Come sarebbe il mondo se si riuscisse a non produrre materiali di scarto durante la lavorazione di un qualsivoglia bene? La dottoressa Rebecca Cole, con il suo studio pubblicato da British Ecological Society, dimostra che la polpa di caffè, usualmente scartata, fa rinascere le foreste.
Dalla bacca alla tazza
La pianta del caffè, la Coffea, produce piccole bacche che possono raggiungere le dimensioni di una ciliegia. Può arrivare fino a dieci metri di altezza e fa sbocciare bellissimi fiori bianchi. È dentro ognuna delle sue bacche che sono racchiusi i due chicchi di una delle bevande più amate nel mondo. Bevanda che, vista la tradizione che l’ha vista crescere, ha portato l’Italia a candidarla addirittura come patrimonio immateriale Unesco.
La cosa fondamentale da tenere a mente, però, è che della bacca che viene raccolta, solo il chicco di caffè viene salvato. La polpa che avvolge quest’oro nero diviene semplicemente un prodotto di scarto inutilizzato.
Intanto in Costa Rica…
Ecco allora che un team di ricercatori delle università di Zurigo e delle Hawaii ha dimostrato come proprio questa polpa scartata possa essere una manna dal cielo per le aree deforestate.
Lo studio è stata condotto in un’area degradata in Costa Rica. Gli studiosi hanno scelto due appezzamenti di terreno simili in dimensioni e composizione. Dopo di che ne hanno cosparso uno con la polpa di caffè. La dottoressa Rebecca Cole, principale autrice della ricerca, ha affermato che il risultato ottenuto è stato straordinario. Nell’arco di due anni, il terreno ricoperto con la polpa di caffè si è trasformato in una e rigogliosa foresta. Il terreno campione, invece, è rimasto per lo più immutato.
Dopo due anni di analisi si è notato quanto il terreno cosparso con la polpa di caffè si fosse arricchito. Si parla di un forte incremento di nutrienti quali carbonio, nitrogeno e fosforo che aiutano e favoriscono lo sviluppo vegetale.
Ma la polpa di caffè ha anche un altro asso nella manica. Se da un lato aiuta le specie arboree native a crescere, dall’altro combatte lo sviluppo delle erbe infestanti. Queste infatti rappresentano una grossa barriera allo sviluppo della foresta. Fortunatamente però si è osservato che un alto strato di polpa di caffè ne rallenta incredibilmente lo sviluppo.
Green Future
Secondo la dottoressa Cole l’utilizzo di sottoprodotti di scarto come appunto la polpa di caffè potrebbero essere la soluzione agli attuali problemi mondiali. I costi di smaltimento si trasformerebbero in costi di riciclo e riutilizzo del materiale. Questo verrebbe poi sfruttato per riportare in vita aree deforestate e creando così un circolo virtuoso, verde, ed ecosostenibile. È uno scenario in cui tutti vincono.
Ovviamente, come prosegue la studiosa, lo studio è ancora in fase iniziale. La ricerca è stata condotta in un’area ben definita e seppure i risultati siano stati stupefacenti bisogna testare la polpa di caffè in altre zone. In due anni un terreno di 30×40 metri si è trasformato in una foresta, ma occorre ancora del tempo e monitorare gli effetti sul lungo periodo.
Oltre a questo, potrebbero venire avviati nuovi studi su altri sottoprodotti di scarto. Un esempio è quello delle bucce di arancia, che potrebbero raggiungere gli stessi risultati della polpa di caffè. Quale che sia il materiale di scarto, lo studio pubblicato da British Ecological Society fornisce lo spunto di riflessione per alcune tematiche importanti quali deforestazione, attenzione all’ambiente e produzione intensiva.
Come la stessa dottoressa Cole afferma, ci auguriamo che questo studio sia il trampolino di lancio per un’economia sempre più verde e sempre più volta a tutelare l’ormai sempre più delicato pianeta. E nell’attesa che ulteriori studi e risultati aiutino l’umanità a sopravvivere, non resta che continuare a compiere ogni giorno piccoli e semplici gesti in grado però di fare la differenza.
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