È da tempo risaputo che le microplastiche pervadono il nostro pianeta, inquinandolo e compromettendo ecosistemi. Da poco tempo è arrivata un’altra sconcertante scoperta: si trovano anche nel sangue umano.

La plastica, si sa, è ovunque. Gran parte degli oggetti di uso comune sono composti da polimeri artificiali che l’ambiente non è in grado di decomporre. Tuttavia, fino a poco tempo fa, non era dato sapere se le microplastiche potessero avere un’influenza diretta sull’uomo. Un recente studio, condotto da ricercatori della Vrije Universiteit di Amsterdam, conferma la presenza di queste microparticelle nel sangue umano e le quantifica. Ma che impatto possono avere sulla salute?

Microplastiche: cosa sono?

Con il termine microplastiche si fa riferimento alle particelle derivanti da materie plastiche e aventi diametro compreso tra 0,1 e 5000 micrometri.

Possono dividersi in microplastiche primarie e microplastiche secondarie. Fanno parte, della prima categoria, tutte quelle particelle disperse direttamente in ambiente. Si parla di granuli presenti nei prodotti cosmetici, farmaceutici o nei detersivi, per esempio. Della seconda categoria, invece, fanno parte le particelle originate dalla disgregazione di altre, più grandi.

Dall’ambiente all’uomo

La loro dispersione nell’ambiente colpisce infidamente molti ecosistemi. Per fare un esempio, basti pensare all’ambiente marino dove le microplastiche impattano gravemente la catena alimentare.

Le particelle di plastica, infatti, si disgregano con la luce solare e scendono verso il basso, dove vanno a interagire con gli abitanti marini. A partire dai fitoplancton per poi passare a svariate specie di pesce e, infine, all’uomo, ecco come la plastica impatta la vita umana.

La scoperta

Lo studio, condotto da alcuni ricercatori della Vrije Universiteit di Amsterdam e pubblicato su Environment International, si prefissava l’obbiettivo di dimostrare la presenza di microplastiche nel sangue umano.

È stato scelto un campione di 22 volontari, anonimi e, come specificato nella pubblicazione, dotati di buona salute. Nel loro sangue sono stati ricercati principalmente cinque polimeri di comune impiego: polipropilene (PP), polietilene (PE), polietilene tereftalato (PET), polistirene (PS) e polimetilmetacrilato (PMMA).

Le quantità riscontrate variano, anche se a prevalere è il PET, comunemente impiegato nella produzione di bottiglie di plastica o di contenitori per cibo. Seguono polistirene e polietilene.

Secondo gli studiosi, queste particelle entrano nel corpo umano attraverso la respirazione, il consumo di acqua e cibo, attraverso l’utilizzo di prodotti cosmetici e non da ultimo, attraverso le ormai familiari mascherine chirurgiche.

I risultati

Questo esperimento ha, per la prima volta, non solo dimostrato la presenza di microplastiche all’interno del sangue umano ma le ha anche quantificate.

Si tratterebbe di una quantità pari a 1,6 microgrammi per millilitro di sangue, praticamente un cucchiaino di plastica ogni mille litri di acqua. Un risultato preoccupante?

La risposta è incerta. La concentrazione è estremamente bassa, tanto da poter essere considerata “non preoccupante”. Tuttavia, non è ancora dato di sapere se la presenza di queste particelle possa influenzare o meno il funzionamento dell’organismo, per questo motivo risulta estremamente importante continuare con la ricerca in questo campo.

I risultati ottenuti dallo studio sono, comunque, da prendere con dovuta cautela. Appare evidente, infatti, che il campione esaminato è molto piccolo. Ma questa scelta di un numero ristretto di persone è dovuta al fatto che il processo necessario a questo tipo analisi è estremamente complesso e particolarmente costoso.

Nel dubbio – e a favore di una vita più ecologica e sostenibile – la scelta sarebbe quella di ridurre il consumo di plastiche nella vita quotidiana.


Foto di Anna Shvets