Le infelici: coloro che si ostinano a tenere la luce accesa sulle loro tiepide certezze. Classe 1995 Benedetta Sofia Barone debutta con il suo primo romanzo mostrando a tutti le sue invidiabili abilità lessicali che rendono la lettura una poesia. 

Una semplice domanda dalla quale si sviluppano tutte le profonde riflessioni racchiuse nel romanzo, attraverso il racconto dell’amicizia tra quattro ragazze. Tramite la tortura di calarsi lungo la gola una sonda -un sottile tubo trasparente come quello usato negli ospedali- le amiche cercano di esercitare un controllo reciproco, non solo sul corpo ma su qualcosa di più, le loro identità. La sonda serviva per vedere all’interno quello che è nascosto, ma tra di loro, che sono una cosa sola, non poteva esserci nulla di sconosciuto. Oltre al tema centrale dell’identità si scava in profondità con altri argomenti: relazioni tossiche e alcolismo.

Il rapporto tossico.

Ambientato durante la loro adolescenza, il tema della realizzazione personale e la ricerca di sé viene amplificato. Una relazione costruita sulla simbiosi, rendendo più importante la definizione del gruppo piuttosto che quella del singolo. Al punto tale di riferirsi a se stesse solamente al plurale e considerare un disonore mostrarsi sole. “tu non sei così” il cambiamento è considerato un nemico e si viene accusate di interpretare un personaggio; il peggiore dei peccati è quello interpretare un ruolo. Allora le amiche cercano di dissuaderla, non per amore nei suoi confronti ma per il bene del gruppo. Non cercano di renderla la migliore versione di sé o aiutarla a realizzarsi, vogliono tapparle le ali per non farle spiccare il volo.

C’è bisogno di identità.

La protagonista è divisa in due, da una parte vorrebbe liberarsi da questa amicizia malsana che teme di portare avanti solo per abitudine e non mossa da un vero senso di affetto. Dall’altra è tormentata dal terrore di lasciare l’unico posto sicuro che conosce, le uniche amiche che ha, perché è difficile lasciare andare le persone che hanno fatto parte della tua vita, anche se dannose. Nel momento in cui stai cercando di capire chi sei, ascoltare le parole di chi cerca di dirottarti fa vacillare l’instabile identità che con fatica si sta costruendo. Soprattutto nel caso di giovani ragazze, sulle quali tutti sono sempre pronti di dare il proprio parere, spesso screditando quello che sono. Non bisogna lasciarsi influenzare e continuare il proprio cammino sul quale troveremo altre persone che crederanno in noi.

Una metafora.

Con il passare delle pagine capiamo che la sonda può essere vista come una metafora, rappresenta una modalità di controllo asfissiante e morbosa. Chi ne fa uso non può essere libero di esprimere se stesso, non può essere nulla di più di quello che il gruppo prevede. Le quattro ragazze vedono l’adolescenza come un rifugio, o meglio una prigione, nella quale si sono chiuse per paura del futuro. L’identità doveva essere fissa, ciascuna doveva rimanere quella che era sempre stata.

Solo alla fine di questa esperienza giovanile, grazie all’incontro di persone più simili a lei, la protagonista riesce a trovarsi, capendo di aver sempre usato delle maschere quando stava insieme a Mietta, Adelaide e Anna, non era mai stato il contrario. Quindi sapeva benissimo chi fosse solo che non riusciva a crederci fino in fondo, trovando difficoltà ad ammettere a se stessa la verità. Dopo essere stata costretta a mostrarsi diversa da quello che era destinata ad essere. Questa esperienza ha solo reso più forte la sua volontà di esprimersi e mostrarsi, per quello che ha capito, di essere sempre stata. 

Link per l’acquisto: Le Infelici

Sostienici, clicca qui: PINK