Marina Agostinacchio, insegnante di lettere e autrice di diverse sillogi di poesia, oltre ad aver condotto diversi laboratori didattici di scrittura sulla poesia contemporanea, ha, di recente, dato vita al blog “Il cielo in una stanza”, dedicato alle donne. L’intervista
Chi è Marina Agostinacchio?!

Marina Agostinacchio vive a Padova, è un’insegnante di lettere ed è appassionata di scrittura da sempre, nel 2002, tra l’altro, è stata sul podio, tra i vincitori del prestigioso premio internazionale “Eugenio Montale per l’inedito”.

Le molteplici attività di Marina

Marina, autrice di diverse sillogi di poesia, di recente, ha anche condotto diversi laboratori didattici di scrittura nelle scuole, nelle carceri e negli ospedali, parlando di poesia, ma soprattutto di poesia contemporanea.

Negli ultimi tempi, inoltre, la nostra autrice si è impegnata in modo intenso e costante allo scopo di riuscire a “costruire” un blog introspettivo e sociale, intitolato “Il cielo in una stanza”.

Il cielo in una stanza” è diventato, oggigiorno, uno spazio, nel quale le donne scelgono di raccontarsi attraverso scritti e audio.

Ho deciso quindi, di intervistare la nostra Marina, con l’obiettivo di riuscire a conoscere un po’ di più tutte le sue molteplici attività, ma anche per restare aggiornata sulle novità che riguardano i suoi mille progetti. L’intervista.

Le origini della passione per la scrittura

Come nasce la tua passione per la scrittura?

«Da bambina mi rintanavo in un angolo della casa a raccontarmi storie che inventavo e che procedevano con voce cantilenante, seguendo un ritmo interiore. L’incontro con la parola avvenne attraverso il tatto. Avevo quattro anni e la maestra dell’asilo – così si chiamava un tempo la scuola dell’infanzia, o materna – mi fece toccare con le dita la lettera “emme”, costruita su materiale ruvido, incollata su una superficie liscia. Si trattava del metodo di conoscenza alfabetica “Montessori”. Da allora le lettere presero forma in parola, frasi, discorsi: Mi ritrovai in un fantastico mondo che mi permetteva di essere me stessa, in profondità, inconsapevolmente, soprattutto in quei primi anni di scoperta della scrittura».

I punti di riferimento letterari

I tuoi punti di riferimento in ambito letterario chi sono stati?

«I poeti del ‘900 italiano, in particolare modo il poeta Silvio Ramat, mio professore di Letteratura moderna e contemporanea durante gli anni universitari».

Dentro di te prevale maggiormente la dimensione di “docente” oppure quella di “scrittrice” ed eventualmente come riesci a coniugare ed armonizzare queste tue due “anime”?

«Che bella domanda! Spesso le due parti si intersecano, vivendo di una buona complicità osmotica. Quando parlo di poesia ai ragazzi, durante i percorsi di scrittura, mi sento un’anima errante che migra da un polo ad un altro. La dimensione personale di scrittrice è vissuta invece intimamente perché l’intuizione credo debba trovare uno spazio segreto in sé, pronto ad accogliere il proprio dispiegarsi sulla pagina. Così, l’idea, il pensiero si snodano a dire, in una forma “divergente” dalla costruzione di un discorso narrativo. Uno fatto di ritmo, suono, senso e tutto ciò attraverso allusioni, analogie, metafore… per cui ogni referente nominato, sussurrato, taciuto, non è più solo quello ma diviene anche altro».

Il percorso come autrice

Che evoluzione ha subito il tuo stile e come è cambiata la sua prospettiva a partire dal tuo esordio arrivando ad oggi?

«Da un po’ di tempo mi interrogo proprio su questo. Se penso ad esempio al piano formale, la necessità di arginare il magma, la materia che si apre davanti a me, quando scrivo, pur io partendo da un punto focale di riferimento, di intima urgenza di esplicitazione, mi ha orientata con gli anni alla scelta dell’endecasillabo. Trovare un “passo”, un equilibrio per dire con misura e con una parola non scontata, una parola “scavata”, alla ricerca quanto più possibile all’ intenzione comunicativa e allo stesso tempo, una parola quanto più vicina alla verità che contiene in sé, nel suo farsi: questa la continua personale ricerca nella scrittura. Sul piano del contenuto, ho avvertito gradualmente il bisogno di rivolgere nella scrittura lo sguardo oltre i confini dell’io».

Premi e progetti vari

Quale è il premio che ti ha soddisfatta maggiormente e quale è quello che vorresti ricevere e che non hai ancora ricevuto?

«Se intendi partecipazione a concorsi, penso al 2002, quando ricevetti il premio Montale per l’inedito. Circa il premio cui dovrei ambire, ti dirò che non ho ambizioni in questo campo».

Cosa rappresenta per te “il Cielo in una stanza” e cosa vorresti rappresentasse per il contesto sociale?

«Il cielo in una stanza nacque nel marzo 2020, durante la didattica a distanza causata dal covid. Fu l’idea emersa dal contesto sociale che vivevamo, soprattutto al femminile. Le donne, mamme di alunni, amiche e conoscenti di quartiere, o anche solo donne di cui sentivo i racconti, attraverso i media, erano le maggiormente colpite dall’emergenza covid. Da un punto di vista lavorativo, affettivo, (è nota l’escalation della violenza contro le donne proprio in quel periodo). La pandemia aveva di colpo aumentato le disparità di genere in tutti i sensi. Il blog, memore di quegli accadimenti, oggi vorrebbe essere la “voce” delle donne. Una voce modulata tra l’espressione di sé stesse, dal campo artistico, al colloquiale, dalla dimensione sociale, a quella di confessione, di testimonianza, di denuncia, di proposta costruttiva».

I sogni da realizzare

Rivelaci un tuo sogno come donna e un tuo sogno come artista.

«Potrei dire di avere il desiderio di esplorare differenti realtà di condizione umana, (ho già fatto in passato esperienza di scrittura nel carcere penale della mia città, per tre stagioni primaverili, in un centro per malate oncologiche, per diversi anni, nell’ospedale pediatrico sempre della mia città, per qualche anno). Poi, continuare a scrivere e ad incontrare la gente, occasione che mi è data quando presento le nuove pubblicazioni».

I tuoi prossimi progetti.

«E chi lo sa? Aspetto i sintomi di accadimenti che potrebbero fare saltare fuori qualcosa dal cilindro magico».