Pieces of a Woman, film del 2020 diretto dall’ungherese Kornél Mundruczó – qui al suo primo lungometraggio in lingua inglese – mette in scena una tragedia che nessuno si augura di dover mai vivere sulla propria pelle: la perdita di un figlio e tutta quella spirale di dolore che essa innesca.

Pieces of a Woman è stato presentato in anteprima nel settembre 2020 in concorso alla 77a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, durante la quale Vanessa Kirby si è aggiudicata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile; il film è stato distribuito da Netflix a partire dal gennaio 2021.

Come il titolo del film ci suggerisce già, la storia ruota attorno a una donna, Martha Weiss, interpretata dalla Kirby (The Crown), fatta a pezzi dalla morte della figlia appena nata subito dopo averle dato la vita. L’ispirazione per questo soggetto nasce da un’esperienza simile vissuta da Kata Wéber, la sceneggiatrice del film, all’epoca in cui era sposata con lo stesso Mundruczó, il regista del film. Si tratta, perciò, di un film che per molti versi non è stato semplice da girare: sia dal punto di vista tecnico che da quello interpretativo ed emotivo Pieces of a Woman racconta senza filtri e senza indugiare in inutili sentimentalismi l’abisso del dolore lasciando, tuttavia, trasparire una scintilla di speranza, una possibilità di ricominciare dalle cose fatte a pezzi, di rinascere partendo dai frammenti di ciò che siamo stati.

Dal punto di vista della struttura, il film può essere suddiviso in tre parti che corrispondono a tre diversi stadi dell’esistenza della protagonista, la quale cerca di dare un senso a ciò che le è successo e che rappresentano i tre snodi narrativi principali. Il fluire del tempo e il suo scorrere scandiscono il film: si ricopre un arco temporale che va da settembre (l’inizio della tragedia) fino ad aprile.

Siamo a Boston, nel Massachusetts, e gli sposi Martha e Sean (Shia LaBeouf) stanno per diventare genitori di una bambina. Essi hanno optato per un parto in casa che non andrà a buon fine: la bambina nasce ma rimane in vita solo pochi secondi e, quando l’ambulanza arriva, ormai è troppo tardi. L’euforia, la gioia e la felicità iniziale si trasformano nei loro opposti: Martha e Sean toccano, sfiorano solo con un dito la felicità che doveva essere per sempre e che è, invece, durata tanto quanto il battito d’ali di una farfalla.

Fin dall’inizio del travaglio si ha la sensazione che ci sia qualcosa che non va: l’ostetrica designata per il parto in casa ha un contrattempo e non può assistere la partoriente, così ne arriva un’altra. Attraverso questo cambio di programma, l’ansia e la preoccupazione di Martha si fanno sentire e la sentiamo anche noi, anche noi siamo in ansia con lei. La bravissima Vanessa Kirby, candidata agli Oscar 2021 proprio per questa sua interpretazione, attraverso i suoi sospiri, i suoi gemiti, le sue urla riesce a farci entrare nella vita, nella psicologia e nel corpo del suo personaggio. La Kirby ricrea perfettamente, attraverso i suoi gesti e atteggiamenti, l’esperienza del travaglio e del parto pur non essendo una madre. Per prepararsi al ruolo, Vanessa Kirby ha, infatti, interrogato decine e decine di madri sull’esperienza del parto in modo da trasformare e dare voce visivamente ai loro racconti in una magistrale interpretazione.

Uno dei punti forti di questo film è la grande immedesimazione e il coinvolgimento emotivo da parte dello spettatore: guardando il film si ha l’impressione di trovarsi lì, di essere catapultati all’interno di quella casa e di vedere, come dei testimoni oculari, la tragedia che in essa si consuma. Questo coinvolgimento è possibile anche grazie all’utilizzo, dal punto di vista tecnico, di un lungo piano sequenza, la cui durata è di 23 minuti richiedendo due interi giorni di riprese, e che rappresenta la prima parte del film o meglio il prologo, l’antefatto. Sì, antefatto. Perché il film vero e proprio inizia dopo i primi ventitré minuti (non è un caso, infatti, se il titolo del film compare dopo l’arrivo dell’ambulanza e non all’inizio, come siamo abituati a vedere di solito). I pezzi della donna che Martha è stata iniziano a staccarsi ed a infrangersi ora. È qui che parte il film.

La seconda parte, che rappresenta dunque il fulcro della vicenda, ha un ritmo molto meno concitato e dinamico rispetto alla prima: la vitalità della macchina da presa, i primi piani e la gioia per la nascita della bambina vengono sostituiti da inquadrature dal ritmo lento. Il tono del film diventa più intimistico, interiore: ci si concentra su ciò che accade nella mente della protagonista e sulle dinamiche di coppia la quale, come è facilmente ipotizzabile dopo una perdita di questo tipo, si sfalda, cade a pezzi. Il silenzio è ciò che domina questa seconda parte e si tratta di un silenzio assordante, che fa rumore: Martha e Sean si aspettavano si sentire i pianti della bambina, le sue risate. Adesso non si sente niente, solo la musica lugubre e martellante che aleggia e che accompagna le vite dei protagonisti. I dettagli in questa seconda parte sono molto importanti e la bellezza di Pieces of a Woman sta proprio lì: i colori si fanno più cupi, freddi; stiamo andando ormai verso l’inverno, la stagione della morte per eccellenza. Il freddo, la distanza, la desolazione caratterizzano questa parte centrale. La casa di Martha e Sean diventa un luogo di morte: non è più curata, è in disordine, ci sono piatti sporchi e immondizia e le piante, verdi e rigogliose, vengono lasciate appassire e morire.  

Il film ci mette davanti anche due reazioni diverse di reagire al lutto rappresentate da Sean e Martha. Se il primo è arrabbiato, non ha vergogna di esternare i suoi sentimenti di dolore, piange, mostra le sue fragilità, Martha interiorizza la sua sofferenza. Lei è rotta dentro, i frammenti la lacerano all’interno ma fuori appare fredda, in qualche modo rifiuta di venire a patti e affrontare questa tragedia: toglie dalla casa tutto ciò che apparteneva alla bambina, toglie via ciò che non vuole vedere perché sente di essere responsabile per la morte della sua bambina. Tuttavia, come la madre – interpretata da Ellen Burstyn – cerca a suo modo di farle capire, bisogna affrontare la realtà altrimenti Martha non riuscirà più ad andare avanti.

Pieces of a Woman ci fa capire che avere il coraggio di andare avanti con la propria vita dopo la morte di qualcuno non è un torto a chi, purtroppo, non c’è più: è, al contrario, una celebrazione della vita, della vita di quella bambina che vivrà per sempre nel cuore di Martha e in ogni cosa che in primavera rifiorisce.