La storia, la lingua e la cultura definiscono un popolo e la propria identità, perdere tutto ciò significa disperdersi come civiltà e finire nell’oblio. Ogni conquistatore, sin dalla notte dei tempi, che si prefiggeva l’obiettivo di appropriarsi di terre e ricchezze non sue, aveva presente l’importanza di questi elementi. Annientare il nemico nel profondo della sua identità fa sì che egli non abbia più nulla per cui combattere, annientandosi di fatto da solo.
In Afghanistan, dunque, potremmo assistere alla definitiva distruzione dell’arte afghana?

Usiamo il condizionale perché le forze talebane continuano a proclamare che non toccheranno nulla, preserveranno e faranno in modo che nulla vada perso. Crederci? La storia non è dalla loro parte; tutti noi abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini di quando i maestosi Buddha di Bamiyan, VI secolo a.C., patrimonio mondiale Unesco, venivano spazzati via da una serie di granate posizionate in modo da non lasciare che nemmeno un brandello di esse potesse sopravvivere. E come dimenticare la notizia proprio di questi giorni dell’uccisione a sangue freddo di Fawad Andarabi, musicista folk afghano.

Ma in contrasto con tali notizie abbiamo i proclami talebani ,in cui si cerca di dare un’immagine più “moderna” e meno radicale, anche nel loro approccio ai beni culturali.

Le posizioni fondamentaliste islamiche sono notoriamente iconoclaste, cioè rifiutano qualsiasi tipo di raffigurazione di esseri umani e animali. È solo dell’anno scorso, per esempio, la loro presa di distanza dalla distruzione delle colossali statue nel 2001. Hewadwall, portavoce della sezione di Kabul della Alliance for the Restoration of Cultural Heritage ha sottolineato al National Geographic come i talebani pare abbiano compreso quanto il patrimonio culturale, l’arte, possano essere una merce di scambio molto preziosa e una base importante per le future relazioni internazionali. La distruzione dell’arte afghana potrebbe compromettere pesantemente eventuali futuri colloqui con i leader degli altri Paesi.

Tutto questo, però, non fa abbassare la guardia alle organizzazioni internazionali attive sul territorio a tutela dell’arte afghana.

Come non ha fatto abbassare la guardia ai curatori e archeologi afghani che, ancora prima della rapida conquista talebana, avevano iniziato a mettere in sicurezza le opere e i reperti. Purtroppo la presa talebana è stata più veloce e sorprendente di quanto tutti si aspettassero, ciò ha impedito che le intere collezioni fossero messe in sicurezza. Noor Agha Noori, a capo dell’Istituto di Archeologia dell’Afghanistan, e Mohammad Fahim Rahimi, direttore del Museo Nazionale dell’Afghanistan – che conserva una raccolta di circa 800.000 oggetti – entrambi a Kabul, sono in costante contatto con i colleghi delle altre città occupate e pare che sino a ora tutto sia abbastanza sotto controllo.

Anche l’ICOM (International Council of Museums) ha fatto sentire la sua voce.

Pubblicando una nota in cui si dice particolarmente allarmata dalle minacce affrontate dalla popolazione civile e dagli uomini e dalle donne dell’Afghanistan che dedicano la loro vita alla protezione del ricco e diversificato patrimonio culturale di questa nazione storica. L’ICOM “si aspetta che tutte le autorità in Afghanistan continueranno a rispettare l’integrità dei musei, delle loro collezioni e dei siti del patrimonio, nonché i professionisti del patrimonio che detengono e salvaguardano questo ricco patrimonio materiale e immateriale affidato a tutto il popolo afghano senza distinzione di etnia, genere o opinione politica.

Inoltre, ci aspettiamo che le autorità continuino a rispettare i loro obblighi internazionali di proteggere il patrimonio in quanto Stato parte della Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali e dei suoi protocolli, e della Convenzione dell’UNESCO del 1970 sui mezzi per vietare e prevenire l’importazione, l’esportazione e il trasferimento illeciti di proprietà di beni culturali”.

L’Afghanistan è un Paese ricco di cultura e di storia, è una commistione di più influenze culturali e religiose.

Essendo stata un’arteria importante sulla Via della Seta che fungeva da collegamento tra Cina, India, Iran. Influenze culturali appartenenti a zoroastrismo, cristianesimo, ebraismo e induismo hanno lasciato il segno nel Paese definendolo forse come uno tra i luoghi più eterogenei e multiculturali che si conoscano.

Azzerare tutto ciò significherebbe cancellare l’essenza stessa del popolo afghano e per noi tutti la perdita di una parte fondamentale del nostro passato. La speranza è che non si arrivi a un tale grado di aberrazione, nonostante i talebani ci abbiano purtroppo abituati anche a molto peggio.