Tra il 1932 e il 1945, il Giappone impose alle donne della Corea, Cina e altri paesi occupati a diventare prostitute al servizio del suo esercito
Le “donne di conforto” furono donne e ragazze obbligate dal Giappone a prostituirsi a favore dell’esercito.
I soldati giapponesi arrivati nei paesi da loro occupati, andavano di villaggio in villaggio e rapivano donne e ragazze per metterle a disposizione dell’esercito Giapponese per soddisfare i loro appetiti sessuali.
Il Giappone ha sempre negato sia i rapimenti e sia l’obbligo delle donne a prostituirsi.
La maggior parte delle donne rapite provenivano dalla Corea e dalla Cina, ma anche dalla Thailandia e da tutte le zone occupate dall’Impero Giapponese.
I giapponesi le chiamavano “comfort women” (donne di conforto) proprio perché il loro compito era quello di prostituirsi e dare conforto ai militari.
Le donne finivano in posti disumani, subendo violenza anche 40 volte al giorno.
Deportazione delle “donne di conforto”
L’esercito giapponese prelevava, in molti casi, le donne traendole in inganno.
Gli promettevano lavoro in fabbriche e nel mondo della ristorazione, ma una volta reclutate le chiudevano in centri di conforto e deportate poi in vari paesi.
La statua che fa infuriare il Giappone
Nel giardino botanico di Pyeongchang in Corea c’è una statua dedicata alle “donne di conforto”.
La statua mostra un uomo dai tratti nipponici che si inginocchia ai piedi di una giovane donna.
L’uomo inginocchiato somiglia al primo ministro giapponese Shinzo Abe, e ciò ha scatenato l’ira del Giappone.
Per il capo di gabinetto del Giappone la statua va contro le regole di “cortesia internazionale”.
La Corea si difende dicendo che l’uomo inginocchiato non è il primo ministro e che la statua è solo un simbolo per ricordare le donne schiavizzate.
La Corea condanna il Giappone
Dopo tante battaglie, un tribunale coreano tutela finalmente le donne di conforto.
Molte sopravvissute fanno causa al Giappone per i danni subiti durante la seconda guerra mondiale.
Molti tribunali però si oppongono al ricorso di queste donne.
Ma qualcosa cambia.
L’ 8 gennaio 2021 una sentenza condanna finalmente il Giappone a risarcire una somma di 75 mila euro a favore di 12 donne querelanti vittime dello sfruttamento subito dal Giappone.
Questo è il grande traguardo di una lotta giudiziaria durata 30 anni.
There is 1 comment on this post
Comments are closed.