Maddalena. Il mistero e l’immagine Intervista in esclusiva alla curatrice della mostra Cristina Acidini
Maria Maddalena è stata per secoli la musa di artisti di ogni parte del mondo. La mostra dedicata a lei dei Musei San Domenico a Forlì ripercorre le tappe di questo legame indissolubile tra Maddalena e l’arte. Abbiamo intervistato una delle curatrici, Cristina Acidini.
Maria di Magdala o semplicemente Maddalena rivive tra le sale dei Musei San Domenico a Forlì in una mostra tematica dal titolo Maddalena. Il mistero e l’immagine. Si tratta di una vera e propria esperienza visiva, culturale e immaginifica che porta il visitatore a ripercorrere sia la vita del personaggio Maddalena, sia la visione artistica e la percezione culturale che se ne aveva attraverso i secoli.
A lungo ritenuta una prostituta redenta, Maria Maddalena ha conosciuto nel corso dei secoli pochissimi momenti di oblio.
La prima testimonianza come santa peccatrice è un retaggio medievale in un periodo che gli storici pongono tra il 500 e il 1000 d.C. Nel 591, infatti, papa Gregorio Magno in una sua omelia fissò per secoli la figura di Maria di Màgdala come peccatrice e santa allo stesso tempo. Amata da artisti e da mistici di ogni dove, Maddalena è di fatto la prima testimone della resurrezione di Cristo. E la prima e unica donna autrice di un Vangelo.
In realtà del controverso passato di Maria Maddalena si sa poco o nulla. Si sa che era un’ebrea di Màgdala, una piccola cittadina sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade. Ed era una seguace di Gesù. I Vangeli canonici la citano spesso. Fu tra le poche ad assistere alla crocifissione di Cristo e in seguito prima testimone oculare della resurrezione.
Gli artisti presenti in questa poderosa mostra forlivese la ritraggono in ogni singolo personaggio che la storia le ha affidato. A volte giustamente, altre per errore.
La brochure ritrae forse una delle più belle immagini di Maddalena ai piedi della Croce. Quella di Masaccio, con il suo manto rosso e i capelli dorati sparsi come fiamme sulle sue spalle in un gesto disperato di dolore. Ma la mostra ci presenta dipinti e statue in cui Maddalena è a volte sensuale, altre penitente, altre ancora disperata o conscia del peso della sua missione. Non possiamo non amare la Maddalena premurosa del compianto di Bellini. O quella stupita di Savoldo o ancora la Maddalena abbandonata ai sensi di Canova, oppure la gran dama di Crivelli.
La mostra inaugurata il 27 marzo 2022 proseguirà fino al 10 luglio 2022.
E val la pena di inserirla tra le mete di questa estate perché non si tratta di visitare una mostra di capolavori assoluti, che già basterebbe a motivarci, quanto piuttosto di una vera e propria esperienza di cui fare tesoro.
L’allestimento impeccabile, la grande varietà artistica e l’eccezionale raccolta di opere d’arte immense sono il frutto di un lavoro durato mesi e costato fatica. A parlarcene è la dottoressa Cristina Acidini, Presidente in carica dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, nonché uno dei curatori della mostra, assieme a Paola Refice e Fernando Mazzocca.
Partiamo dall’idea della mostra: come mai una mostra su Maria Maddalena?
L’idea è maturata anche grazie a una ricognizione delle ultime indagini fatte sulla figura di Maria Maddalena. Si ricorderà che una grande mostra su Maddalena fu allestita nel 1986. Sono passati molti anni e naturalmente la figura è stata approfondita a tanti livelli: da quello teologico-dottrinale a quello artistico. E quindi si è pensato che in un tempo in cui le tematiche femminili sono particolarmente di attualità e sentite anche dal grande pubblico, questa che è l’unica personalità di spicco nei Vangeli, se si eccettua Maria la Madonna, poteva essere il momento di ripresentarla in tutta quella straordinaria varietà di aspetti che si sono in quale misura stratificarti a seguito delle menzioni nei Vangeli, che sono numerose ma sintetizzate dai Padri della Chiesa, in particolare da San Gregorio Magno, in una figura unica che assomma identità anche diverse tra loro.
La complessità di Maddalena va anche spiegata in questa luce dottrinale quasi come un felice errore, una costruzione postuma che ha formato una figura complessa ed esemplare, che è la funzione, quest’ultima, che Maddalena ha avuto per secoli. Non a caso nel suo nome sono state istituite molte congregazioni per donne convertite o in difficoltà che nel nome di Maddalena hanno conosciuto accoglienza e riscatto.
