Tra gli appuntamenti vi segnaliamo lo spettacolo “Io e Mia Sorella” di e con Sabrina Biagioli e Viola Biagioli per la regia di Gina Merulla anche direttrice artistica del Festival. L’appuntamento è per domenica 21 settembre ore 18.00 presso il Teatro Sala Vignoli in zona Pigneto a Roma.

Prosegue l’interessante programmazione del Festival RUN-Il Festival che fugge dal centro, un ambizioso progetto promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, vincitore dell’Avviso Pubblico “Roma Creativa 365 Cultura tutto l’anno” in collaborazione con Zetema Progetto Cultura. Sabrina Biagioli racconta sul palco, assieme a sua sorella Viola, la loro storia di sorelle chi con un cromosoma in più, chi con uno in meno. Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Sabrina prima della messa in scena.

“Io e mia sorella” è un progetto nato diverso tempo fa, sempre attuale e che riproponi sempre con entusiasmo. Cosa ti ha spinto ha scriverlo e realizzarlo e quale messaggio ti piace diffondere ancora oggi con questo progetto?

Sono tante, credo, le ragioni che mi hanno spinto a scrivere “Io e mia sorella”, e forse ancora non le conosco veramente tutte. Però quella che per prima e con più forza ho sentito è stata la necessità. Un’urgenza vera e propria di raccontare e raccontarci, senza giudizi o pregiudizi e senza alcuna aspettativa.

Del resto è sempre l’urgenza che muove l’arte in generale e il teatro in particolare, quel senso di improvvisa necessità che ti spinge a dover raccontare qualcosa che ti viene da dentro, che cresce prima dentro di te. Una specie di parto, se vogliamo, una nascita. Io e mia sorella “nasce” malgrado me stessa, viene fuori da sé.

In questo senso, è importante per me aggiungere che non volevo diffondere un messaggio, cioè non era questo l’intento: Io e mia sorella non vuole insegnare, non ha questa pretesa, vuole solo raccontare attraverso il mezzo per me più familiare – il teatro – una storia d’amore lunga una vita. Anzi, due. La mia e quella di mia sorella Viola, croce e delizia degli anni miei.

Cosa vuol dire avere un cromosoma in più?

Questa è una domanda che si dovrebbe porre a mia sorella, che ne so io! E a questa domanda, Viola risponderebbe che avere un cromosoma in più è “molto figo”, una specie di premio che ti da la vita offrendoti appunto un piccolo pezzetto in più rispetto agli altri, a quelli “normali”, significa essere speciali.

Io non ho la pretesa di sapere cosa significhi, posso dire cosa significa per me averne uno in meno di mia sorella. E significa tantissime cose: senso di cura, di protezione, fatica, amore, significa essere “diversa” anche io. Ma per saperlo davvero, invito tutti ad assistere allo spettacolo!

Cosa vuol dire per te essere la sorella di Viola?

Forse ho appena risposto a questa domanda, aggiungo solo che sono molto fiera di essere la sorella di mia sorella, ma che questo non ha niente a che fare con l’essere speciali. Io amo mia sorella esattamente come chiunque coi proprio fratelli, a prescindere dal numero dei cromosomi. Certamente mi affatico un po’ di più, immagino, rido un po’ di più, penso un po’ di più rispetto a chi non ha una sorella o un fratello con 47 cromosomi. Ma a parte questo sono una sorella come le altre. Più o meno.

Come sei riuscita a realizzare questo progetto e come ha reagito Viola?

Quando ho deciso di scrivere questo testo – e nello spettacolo racconto il momento esatto in cui l’ho deciso – sapevo già che non avrei voluto farne la regia, per diversi motivi in realtà: sono un’attrice (non una regista), lo stavo scrivendo e lo avrei interpretato quindi non avrei potuto “vedermi da fuori” e questo avrebbe penalizzato lo spettacolo secondo me, non volevo dirigere mia sorella perché appunto è mia sorella e lavorare con i parenti, si sa, è sempre scomodo!

Quindi ho chiesto a Gina Merulla, regista e mia amica da una vita, se le andava di impegnarsi in un progetto così tanto ambizioso e strambo, ovviamente dopo aver letto il testo. Poteva anche tranquillamente dirmi di no, non ci avrei trovato nulla di male, perché fin da subito entrambe lo abbiamo trattato per quello che è, a prescindere dal carico emotivo e sentimentale che si porta dietro, e “Io e mia sorella” è un testo teatrale, un lavoro, è quello che facciamo per vivere, ecco.

Avevo però bisogno di una persona di cui potessi fidarmi, che potesse capire e che in qualche modo, dentro di sé, già conoscesse determinate dinamiche, emozioni, relazioni, pensieri, che potesse approcciarsi a mia sorella senza quel senso di colpa o di tenerezza che avrebbero intralciato il lavoro, ma ugualmente con una dolcezza tale da mettere Viola comunque a suo agio e darle così la possibilità di esprimere se stessa sul palco.

