
Agar, la prima donna a cui Dio si rivolge nella Bibbia. Schiava, madre, esiliata: una storia di riscatto femminile che parla ancora al mondo di oggi.
Agar è una delle figure femminili più interessanti raccontate nella Bibbia, di cui si parla nei capitoli 16 e 21 della Genesi. Una figura simbolo perché è la prima donna a cui Dio si rivolge direttamente, e la cui storia è ancora profondamente attuale.
Origini e attualità.
Agar era la schiava egiziana di Sara, l’avvenente moglie di Abramo. Come tutte le ancelle, si dedicavano anima e corpo nel soddisfare i bisogni delle proprie padrone, ed in quanto schiave non potevano reclamare nessun diritto giuridico o sociale. Bisogni che a volte potevano contemplare anche mettere a disposizione il proprio corpo e la propria fertilità. Ed è esattamente quello che succede ad Agar, costretta a concedersi ad Abramo, poiché la vita si negava al ventre di Sara.
Non poter generare dei figli era, oggi come allora, fonte di grande sofferenza, ma all’epoca amplificato dal fatto che la famiglia era considerata il primo grande valore, e il compito delle mogli era quello di garantire la discendenza data dal seme dei mariti, assicurare la continuità generazionale. Questo fardello, combinato a un enorme senso di ingiustizia, porta Sara a utilizzare il corpo di Agar per poter soddisfare i bisogni di un marito che, al contrario, ha un ruolo completamente passivo, non decide, non si oppone, anzi in più di un’occasione agisce da uomo vile e crudele.
Uno stato delle cose che richiama fortemente il concetto di maternità surrogata dei nostri tempi, ma qui viene meno ogni tipo di solidarietà femminile: Sara inizia a trattare Agar con supponenza, quando quest’ultima rimane incinta del primogenito di Abramo, perché le sue attenzioni iniziano a concentrarsi tutte sulla creatura che porta in grembo. Agar viene maltrattata da Sara a tal punto che è costretta a fuggire, e nella sua corsa disperata incontra un angelo di Dio, chiamato anche il Dio della visione, “colui che la vede”, preannunciandole la nascita del figlio Ismaele.
Genesi 16 (versetti 9–13) – La fuga nel deserto e l’incontro con Dio.
9 L’angelo del Signore le disse: “Torna dalla tua padrona e restale sottomessa.”
10 Le disse ancora l’angelo del Signore: “Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla per la sua moltitudine.”
11 Soggiunse l’angelo del Signore: “Ecco, sei incinta, partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché il Signore ha ascoltato la tua afflizione.
12 Egli sarà come un onagro tra gli uomini; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui, e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli.”
13 Agar chiamò il Signore che le aveva parlato: “Tu sei il Dio della visione,” perché disse: “Non ho forse visto qui colui che mi vede?”

Ma i dissidi non sembrano placarsi neanche quando, anni dopo, Sara riesce finalmente a dare alla luce il suo primo figlio, Isacco, e vedendo giocare insieme i bambini si ingelosisce a tal punto da chiedere ad Abramo di cacciarli via una volta per tutte. Agar porta il figlio nel deserto affrontandone le insidie, ma non tollera di vederlo morire di stenti sotto i suoi stessi occhi. Ed è a quel punto, sentendo il pianto di Ismaele, che l’angelo di Dio si palesa nuovamente per mostrarle una sorgente da cui bere e, in questo modo, salvare lei e la loro numerosa discendenza.
Genesi 21 (versetti 17–20) – L’abbandono definitivo e la salvezza nel deserto.
17 Dio udì la voce del fanciullo, e l’angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: “Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova.
18 Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché ne farò una grande nazione.”
19 Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua. Andò a riempire l’otre e diede da bere al fanciullo.
20 Dio fu con il fanciullo, che crebbe, abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco.
Interpretazioni.
Con quel gesto Sara, con un cinismo feroce, distrugge la pace di una famiglia, la possibilità di creare una fratellanza tra la discendenza ebraica (Isacco), e quella musulmana (Ismaele), tesi sostenuta dalla teologa Rosanna Virgili. Non è un caso che il significato del nome Sarai (originariamente chiamata così, cambiato poi da Dio in Sara), sia “la litigiosa”, mentre Agar sia soltanto “la fuggitiva”. Sara non si fida della promessa di Dio di donarle un figlio, motivo per cui si arrangia con i suoi stessi mezzi per raggiungere il suo scopo. Ma, come sostiene anche il teologo Marco Tibaldi, ciò che nasce dell’uomo come adattamento delle promesse di Dio genera solo conflitti confusione, ed è quello che succede con la nascita di Ismaele.
Sempre secondo l’approccio esegetico di Rosanna Virgili, è bene ricordare che questi testi non legittimano i comportamenti che descrivono. Al contrario, mostrano l’angelo di Dio in netta opposizione all’atteggiamento di Abramo, riconoscendo invece merito e valore alle donne e alle madri.
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