La Nigeria è paese d’origine, transito e destinazione per le vittime di tratta. La povertà, le difficoltà economiche, le disuguaglianze di genere, le pratiche e credenze tradizionali, le politiche migratorie europee restrittive sono generalmente individuate tra le principali cause del fenomeno della tratta di esseri umani in Nigeria.
(“Nigeria – tratta di esseri umani. Rapporto COI 19 maggio 2020”. Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre. International Protection of Human Rights Legal Clinic.)

Oggi si pensa erroneamente che certe pratiche barbare siano rimaste relegate a un passato ormai remoto. Purtroppo le notizie anche recenti ci ricordano che non è così.

Leggendo libri classici o visionando pellicole di richiamo storico e risalendo al diciannovesimo secolo spesso si incontrano realtà definite come “case lavoro” o “baby farm”. Entrambi nomi per celare realtà ben differenti. Entrambe situazioni diffuse, ignorate dalla società benpensante ma che mascheravano diverse forme di violenza. Una sorta di prigionia fatta di soprusi e abusi, sia fisici che mentali.

Sarebbe sufficiente anche solo leggere i romanzi di Charles Dickens per potersi immergere in una realtà che a noi sembra molto lontana. Una realtà che mostrava forse il peggio della natura umana.

Se si pensa alle “baby farm” spesso citate in relazione a scritture o documenti storici risalenti al diciannovesimo secolo ci si ritrova a inorridire.

Bambini lasciati nelle mani di crudeli donne che millantavano di prendersene cura. Che promettevano di farli adottare per poi lasciarli morire di inedia o addirittura farli sparire gettandoli in un fiume.

Neonati ceduti da donne magari disperate perché terrorizzate all’idea di dover affrontare il marchio di fallen woman.

Si tende a etichettare certe informazioni come invenzione o fantasia. A volte si finge di non vedere trincerandosi dietro alla scusante del ma tanto adesso non esistono più certe cose.

Invece a tutt’oggi il sopruso e la vessazione sono spesso una realtà scioccante. Come è una realtà lo spogliare della dignità umana chi versa in condizioni disperate. Magari una realtà geograficamente lontana dalle nostre confortevoli case ma comunque esistente.

Le fabbriche di neonati in Africa, una realtà che sembra impossibile scardinare

Sono anni che diversi articoli denunciano l’esistenza delle cosiddette “baby factory”. Realtà esistenti in Africa, prevalentemente in Nigeria e in Niger.

Se si pensava che le “baby farm” inglesi fossero state spazzate via dal progresso forse ci si sbagliava. Anzi, forse, la realtà africana delle “baby factory” sotto certi punti di vista è solo un’evoluzione di quella macabra abitudine di tanto tempo fa.

Aggravata dal fatto che il mondo avrebbe dovuto civilizzarsi in questi secoli.

Cliniche sanitarie, finti orfanotrofi, strutture dove le donne, quasi tutte giovanissime, vengono rinchiuse per fare ciò che il nome stesso dice: fabbricare bambini!

Negli ultimi anni ne sono state scoperte diverse e ne sono state chiuse parecchie. Ma sembra che sia una realtà difficile da fermare definitivamente.

Spesso le donne, in età fertile, vengono reclutate con la promessa di un lavoro ben remunerato per poi trovarsi segregate e prigioniere.

A volte sono le stesse donne che si rivolgono a queste strutture per poter guadagnare qualcosa, spinte dalla miseria e dalla povertà.

Sono strutture gestite da medici (ma non solo) che si rivelano poi essere dei crudeli trafficanti di esseri umani. Sovente se le donne non arrivano già incinta la struttura provvede a pagare degli “stalloni” perché abbiano rapporti con loro fino al concepimento.

Giovani donne, spesso anche minorenni, che si ritrovano prigioniere di questi aguzzini, segregate e poi addirittura ingannate perché una volta partorito il bambino non ricevono neppure il compenso pattuito o promesso.

Le fabbriche di neonati in Africa, un network per fabbricare soldi

Un vero e proprio network quello africano. Una rete diffusa capillarmente composta da persone che hanno sacrificato la propria umanità al dio denaro. Una macchina per fare soldi sulla pelle di donne sventurate e spesso disperate.

