte da vangeli apocrifi o da tradizioni successive. Matteo ci racconta soltanto che, convocati da Erode in segreto e mandati da egli stesso alla grotta poiché avevano visto la stella spuntare, si presentano come viaggiatori giunti da oriente e scrutatori dei cieli, astrologi, per l’appunto. Da dove si rafforza dunque il loro culto?
Si mescola qui la leggenda e la storia. Si narra che il vescovo di Milano, Eustorgio, avesse ricevuto da Sant’Elena le reliquie dei Magi quand’era tornato a Costantinopoli. Fatto poi ritorno a Milano, la leggenda vuole che la cassa contenente le reliquie pesasse così tanto da non poterla più riportare indietro e da convincerlo quindi a fondare una chiesa a suo nome che le custodisse. Fu nel 1164 che le reliquie vennero traslate nuovamente e da Milano vennero portate a Colonia, città tedesca, da Rinaldo di Dassel arcivescovo della città e cancelliere di Federico Barbarossa. Le reliquie vennero deposte in una magnificente arca commissionata all’orafo Nicolas de Verdun.
I Re Magi erano certamente visti come figure simboliche ricche di significato: astronomi, pellegrini, viaggiatori, coloro che aveva adorato il Cristo bambino. Ma non solo: sono i doni che portano alla grotta, o alla capanna, a renderli iconici.
I DONI DEI MAGI E LA LORO VALENZA
Oro, incenso e mirra. Tre “oggetti” scelti non a caso. L’oro per la regalità, l’incenso per la sacralità, la mirra in ricordo della fragilità umana.
In una società medioevale divisa fortemente in caste, i tre “oggetti” ricordavano anche le tre gerarchie: regali, sacerdotali e più umili, ovvero contadine.
Non solo: i Re Magi vengono per lo più rappresentati in età diverse raffigurando per tanto le tre fasi della vita dell’essere umano: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Uno specchio dunque dove guardare il passato, il presente e il futuro.
Famosa e tipica di questa classificazione, ma che varia di tradizione in tradizione e di pittore in pittore, è la rappresentazione dei Magi nella Cappella omonima a Palazzo Medici- Ricciardi di Firenze. Il capolavoro dipinto da Benozzo Gozzoli ci mostra un Gaspare regale e giovane, fiero e bello. Un Baldassarre maturo, di pelle più scura e un Melchiorre con la barba bianca e lunga, anziano e saggio.
A proposito della pelle scura di Baldassarre: dal duecento in poi uno dei magi viene raffigurato come “nero” dunque un “moro” dell’Africa in quanto un’antica tradizione sostiene che i tre magi raffigurassero in realtà i tre continenti. Oggi oseremmo quasi dire che uno dei magi aveva la pelle scura per politically correct, senza troppe spiegazioni.
I Magi restano figure iconiche delle quali non si è potuto fare mai a meno, sempre letti su più livelli spirituali, storici e artistici, senza dimenticare che essi arrivano il giorno dell’Epifania, giornata di scambio di doni e non solo, che conclude le festività, chiude un ciclo e ne inizia altri.
I Re Magi insomma avvistano la stella, arrivano per adorare e ripartono senza nemmeno avvertire Erode che si era raccomandato invece di farlo, trascinando dietro di loro tradizioni e folklore, mistero e magia, a metà strada tra storia e leggenda.
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