La libreria del buon romanzo di Laurence Cossé (Edizioni E/O, 2010) non è un romanzo qualsiasi. E vi spieghiamo perché bisogna ancora leggerlo a più di dieci anni di distanza dalla sua prima pubblicazione italiana.
Prima di tutto La libreria del buon romanzo è scritto da una pluripremiata autrice, la francese Laurence Cossé, che ha un passato di critica letteraria. In seconda istanza perché è una feroce, ma al tempo stesso raffinatissima, critica all’establishment editoriale francese. Benché tale critica sia estendibile al mondo editoriale nel suo insieme.
La trama è semplice.
Due amici, Francesca e Van, decidono di aprire una libreria dove si vendano però solo ed esclusivamente romanzi di qualità. Il primo intoppo è, ovvio, stabilire quali romanzi abbiano un certo valore letterario e quali no. Il giudizio di due sole persone potrebbe essere arbitrario. Così i due decidono di istituire un comitato di otto scrittori, che in completa autonomia e godendo dell’anonimato, stilano ciascuno una lista di seicento romanzi che non devono assolutamente mancare in una libraria in cui venga privilegiata la qualità e non il profitto economico.
L’operazione riesce, la libreria “Au Bon Roman” (Al Buon Romanzo) viene aperta e tutto sembra filare liscio. Per lo meno fino a quando le case editrici di libri commerciali, che la Cossé definisce senza tanti preamboli “spazzatura”, non si ribellano. Far tornare di moda il talento e la qualità a discapito degli introiti? Mai sia! Si scatena così una lotta senza esclusione di colpi fra i due coraggiosi librai e l’intero establishment culturale francese. Si arriva persino alle aggressioni fisiche ai singoli membri del comitato in un crescendo di colpi di scena che farebbe invidia al più accorto autore di gialli. Laurence Cossé non risparmia nessuno e sferza un durissimo attacco al sistema:
“Quelli che accuso, e che ho definito una sfera d’influenza, sono in realtà non più di un centinaio di persone. Un dato che stupisce, visto che comprende il mondo degli autori, dell’editoria, della stampa e delle librerie, anche contando che molti di loro ricoprono vari incarichi, cioè sono contemporaneamente scrittori, giornalisti, editori e giurati. Tra i romanzieri furiosi perché nessun loro libro figura al Buon Romanzo alcuni hanno la mano lunga. Per esempio fanno parte di giurie letterarie, quindi hanno in pugno quei giornalisti che sono anche autori loro stessi e che anelano a un premio. Altri, o magari gli stessi, occupano una posizione all’interno della stampa, motivo per cui, se ben disposti verso gli editori e le loro pubblicazioni, vengono favoriti nei premi, tanto più sapendo quanto alcuni editori puntino a negoziare i premi direttamente con i giurati. Per assicurarsi la loro fedeltà, quegli stessi editori li pubblicano indipendentemente dalla mediocrità di quel che scrivono.”
Un libro, La Libreria del Buon Romanzo, che fa riflettere il lettore meno accorto e che dà delle risposte anche al lettore attento e atterrito dai troppi titoli in commercio. Non stupisce che della traduzione e pubblicazione in Italia di questa perla rara si sia occupata la casa editrice E/O che da sempre si distingue per la scelta dei titoli (italiani e stranieri) che pubblica.
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