Continua il viaggio nella storia tra le mogli del re Enrico VIII. Terza tappa, terza moglie: Jane Seymour.
Riepilogando, abbiamo visto come Enrico si sia mosso tra due donne particolarmente forti, nei suoi primi matrimoni, e abbiamo capito attraverso le sorti di quelle due regine che oggi definiremmo ‘tostissime’, che non è bene intralciare troppo la volontà del re in materia di politica e potere.
Durante gli ultimi tempi del suo matrimonio con Anna Bolena, non stupisce nessuno che gli occhi del sovrano siano cascati ai piedi – e sotto le gonne – della più morbida e remissiva Jane. Questa potrà non essere stata colta e istruita come chi prima di lei, però ha colmato eventuali lacune culturali con la mitezza del proprio carattere, a maggior ragione se raffrontato agli eccessi d’ira e alle stravaganze della regina, che dal 1536 non fu più ritenuta degna di tale titolo – e ben sappiamo com’è andata a finire.
Dopo la tumultuosa separazione con Caterina, però, c’è da dire che anche Enrico fu molto più cauto, nel suo approccio alla bella bionda. Sapeva bene che il popolo non era stato affatto entusiasta del suo matrimonio con Anna, per tanto mantenne il corteggiamento poco plateale. La morte della prima e della seconda moglie, quindi, resero la scelta della Seymour decisamente legittima agli occhi dei cittadini, che gradirono la scelta probabilmente sperando nella magia del numero tre.
Si può dire, quindi, che il regno di Jane sia stato riposante, per Enrico?
Sì, decisamente.
Il motto della nuova sovrana era Bound to obey and serve, tenuta a obbedire e servire, ed è proprio quello a cui si dedicò. Se dal punto di vista politico non si è mai rivelata ingombrante, da quello più raccolto della famiglia Jane si prodigò tantissimo a favore della giovane principessa Maria, figlia di Caterina, e del riavvicinamento a corte non soltanto suo ma anche della giovane Elisabetta; cosa che avrebbe potuto non fare, poiché entrambe le ragazze furono dichiarate illegittime per favorire un eventuale figlio maschio.
La felicità definitiva non sembrò tardare: dopo circa un anno di regno, il giovane principe Edoardo venne alla luce, battezzato tre giorni dopo la sua nascita, con entrambe le sorellastre presenti. Finalmente, Enrico aveva il figlio maschio tanto desiderato e la regina era all’apice della sua fortuna. La dolce Jane, però, soffrì subito dopo il parto di febbre puerperale, o come la chiameremmo oggi setticemia, e perse la vita.
La sua è una tomba molto semplice, e fu a lei che il re volle ricongiungersi nella morte.
Adesso, sembrerà strana una lode a Jane Seymour, così sotto le righe, rispetto a chi è venuta prima di lei. Di certo non aveva la tenacia di Caterina o la selvatica sfrontatezza di Anna ma a me, la sua immagine rimanda quel sentimento nostalgico e un po’ sognante delle foto in bianco e nero. Sospesa nel tempo, questa donna rimane un esempio di femminilità, bontà e rettitudine, al di là di ogni intrigo di corte e di ogni magheggio così tipico del seguito di Enrico. Pregò la grazia per i ribelli cattolici, si impegnò a mantenere unita una delle prime famiglie allargate della storia, laddove molte si sarebbero preoccupate di allontanare eventuali problemi futuri.
Jane Seymour è un chiaro esempio di dolcezza, inclusione e accoglienza e dimostra come la gentilezza, a volte, ripaghi pienamente le proprie aspettative.
E chissà se sotto Natale, tutti noi non abbiamo bisogno un po’ di queste cose.
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