Aguzzini che sfruttano la disperazione mentre la piaga della miseria non fa altro che allargarsi maggiormente in quelle zone.

Vengono definite “baby factory” proprio perché si rivelano macchine per fare bambini. Neonati che diventano merce di scambio.

Le donne cedono i loro figli per cifre bassissime che a volte non superano i duecento euro. Spesso senza nemmeno sapere dove andranno a finire quei neonati appena partoriti.

Le fabbriche di neonati in Africa, ma dove finiscono questi bambini?

I piccoli vengono sottratti alle madri quasi subito e poi messi sul mercato. Dove sovente già ci sono acquirenti che attendono la consegna. Alla stessa stregua di un qualsiasi altro prodotto.

Meno di mille dollari per una femmina e poco più di mille per un maschio. Proposte di sconti per l’acquisto di fratelli ma viene praticato un sovrapprezzo per una coppia di gemelli maschi. Una compravendita che può arrivare fino a decine di migliaia di dollari, di cui alla madre biologica ne restano in tasca poco più di duecento.

Uno sconvolgente traffico di neonati con tanto di tariffario. A dimostrare come venga considerata, o forse sarebbe meglio dire non considerata, la vita umana in certi luoghi e soprattutto da certi personaggi.

Una volta appurato che i bambini vengono venduti come un qualsiasi altro prodotto la domanda che sorge spontanea è chi sono i compratori? e che fine fanno una volta entrati a far parte di questa tratta di esseri umani i bambini?

Una parte di essi ha la fortuna di essere adottata da famiglie che per tanti motivi non vogliono percorrere le vie regolari per adottare. Ma al rimanente, che comunque consiste in una buona parte di neonati, tocca un destino per nulla fortunato o roseo.

Vengono destinati al lavoro minorile, al mercato del sesso e addirittura ceduti a sette per essere utilizzati come sacrifici umani da impiegare in rituali.

In conclusione, però, nonostante diverse inchieste a tutto tondo hanno fatto emergere questa piaga, il traffico di neonati in Africa sembra un fenomeno difficile da arrestare.

Come riferito dall’UNESCO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) il traffico di bambini in Nigeria è uno dei maggiori crimini commessi in Africa, secondo solamente alla frode e al traffico di droga.

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Fonti:

  • Africa Express, 28 giugno 2014. Smantellato traffico di neonati tra Niger, Nigeria e Benin
  • Africa Express, 3 ottobre 2016. Nigeria: sempre più diffuse le fabbriche di neonati e i rapimenti di bambini
  • Vanguard, 3 maggio 2018. Lagos seals three baby factories rescues 162 abandon babies
  • “Nigeria – tratta di esseri umani. Rapporto COI 19 maggio 2020”. Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre. International Protection of Human Rights Legal Clinic
  • La Stampa, 10 luglio 2019. Missionario italiano denuncia: «Traffico di neonati in Niger»
  • Ansa, 30 settembre 2019. Nigeria: scoperta ‘fabbrica di bambini’. Liberate 19 donne dopo sequestro e stupro. I neonati venduti
  • Il Messaggero, 30 settembre 2019. Nigeria, donne messe incinte per vendere i neonati: scoperta una “fabbrica di bambini”
  • TV2000, 1 ottobre 2019. Nigeria, scoperta clinica dell’orrore. Neonati strappati alle madri e venduti (servizio video)
  • La Repubblica, 4 ottobre 2019. Nigeria, bambini in vendita: l’orrore delle ragazzine schiave nelle “Baby Factory”
  • Vanguard, 19 ottobre 2019. Baby factory: Seven rescued pregnant girls due for delivery
  • Vanguard, 22 novembre 2019. Foundation Campaigns Against ‘Baby Factories’, Child Trafficking
  • Vanguard, 26 febbraio 2020. 3 baby factories discovered in Imo
  • Askanews, 6 marzo 2020. Nigeria, liberate 12 donne e un neonato da “fabbrica di bambini”
  • Africa Express, 5 dicembre 2020. Nigeria: proliferano le fabbriche di neonati, traffico di esseri umani