Continuiamo la storia della vita di una donna innovativa e carismatica tra gioielli iconici e profumi immortali

La scorsa settimana abbiamo ripercorso a grandi tappe la vita di Gabrielle “Coco” Chanel attraverso questo articolo ricco di citazioni della grande stilista.

L’influenza inglese.

Ci eravamo fermati alla Petite robe noire (o Little Black Dress) del 1926. Più o meno negli stessi anni Chanel conobbe a Montecarlo il duca di Westminster, noto come Bendor. Era uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra e, nonostante ciò, di lui Gabrielle dirà:

“Non aveva mai nulla di nuovo; dovevo andare io a comprargli le scarpe”.

Fu grazie alla conoscenza di quest’uomo, dedito alla caccia e alla pesca, che Chanel conobbe il tweed, tessuto caldo, confortevole e robusto di origine scozzese di cui erano fatte le giacche e i gilet del suo compagno per le sue attività all’aperto. Chanel ebbe l’intuizione di rendere questo tessuto meno rigido e più leggero e di realizzarci le prime giacche e i tailleur da donna, con cintura bassa e pratiche tasche sul davanti.

Bendor regalò a Coco tanti gioielli di gran valore: lei li amava e, tra tutti, prediligeva le perle. Tuttavia, con la sua classica modalità innovativa, decise di unire spesso perle vere a perle false e rinnegò l’idea che i gioielli debbano essere indossati solamente nelle occasioni importanti. Lei stessa spesso abbinava lunghe collane di perle a maglioni di lana o giacche di tweed disprezzando, come sempre, ciò che “diceva la tradizione”.

“Niente somiglia a un gioiello falso quanto un gioiello vero”.

L’influenza bizantina e la nascita di un gioiello unico.

Fu nel 1927 che Gabrielle conobbe Fulco Santostefano della Cerda, duca di Verdura e figlio di una nobile famiglia siciliana. Egli amava l’arte bizantina e, proprio insieme a Coco, visitò la basilica di San Vitale a Ravenna, ricca di maestosi mosaici. Dall’unione di questi due grandi spiriti creativi e irriverenti, nacque il famoso bracciale con croce maltese composta da pietre preziose e semipreziose su una base di metallo smaltato bianco. Era un gioiello unico, molto appariscente e dallo stile barocco che combinava lusso e artigianalità.

Le collaborazioni oltre il campo della moda continuarono anche nel 1932, anno in cui Gabrielle presentò una sua collezione di diamanti su incarico della Diamond Corporation Limited di Londra. Ne nacquero settantasette creazioni che Chanel presentò nella sua abitazione privata di Parigi, con il nome di Bijoux de Diamants. I suoi gioielli si articolavano tutti su tre motivi: la piuma, la stella e il fiocco. Le creazioni erano esposte su busti di cera elegantemente vestiti e ricchi di dettagli. Tale mostra ebbe un successo strepitoso anche se, ovviamente, non mancarono le polemiche di gioiellieri e critici dell’epoca che la considerarono un’ “invasione di campo” e, forse, ne ebbero paura.

“Non sopporto i fermagli! Me ne sono liberata! Eppure, i miei gioielli possono comunque essere trasformati”.

Proprio come i suoi vestiti, spesso perfetti da mattino a sera solo con piccoli cambiamenti, anche i gioielli di Coco Chanel erano “multitasking”: potevano fare sia da “bottoni” per i vestiti che da fermagli per i capelli, essere allo stesso tempo diademi per la nuca o collane, ma i troppo strette (come per gli abiti, Chanel prediligeva la comodità e la libertà).

Numero 5, la nascita di una fragranza immortale.

Già dal 1920 Gabrielle Chanel sognava di creare un profumo che fosse elegante e raffinato, lontano dalle note floreali spesso opulente che si utilizzavano per le donne fino ad allora. La conoscenza del profumiere Ernest Beaux le permise di raggiungere anche questo intento, come abbiamo raccontato in questo articolo dello scorso Maggio (centenario della fragranza femminile più famosa al mondo). Beaux, nel suo laboratorio a Cannes, aveva preparato dieci piccoli campioni per Coco Chanel, numerati dall’1 al 5 e dal 20 al 24. Il lettore potrà forse immaginare qualche campione catturò l’attenzione (e l’olfatto) di Mademoiselle Chanel.

“Sono una couturier. Non voglio rose o mughetti; voglio un profumo elaborato”.

Chanel era convinta che il suo profumo avrebbe avuto successo, perciò decise di renderlo molto costoso da riprodurre. Per questo convinse Beaux ad aumentare la percentuale di aldeidi (i composti sintetici che iniziavano a ridefinire l’arte profumiera conferendo freschezza e un senso di pulito) all’1%, una quantità altissima per l’epoca.

Anche per la boccetta che doveva contenerlo, Chanel abbandonò i flaconi con decorazioni floreali o in stile gioiello. Scelse un contenitore più semplice e sobrio, in stile art dèco, di vetro trasparente e con una etichetta senza fronzoli: “Chanel N°5”. Il 5 era il campione che Gabrielle aveva scelto, ma era anche il suo numero fortunato e per questo decise di presentare la sua fragranza il 5 di Maggio.

Circa trent’anni dopo, ancora tra i profumi femminili di lusso più desiderati al mondo, conobbe nuova fama grazie alla celebre frase pronunciata dall’attrice Marilyn Monroe. Un reporter di “Life Magazine” le aveva chiesto cosa indossasse prima di andare a letto. Lei rispose con una frase che passò alla storia:

“Due gocce di Chanel n° 5”.

Le ultime creazioni a completamento del suo total look.

Impossibile riassumere in due brevi articoli la vita, il carattere, l’inventiva e soprattutto le creazioni e le innovazioni di un personaggio come Gabrielle Coco Chanel. Il suo ritorno in passerella dopo il Secondo conflitto mondiale (lei che aveva vissuto anche il Primo), fu l’ennesimo successo nonostante le malelingue e le altissime aspettative.

Ai suoi total look, ormai divenuti segno e simbolo di eleganza e bellezza, ma anche di emancipazione e libertà, Chanel volle aggiungere un’iconica borsa con tracolla a catena (tutt’ora in gran voga, il modello Chanel 2.55 – in ricordo del mese e dell’anno in cui fu presentata per la prima volta). Lei stessa era stufa di tenere in mano le classiche e scomode pochette o clunch (che puntualmente perdeva). Fumatrice incallita, era anche sempre indaffarata a stringere mani, puntare spilli, provare qualsiasi tipo di sport: doveva avere le mani libere. E, se era questo ciò di cui aveva più bisogno in quel momento, significava che gran parte delle donne avevano lo stesso bisogno (e diritto).

Stessa cosa per le tasche dei suoi tailleur: erano grandi, e non minuscole a voler contenere soltanto un fazzoletto di stoffa. Esse dovevano invece far posto alle mani, visto che il gesto “sfrontato” di tenerle in tasca, in pubblico, era prerogativa maschile (fino ad allora).

Infine, l’intuizione sulle scarpe: beige, ma con punta nera, tacco di sei centimetri, comodo dal mattino alla sera per le nuove impiegate e segretarie e della giusta altezza per slanciare in modo proporzionato la figura. Le decolté bicolore andarono a completare il famosissimo look Chanel nel 1955.

Gabrielle Coco Chanel morì domenica 10 Gennaio 1971, all’età di 87 anni, presso la suite dell’hotel Ritz di Parigi, che fu la sua casa per molti anni e luogo aperto a pochissimi intimi.

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