La plastica, si sa, è uno dei materiali più ostici da smaltire. Ma se delle piccole larvette, invece, fossero in grado di decomporla interamente? Un recente studio dimostra che questo è possibile.

Negli ultimi decenni, l’uomo ha abusato in maniera incontrollata della plastica. Guardandosi intorno non possiamo non notare che il 99% di ciò che ci circonda è composto da questo materiale. Oggi, però, l’umanità si trova con in mano un grosso problema: quello dello smaltimento e dell’inquinamento. Ecco allora che un recente studio, pubblicato su BioRxiv, fornisce una possibile soluzione: supervermi* mangia plastica.

Zophobas morio vs polistirolo

Zophobas morio è il nome di una particolare specie di coleottero le cui larve, a quanto si apprende, sono ghiotte di plastica. Nello specifico, alcuni ricercatori dell’Università del Queensland, si sono resi conto che questo genere di larve sembra gradire particolarmente il polistirolo.

Il polistirene (comunemente denominato anche polistirolo) è un polimero che tutti quanti abbiamo ben in mente. Lo possiamo trovare praticamente ovunque, dalla realizzazione di posate in plastica ai contenitori per cd, dai più comuni imballaggi ai pannelli isolanti. Come tutte le materie plastiche ha un piccolo difetto: tende ad avere un tempo di decomposizione naturale particolarmente lungo (centinaia di anni).

Come sempre, però, la natura viene in soccorso dell’uomo e in questo caso lo fa con queste larve di coleottero che riescono a smaltire il polistirene in pochi giorni (e a trovarvi persino nutrimento!).

Lo studio

Lo studio, condotto dal dottor Rinke in collaborazione con altri ricercatori dell’Università del Queensland (Australia), ha esaminato attentamente il microbiota di queste larve cui è stato da mangiare cubetti di polistirolo. Dopo pochi giorni, non solo queste piccolette avevano degradato e smaltito il cubetto, ma erano anche ingrassate rispetto a un altro gruppo cui era stato da mangiare della crusca.

È stato quindi osservato che i batteri presenti nell’apparto digerente delle larve riescono a decomporre questo genere di plastica.

Ma facciamo un passo indietro: come mai le plastiche non di degradano naturalmente? Tendenzialmente questo avviene perché i materiali plastici vengono creati artificialmente realizzando dei legami covalenti che, in natura, non si trovano. Questo perché il costo energetico per la loro creazione è davvero elevato e di conseguenza, la degradazione naturale di queste materie è incredibilmente lunga proprio perché l’energia necessaria a rompere i legami è particolarmente alta.

Il caso vuole, però, che sequenziando il microbiota di Zophobas morio, gli studiosi sono riusciti a individuare l’enzima in grado di scindere questo tipo di legami e, di conseguenza, in grado di smaltire il polistirene.

Il polistirolo non viene smaltito completamente in un’unica volta, ma lo studio ha dimostrato che servono almeno due o tre cicli digestivi.

Già qualche anno fa…

Studi del genere non sono una novità. Nel 2017, una ricercatrice italiana (Federica Bertoccini) aveva scoperto che le tarme della cera sono ghiotte di polietilene.

La scoperta fu casuale. La biologa, che ha l’hobby per l’apicoltura, si era vista infestare i propri favi da tarme della cera quindi le aveva prese e gettate in un comune sacchetto di plastica. Poco tempo dopo si è accorta che le tarme avevano mangiato il sacchetto e se n’erano andate.

Da qui l’idea di coinvolgere due colleghi dell’Università di Cambridge con i quali ha scoperto la facoltà delle larve di Galleria mellonella di riuscire a mangiare polietilene.

Cosa si può immaginare di fare, quindi?

Per quanto riguarda il recente studio su Zophobas morio, l’idea di avere un camion pieno di larve che mangiano polistirolo sembra non allettare particolarmente gli scienziati.

Si pensa, piuttosto, di riprodurre in laboratorio l’enzima in grado di scindere i legami delle materie plastiche per poi realizzare un vero e proprio impianto di smaltimento.

*Note:

Nell’articolo originale, gli studiosi hanno soprannominato lo Zophobas morio con il termine superworm, ovvero superverme, da qui il titolo di questo articolo. Ma in verità il termine è improprio poiché si parla di larve (nel corpo dello studio, di fatti, si parla di larve).