Un riscatto istituzionale avvenuto poi con il Concilio Vaticano Secondo: dopo più di millequattrocento anni Maddalena ha smesso di essere per tutti la prostituta redenta.
Questo è in effetti un passaggio molto importante nella storia novecentesca di Maddalena.
Il percorso della mostra è cronologico e tematico. Si parte dalle primissime rappresentazioni di Maddalena per arrivare agli artisti del Novecento. Che idea avete seguito nell’allestimento?
Come lei sa, la scelta di un’opera alla fine è l’incrocio di molte variabili: la pertinenza alla mostra, la qualità artistica, il significato profondo che può acquisire e la disponibilità del prestatore. Sono tutti fattori da armonizzare. E non sempre si ottiene quel che si vuole. A volte invece si ottengono prestiti straordinariamente importanti che vengono generosamente concessi. Quindi all’incrocio tra tutte queste variabili la scelta si è orientata sulla necessità di rappresentare le sfaccettature del personaggio Maddalena.
Quindi trovarla pentita nel banchetto durante il quale lava i piedi del Redentore con le sue lacrime e li asciuga con le sue chiome. E poi trovala dolente ai piedi della Croce o tra le pie donne. O disperata come in Masaccio e in altri autori che pongono l’accento sulla drammaticità della crocifissione. E ancora trovarla nel compianto, o trovarla pietosa mirrofora che prepara il corpo di Cristo morto. E infine trovarla, e questo è importantissimo, come prima testimone e destinataria dell’annuncio della resurrezione.
Noli me tangere, non mi toccare…
Esatto, nel Noli me tangere emerge questo suo ruolo di unica e prima testimone. Che non verrà quasi creduta dagli apostoli, che non hanno partecipato alla sua visione. E poi c’è tutta la sua storia successiva, che la vede protagonista anche da sola come pentita e vivente in un romitaggio severissimo. E da lì poi la fusione con Maria Egiziaca, ovvero la Maria del romitaggio nel deserto vestita dei propri capelli.
Ogni secolo la fa sua in modo diverso.
Proprio così. C’è chi accentua l’eleganza della gran dama, chi la rustica apparenza della pentita vestita di chiome e chi la sensualità come accadrà nel Seicento e nel primo Ottocento, con Hayez e Canova, dove Maddalena diventa il pretesto, attraverso il romitaggio, per raffigurare una bella donna poco coperta o in estasi e in profonda meditazione sul crocifisso e sulla vanitas della vita umana. Quindi ecco, diciamo che quasi ogni momento storico ha avuto la sua Maddalena.
C’è un’opera in particolare che l’ha colpita per la sua potenza espressiva?
Devo dire che l’opera che io amo al di sopra di tutte e che poi è stata scelta per la copertina dell’immagine guida della mostra è Maddalena ai piedi della croce di Masaccio, conservato a Napoli, al museo di Capodimonte. Ma quello che mi ha colpito di opera in opera e di pittore in pittore è come per quasi tutti gli artisti la figura di Maddalena ai piedi della Croce o nel compianto – e qui ci metto dentro la Madonna, Giovanni, Nicodemo, le pie donne, Longino e Giuseppe di Arimatea – sia l’unica alla quale gli artisti concedono l’espressione di un’emozione fuori controllo. Non a caso viene suggerito il parallelo con la menade antica, che è figura partecipe di un rito religioso dionisiaco a cui l’ebbrezza concede di abbandonarsi a movimenti scomposti ed espressioni emotive del tutto sue. Ecco, la Maddalena è l’erede di questa libertà espressiva.
Una libertà espressiva che la rende unica.
È l’unica a cui gli artisti concedono una gestualità esagerata. Un’espressione dolente che la deforma. È l’unica che esprime un dolore che non può essere più grande di quello della Madonna, ma è senza freni. Quasi un dolore di innamorata che perde l’uomo della sua vita, in un certo senso. È qualcosa che trascende la compostezza del cristiano al quale non è concessa la disperazione, perché è il contrario di speranza. E la Speranza è una virtù teologale che è tenuto a praticare. Non solo: la visione profetica della Madonna le consente pur nell’ora del dolore più estremo di avere una visione della resurrezione. Una speranza che Maddalena si permette di non avere in quel momento. Ma che poi sarà ampiamente ricompensata dalla visione del Redentore risorto.
Però in quel momento è colei che al massimo grado esprime il dolore. Ed è divenuta, anche per questi nostri tempi durissimi che stiamo vivendo, l’espressione di un dolore universale, che può essere condiviso da tutti di fronte a un’ingiustizia, alla sofferenza e alla morte.
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