«Ho avuto bisogno di fuggire per capire tante cose di me, per poi apprezzare veramente che cosa significa viaggiare»: storia di un viaggio verso libertà, scoperta e crescita.

«Amavo giocare a calcio e speravo di farlo diventare un lavoro mentre cercavo di mantenermi con svariati lavoretti, spesso sottopagati» racconta Stefano, nato nel 1991 ad Asti dove cresce. «Il dolore più grande della mia vita è stato non essere capito per molto tempo dalle persone a me più vicine. Lavoravo in condizioni per niente dignitose, stavo vivendo una relazione tossica e il calcio non mi stava portando in nessuna direzione. Proprio in quel periodo, capii che mi serviva una svolta. Feci così il mio primo viaggio in solitaria negli Stati Uniti, andai dapprima in Canada dove lavorai qualche mese, per poi affittare una macchina e partire per un piccolo on the road, direzione Los Angeles. Per la prima volta mi sentii davvero libero da ogni catena e capii che avrei voluto continuare a replicare quella sensazione per il resto della mia vita.»

Il viaggio che ti cambia.

Dopo essere tornato dagli USA, Stefano fa un secondo viaggio in solitaria in Marocco. «Ero ancora molto acerbo come viaggiatore. Mi trovavo a Fès, avevo finito i contanti e dovevo prelevare dei soldi, quando il bancomat mi prese la carta e mi ritrovai senza nulla. Era venerdì – giorno di festa per i musulmani –, le banche erano quindi chiuse e avrebbero riaperto lunedì. Stavo già iniziando a intravedere l’idea di dormire per strada quando un signore, vedendomi dare un calcio all’ATM, mi domandò cosa fosse successo.

Gli raccontai quanto era appena accaduto e lui, senza pensarci troppo, decise di ospitarmi a casa sua finché non avrei risolto il problema. Ero appena tornato da alcuni giorni nel deserto ed ero stanco, sporco e puzzolente. Non avevo affatto l’aspetto di una persona da far entrare in casa con tranquillità ma, nonostante questo, il mio primo pensiero fu: “Potrò fidarmi di lui?” quando era lui che avrebbe potuto, con ragione, porsi questa domanda.

Decisi di accettare l’invito e, appena entrato in casa, scoprii che aveva anche una moglie e due figli piccoli. Mi ha trattato come un figlio per quattro giorni, accompagnandomi addirittura in una città che desideravo visitare a cinque ore di distanza da Fès . L’ultimo giorno gli feci questa domanda: “Abdul, come hai fatto a fidarti di me e a farmi entrare in casa tua? Io non lo avrei fatto”. Abdul rispose:

“Se tu hai un cuore buono, Dio ti metterà sempre persone con un cuore buono sulla strada”.

Entrambi commossi, ci abbracciamo e, in quel preciso momento, capii quanto io fossi stato piccolo e stupido e quanti pregiudizi avevo su culture diverse dalla mia. Proprio lì è iniziato il mio cambiamento.»

Viaggiare insegna ad affrontare le difficoltà.

Dopo il viaggio in Marocco, sempre più convinto di voler fare del viaggio il suo stile di vita, Stefano decide di partire per il Vietnam. «L’idea era quella di arrivare in Iran senza prendere aerei. Avrei preso solo il primo volo per il Vietnam per poi viaggiare via terra. Proprio su quel volo per Hanoi, quando realizzai cosa stavo per fare, ebbi il mio primo attacco di panico. Non mi sentivo assolutamente pronto. Ricordo che trascorsi i primi giorni in ostello senza quasi mai uscire. Fu molto brutto e volevo tornare a casa. Poi, piano piano, trovai le forze di tirarmi su e di vivere l’esperienza più formativa della mia vita. Un altro ricordo brutto che ho in viaggio riguarda un’aggressione subita in Tanzania da parte di una quindicina di ragazzi. Ci trovavamo in una stazione degli autobus. All’inizio credevo volessero derubarmi; in realtà non volevano che io togliessi il posto a uno di loro, dal momento che potevo permettermi il taxi. Sottolineo che il pullman era vuoto. Non è stato un momento molto bello.»

L’importanza del movimento nella vita.

«Il ricordo più bello che porto con me è l’esperienza di volontariato in una scuola in Uganda. Facevo il professore di educazione fisica e ho insegnato molti sport a quei bambini che conoscevano solo il calcio, dal quale le ragazze erano escluse. Portai loro una palla da basket e insieme costruimmo dei canestri. Erano letteralmente impazzite per la gioia. È stata un’esperienza incredibile che mi ha fatto capire quanto lo sport sia importante nella crescita di ognuno di noi.»

Da viaggiatore solitario a creatore di avventure per gli altri.

Dopo tanti anni di viaggi, molte persone iniziano a contattare Stefano perché vorrebbero viaggiare con lui. «A me sembrava un’idea impossibile, non avevo idea di come fare e non sapevo nemmeno se mi sarebbe piaciuto portare con me qualcuno, dal momento che ero abituato a viaggiare da solo. Provai per gioco a organizzare un viaggio di gruppo che andò molto bene e da lì decisi di organizzarne altri.» Oggi Stefano è un travel designer, organizza viaggi e accompagna altri viaggiatori in paesi che potrebbero risultare più difficili da visitare in autonomia, come il Pakistan e lo Yemen. I suoi viaggi sono documentati sul profilo Instagram @_stefanodesimone e sul sito www.stefanodesimone.com

Viaggiare significa scappare dai problemi?

«Credo che quasi tutte le persone che partono per lunghi viaggi stiano scappando da qualcosa; in pochi lo fanno davvero per scoprire il mondo. Io ho avuto bisogno di fuggire per capire tante cose di me, per poi apprezzare veramente che cosa significa viaggiare.»

Definizione della parola “viaggiare”.

«Viaggiare è un acceleratore di maturità e consapevolezza. Tutto ciò che so l’ho imparato viaggiando. Ciò che sono, ogni lato del mio carattere e la mia visione del mondo derivano da ciò che ho appreso in viaggio. Forse la cosa più importante che ho imparato è che è inutile fare piani perché nulla va mai come te lo immagini, e se solo riesci a buttarti veramente in questo fiume, possono succedere le cose più incredibili. Per questo rifarei ogni singola cosa.»

Credi che viaggiare per una donna sia più pericoloso?

«Una volta ti avrei risposto senza esitazioni che una ragazza può fare qualsiasi tipo di viaggio senza problemi e che non mi piace mettere limiti. Purtroppo, nel tempo ho visto episodi che mi hanno portato a cambiare opinione e ti dico con più consapevolezza che una ragazza avrebbe sicuramente più difficoltà di me. E te lo dico con profonda tristezza perché la vedo come una grande sconfitta. Detto questo, una ragazza può e deve lanciarsi e farlo lo stesso, solo con qualche attenzione in più.»

Cosa diresti a chi sogna di viaggiare ma ha paura di partire?

«Non è mai una scelta definitiva: se tutto va male, si può sempre tornare al punto di partenza e ricominciare. Quindi, sapendo questo, perché non provarci?»

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