Partendo da uno dei problemi più sottovalutati dei nostri giorni, i disturbi alimentari, la regista austriaca Jessica Hausner mette in scena una società che si nutre di solitudine e false credenze.
Mia Wasikowska interpreta Miss Novak, insegnante di “alimentazione consapevole”. Pioniera nel suo campo, produce tè che aiutano a digiunare e professa un nuovo modo di vivere: un sostentamento spirituale, non fisico. Elsa, Ragna, Fred e Ben sono entusiasti di partecipare al corso. Hanno scopi diversi ma ciò che li unisce è il bisogno di far parte di una comunità. Se Elsa e Ragna sono vittime della sindrome dell’apparenza, Fred e Ben soffrono di un’esclusione sociale a cui il Club Zero, il circolo del digiuno, riuscirà a mettere fine. Miss Novak li educa ad una nuova “religione”, non bisogna mangiare per vivere ma per riuscirci bisogna crederci: è una questione di fede.
Lo stile Hausner
Freddo e ghiacciato ma i colori neon cercano di nascondere, di distrarre dalla mancanza di battito cardiaco della società messa in scena.
Hausner non abbandona il suo stile, le inquadrature dall’alto, estranianti e distaccate si ripetono per tutta la narrazione, mostrando queste ingenue pedine seguire la strada della fame, che si fa sempre più intensa nonostante nessuno possa ammetterlo.
Ragna mangia di nascosto, vergognandosene e sentendosi in colpa, Elsa continua ad avere episodi bulimici ogni volta che cede alla fame. Fred, diabetico, interrompe le dosi di insulina.
Il film è a tutti gli effetti pericoloso – se cade nelle mani (o sotto gli occhi) sbagliate potrebbe creare un effetto domino terrificante, proprio come vediamo nello snodo della narrazione.
Inquietante ma felice, come il personaggio della preside che ricorda non poco quella della scuola di danza di Suspiria di Dario Argento: sorridente e inconsapevole, terrificante.
L’humor nero ritma le sequenze, agitando e confondendo lo spettatore. Non si sa esattamente dove Hausner voglia andare ma questo è un tratto caratteristico del suo cinema.
Ricordiamo Lanthimos ma non c’è sangue nella tavolozza della regista austriaca.
Emotivamente anoressico, il film non esalta ma non delude. In concorso ufficiale al Festival di Cannes.
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