Si chiama Emiliano Canova ed è uno, sceneggiatore, speaker, regista di cortometraggi, come: “Ruggine”, “Il filo di Arianna”, “Seem”, e “Boldness”. È da poco nata la sua Canova Production, con cui produce spettacoli teatrali e lungometraggi. L’intervista.
La capitale e gli esordi
Si chiama Emiliano Canova ed è un regista, sceneggiatore, speaker nato nell’anno 1993. Si è formato al Teatro Stabile del Veneto, esordisce a 20 anni come regista di cortometraggi: “Ruggine”, “Il filo di Arianna”, “Seem”, e “Boldness”.
Emiliano si trasferisce poi nella capitale nel 2017, dove comincia a lavorare come produttore e regista di Jimmy Broadcast show e del mediometraggio “Avorio Nero” (in questo mediometraggio, in un seminario sul tema delle discriminazioni razziali, un gruppo di persone, convinte delle proprie idee, daranno luogo ad una serie di conflitti).
La Canova Production
Emiliano Canova crea, in seguito, la sua società di produzione audiovisiva: Canova Production, insieme con la sua collega, Jessica Beltramello. Con Canova Production i due si dedicano alla produzione di spettacoli teatrali e di lungometraggi.
Adesso Emiliano Canova è alle prese con la direzione del suo primo lungometraggio che uscirà nel 2024 e che si intitola: “Succede in una Notte”
Scopriamo a questo punto qualcosa di più di questo artista poliedrico e dei suoi sogni e progetti.
L’intervista
Il tuo primo cortometraggio, “Ruggine”, è molto particolare, come è venuta l’idea del soggetto a te e alla tua collega e socia, Jessica Beltramello? Infine, perché questa scelta?
«Era il primo lavoro è fa strano riparlarne ora, diciamo che siamo partiti dalla stessa idea che ci spinge oggi a creare contenuti ovvero, “mostrare più di quello che l’apparenza potrebbe suggerire”! Non c’è altro modo per distinguersi dato che ormai è già stato quasi tutto raccontato»
Di cosa tratterà “Succede in una Notte”, vuoi anticiparcelo?
«Di clima e del rapporto che le persone comuni hanno con questa crisi ancora troppo poco raccontata».
Cosa consiglierei a chi sogna di fare la mia stessa professione
Quanto è difficile oggigiorno avere una casa di produzione audiovisiva e che consigli daresti a chi voglia intraprendere la tua strada?
«L’unico consiglio che posso dare è quello di ottimizzare al massimo ciò che si ha per poi capire, piano, piano, dove e come aggiungere materiale all’apparato! Ovvio, per un po’ non si potrà pretendere nulla di particolare, ma tanto vale iniziare e vedere se la cosa prende piede».
“Avorio nero” e il fenomeno del razzismo ancora strisciante e presente
Nel tuo ultimo mediometraggio, “Avorio Nero”, si affronta la tematica delle discriminazioni razziali, quanto è ancora presente ancora oggi questo fenomeno secondo la tua esperienza?
«Infinitamente! Sono fenomeni particolari proprio perché l’autoconvinzione di esserne liberi va a contrastare con la cultura intrinseca di ogni individuo, per cui, anche se uno dovesse dichiarare “non sono razzista”, è come se in realtà non sapesse nemmeno il significato della parola “razzismo”! Di conseguenza, se non sai com’è fatta la malattia, non puoi nemmeno sapere se ne dimostri i sintomi».
La mia evoluzione professionale e i miei sogni e progetti
Che evoluzione ha subito il tuo stile e come è cambiata la sua prospettiva a partire dal tuo esordio arrivando ad oggi?
«Non mi sono mai accontentato e non credo che lo farò nemmeno dopo il prossimo lungometraggio! Ad un certo punto, comunque, si capisce quando si è raggiunto il minimo indispensabile».
Rivelaci un tuo sogno come uomo e uno come regista.
«Realizzare un prodotto che segni un “prima” e un “dopo” all’interno della cinematografia italiana e mondiale».
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