Quando si pensa che più di quello che si sta vedendo o leggendo non possa accadere, ecco che si aprono nuovi scenari raccapriccianti, spaventosi, aberranti. Il 13 agosto il centro per i tumori al seno aperto dalla Fondazione Veronesi a Herat ha dovuto chiudere, i talebani non avrebbero dato loro scampo.
Il centro per la diagnosi del tumore al seno aperto a Herat dalla Fondazione Umberto Veronesi ha chiuso i battenti il 13 agosto. I medici e paramedici, tutte donne afghane che hanno creduto sin dall’inizio che un futuro di pace e di emancipazione fosse possibile nel loro Paese, purtroppo non hanno potuto nulla per evitare l’evacuazione. I talebani non avrebbero mai permesso che l’ambulatorio proseguisse il suo lavoro. “In quel momento abbiamo capito che dovevamo scappare”, spiegano dall’interno, “perché la situazione stava diventando complicata. I talebani non ci avrebbero risparmiato”. L’intero personale, con le rispettive famiglie, è stato trasferito a Kabul e da qui fatto partire per l’Italia.
Il centro era stato inaugurato nel 2013 e occupava un’ala del Maternity Hospital, un ospedale pubblico regionale.
Il centro effettuava diagnosi per la prevenzione del tumore al seno e le donne potevano accedervi in maniera del tutto gratuita. L’ambulatorio disponeva di tutto ciò fosse necessario per la prevenzione e la diagnosi dei tumori: ecografo, mammografo, laboratorio analisi citologiche. Le costose apparecchiature erano giunte in Afghanistan con l’ausilio dell’Aeronautica militare italiana.
I medici e paramedici sono donne afghane preparate e qualificate
Il personale, formato grazie all’ausilio dell’APOF, Associazione patologi oltre frontiera, collaborava con la Fondazione Veronesi dal 2017 su questo progetto, e si occupava anche del controllo di qualità sulle analisi citologiche, da remoto – che ora hanno davanti una nuova sfida da affrontare: una nuova vita in un altro Paese. Ma tutte loro non possono fare a meno di andare con il pensiero alle migliaia di donne che hanno dovuto abbandonare e per le quali erano un punto di riferimento.
Dalla sua inaugurazione 9300 donne visitate e molte di loro attraverso le visite sono riuscite a salvarsi – circa un quarto dei casi esaminati facevano sospettare un tumore.
Tutto ciò non potrà più accadere. Questa è l’ennesima tragedia nella tragedia. Il tumore al seno con la giusta prevenzione può essere diagnosticato e curato, senza la prevenzione molte potranno essere le donne che vi si ammaleranno senza poter fare nulla, dato che le strutture rimaste sul territorio sono per la maggior parte private e dunque accessibili solo a una sparuta parte della comunità. Anche su questo la comunità internazionale dovrà riflettere e cercare di dare risposte.
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