Il mondo del lavoro può essere un terreno insidioso e instabile, un polipo dai tentacoli mastodontici che farebbero invidia al Calamaro Gigante di Fabio Genovesi. Il rischio di essere inghiottiti è sempre in agguato, a meno che non si impari rapidamente a barcamenarsi per rimanere a galla.

Sono sicura che le mie parole vi suoneranno familiari, proprio per questo non farete alcuna fatica, come è successo a me, ad immedesimarvi in Arianna. Una giovane trentenne alla ricerca di un lavoro stabile che possa finalmente ufficializzare il suo ingresso nel mondo degli adulti. A cui aggiungiamoci una certa pressione sociale e familiare, che in questi casi è sempre la ciliegina sulla torta.

Il primo assaggio per Arianna è il mondo della collaborazione professionale in una galleria d’arte, in gergo tecnico chiamata CO.CO.PRO. Un lavoro affascinante, creativo, che potrebbe mettere in luce il suo talento artistico. Un trampolino di lancio perfetto insomma. Se non fosse per la direttrice, una donna dall’apparenza gentile e comprensiva, che in realtà sembra provenire da un pianeta sconosciuto rispetto alle persone comuni come Arianna. Una donna che non manca di prendersi meriti che non le spettano, di pretendere dai suoi collaboratori il dono dell’ubiquità, di soprassedere a questioni marginali (solo per lei si intende) come il conquibus, di mortificare i propri dipendenti per questioni inesistenti.

“Metti sempre tutto in prospettiva: sono dei cazzo di biglietti per una snobissima serata su un progetto fotografico da egomaniaci. Non ti sei addormentata alla guida di un aereo facendo morire tutti i passeggeri.”

Ecco allora che la precarietà in cui si trova Arianna, apre le porte al sogno del posto fisso. Il tanto agognato contratto indeterminato. La panacea di tutti i mali. È con questo entusiasmo che Arianna inizia la sua nuova esperienza come addetta al front office in un museo, accolta da colleghi tutto sommato piacevoli, con cui si trova a gestire un fitto calendario di turni di lavoro, scendendo spesso a compromessi per via del suo animo gentile e condiscendente.

Certo, l’accredito mensile può far gola, ma è davvero sufficiente per immaginare il resto della propria vita a timbrare biglietti, e a gestire scolaresche e clienti sui generis? Anche il lavoro come dipendente la porta a mandare giù bocconi amari, stroncando ogni suo slancio creativo ed iniziativa personale. Cambiamenti impercettibili che col tempo la portano a sentire un senso sempre più grande di frustrazione e inadeguatezza, difficile da comprendere per chi non lo vive sulla propria pelle.

Dunque come spiegare quella sottile e subdola sensazione che si insinua in ogni fibra del proprio essere, fino a farci dubitare di noi e dei nostri valori?

E così atterriamo ai capitoli finali della storia, quelli in cui Arianna prende in mano le redini della sua vita, decidendo di trasformare la sua passione per le decorazioni in fimo, in un impiego a tutti gli effetti. La libera professione la porta così ad aprire la partita IVA, e a confrontarsi con l’incomprensibile mondo di commercialisti, catapultata tra burocrazia, tasse da pagare, e regimi forfettari. Tuttavia, per quanto l’incertezza del futuro possa spaventare, è forse la capacità di essere fedeli a sé stessi, di seguire il proprio istinto ed i propri valori, che contribuisce a realizzare una vita su misura per noi.

Grazie a Giulia Pretta per aver dato ascolto alla voce di noi donne lavoratrici, anche quella più silenziosa a cui nessuno da peso. Un racconto intelligente e spiritoso, di un’ironia sottile, che mette su carta verità scomode e stati d’animo autentici.

Link per l’acquisto: La galleria degli uffici | Giulia Pretta

Ti è piaciuto il mio articolo? Offrimi un caffè cliccando qui: Veronica

Continua a seguire la rubrica: il Diario di Bordo di Veronica

Sostienici, clicca qui: PINK