La fattoria dei gelsomini, di Elizabeth von Arnim. Anteprima della Edizione Fazi 2018
Ah quella tavolata esilarante che ci attende all’overture di La Fattoria dei Gelsomini! Che strampalata congerie di ospiti Lady Daisy Midhurst ha radunato nella sua dimora di Shillerton. E come è divertente scoprire i pensieri che si nascondono dietro alla facciata di buone maniere degli invitati, che faticano a rispettare le regole della buona creanza, messi così a dura prova da un menù ripetitivo a base di aspra uva spina!
L’invito in una delle dimore di Lady Midhurst era garanzia di qualità, come il marchio per l’argento, e certificava nel tempo il valore delle persone. Eppure, nonostante ciò, ciascuno di loro sentiva che la misura era colma. Ma in cosa consistesse realmente quel senso di disagio, nessuno sapeva dirlo. Naturalmente il clima aveva la sua parte di colpa…
L’avvio è scoppiettante come al solito, la penna di Elizabeth von Arnim trabocca ironia e buon gusto a sazietà, senza le complicazioni gastriche del conte tedesco, del vescovo indolente, dell’annoiato Mr. Torrens e dell’incantevole Rosie. Che poi tanto incantevole sotto sotto non è…
Ma il prosieguo è, se possibile, ancora più incredibile.
Carmela Giustiniani, nel suo “Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim” (Flowered, 2017) lo definisce “il testo più politicamente impegnato dell’autrice. Vi si trova infatti riprodotta la situazione politica dell’Europa di quegli anni: l’indolente e placida Inghilterra è rappresentata dall’eterogeneo gruppo di persone che si ritrova a pranzo presso l’aristocratica dimora di Lady Midhurst” e il conte tedesco impersona l’insidiosa Germania che si sta già rivelando appunto, anche alla tavola dei nobili inglesi, elemento di disturbo.
La storia presenta infatti sviluppi inaspettati, mentre sin dall’inizio grava sull’incipit del libro, una nuvola greve come l’afa estiva presaga di complicazioni. Dalle pieghe di pagine così divertenti e leggere da far dimenticare il dramma alla base della vicenda, trapelano amarezza per la difficoltà a essere madre, insofferenza verso i ménage matrimoniali che non si rivelano sempre buoni affari e la sconsolata consapevolezza degli imperativi ipocriti del bel mondo. Poi l’anima e lo sguardo si allargano sulla profumata e soleggiata campagna del sud della Francia e sulla splendida Fattoria di Gelsomini che riserverà sviluppi ancora più sorprendenti.
Regnava una calma assoluta in quel sonnacchioso pomeriggio estivo. Sulle colline si stendeva una cappa di immobilità. Il cipresso solitario, anch’esso immoto, sembrava scolpito nella pietra nera. Luce e ombra giocavano sull’erba dell’oliveto ai piedi del muretto e il gelsomino ricopriva i campi.
Un libro squisito, da gustare dalla prima all’ultima pagina, un tocco elegante, ironico ma compassionevole, delicato e sagace. Veramente bellissimo, uno dei miei preferiti di Elizabeth von Arnim. Solo un rimpianto: che sia finito, e mille volte grazie alla Casa Editrice che lo ha ristampato!
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L'ha ribloggato su I piaceri della lettura.
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