E così è nato lo spettacolo “Io e mia sorella”, proseguimento naturale del testo scritto.

Viola ne è stata ovviamente felicissima, credo si fosse chiesta perché mai non lo avessi scritto prima! E aggiungo una cosa importante, ma davvero importante. Per mia sorella quell’ “Io” del titolo, è lei. A conferma di quello che accennavo prima, “Io e mia sorella” si può e si deve leggere in entrambi i sensi, perché non è una storia sulla sindrome di down, ma su due bambine che imparano ad essere sorelle, che imparano ad amarsi, a capirsi, a viversi, ognuna con le proprie difficoltà, unicità, banalità, sofferenze, gioie.

Due vite separate ma legate in modo, certo, diverso rispetto a quello che ci si aspetta, questo lo so, ma non necessariamente in modo più dolce o più grande o più triste, ecco.  Poi sì, una delle due ha un cromosoma in più, e ovviamente non è un dettaglio da poco. Ma non è l’unico dettaglio importante.

Perché è importante parlare di sindrome di Down?

Certamente è fondamentale parlare di sindrome di down, così come lo è in generale raccontare di tutto ciò che sembra essere relegato ai margini di questa nostra società così difficile e complessa. Aprirsi a ciò che non si conosce o con cui non capita di confrontarsi è sempre il modo migliore per arricchirsi, comprendere, crescere, sia come individui sia appunto come comunità. Io, però, non ho davvero la pretesa di essere colei che scopre il velo della disabilità rivelando al mondo chissà quale segreto.

Mi accontento di pensare che se anche una sola persona nel pubblico, dopo le risate, le lacrime, le facce buffe di mia sorella, ha ritrovato in sé qualcosa di autentico o compreso che ciò che sentiva distante e diverso forse così distante e diverso non lo è, se accade questo, ecco, forse questo spettacolo, almeno quella sera, ha fatto centro.

Secondo la tua esperienza cosa significa “Inclusione”?

Forse non sono la persona più adatta a dare una definizione di inclusione, proprio perché essendo la sorella di “una come mia sorella”, essendo io letteralmente cresciuta con lei, non ho mai dovuto davvero imparare l’inclusione. Voglio dire, semplicemente per me era ed è normale – usiamo questa parola terribile, per una volta – che si possa nascere con un cromosoma in più, con uno in meno, o in qualunque altro modo. Mi sono accorta diventando grande che non era così per tutti e ti assicuro che ne sono rimasta scioccata!

Oggi che sono un’adulta so bene che c’è molto bisogno che il mondo “impari” l’inclusione, ma me ne rattristo, a dir la verità, perché mi sarebbe piaciuto che il mondo fosse un luogo dove non c’è bisogno di includere qualcuno, perché tutti noi siamo nati perfetti e soprattutto unici.

Non esiste una versione alternativa di mia sorella Viola, così come non ne esiste una mia. Noi, come tutti voi, siamo quello che siamo, e in questo senso siamo perfetti così, tutti quanti, perché semplicemente “siamo”. Dunque mi chiedo, perché mai devo pensare di includere questo o quello? Si dovrebbe vivere tutti “già inclusi”, perché ogni cosa che avviene in questo mondo fa parte del mondo stesso; non so, chi si arroga il diritto di decidere cosa sia giusto o normale e cosa no, mi ha sempre fatto un poco paura e molta, molta tristezza.

Ovviamente quello che si deve fare è trovare una via per una coesistenza giusta, un modo in cui una persona con la sindrome di down come Viola, ad esempio, possa trovare una sua dimensione, armoniosa e “della sua taglia”, secondo le sue capacità, e questo compito sì, forse spetta a noi normodotati, visto che ci piace tanto pensare di essere quelli intelligenti e giusti. Siamo quelli più intelligenti e giusti? Dimostriamolo allora, tutti, per favore.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Ah, non ci crederai ma questa è la domanda più difficile! Dunque, ne ho diversi: continuerò con altri progetti e con lo spettacolo “Il Quarto Vuoto”, sempre prodotto da Teatro Hamlet e diretto da Gina Merulla. Sto scrivendo un nuovo testo teatrale che diventerà presto, spero, un nuovo spettacolo, insieme alla mia collega Iris Basilicata, e nel frattempo ho in cantiere il mio secondo romanzo (ho pubblicato il primo qualche tempo fa). Insomma, tante cose di cui, mi auguro, torneremo a parlare presto.

Nel frattempo, grazie mille per avermi dato l’opportunità di raccontare e raccontarmi insieme a mia sorella e ci vediamo a teatro. Vi aspettiamo.

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