La Milano Fashion Week si è conclusa da pochi giorni e tra le novità di questa edizione possiamo certamente citare il “caso” Lila Grace Moss Hack, figlia della famosa top model Kate.
Lila Moss, appena 19enne, ha sfilato in occasione dell’evento condiviso di due case di moda famosissime (Fendi e Versace, non a caso denominato “Fendace”) esibendo su una gamba un microinfusore di insulina senza catetere, l’Omnipod, da molte persone scambiato per una sorta di “cerotto tridimensionale”.
Una scelta coraggiosa. Di certo non obbligata, in quanto le persone affette da diabete di tipo 1 possono anche temporaneamente abbandonare la terapia con microinfusore e/o sensore, se lo vogliono. Ma possono anche tornare alla vecchia terapia multiiniettiva (iniezioni giornaliere multiple di insulina basale e rapida ai pasti e misurazione della glicemia più volte al giorno).
Lila, tendenzialmente restia finora a parlare della sua malattia, non ha mai però evitato foto che la ritraessero con i suoi dispositivi medici. E la scelta di esibirlo in maniera evidente in passerella è stata certamente più eloquente di mille parole. “Non si vede da fuori, nessuno può saperlo solo guardandoti”, aveva dichiarato. E forse questo è stato il motivo principale per il quale non ha voluto liberarsene alla Milano Fashion Week. Tornando a far parlare (anche) di diabete tipo 1, molto spesso sconosciuto rispetto al più famoso e diffuso “diabete tipo 2”.
La terapia multiiniettiva di insulina, tra l’altro, è quella più spesso scelta e utilizzata dalle persone che fanno lavori in cui ci si muove molto, in cui ci sono cambi repentini di abito. Come ad esempio proprio la professione di modella o di attrice, ma anche atleti professionisti. Poiché se non si presta particolare attenzione o se si suda molto si rischia di staccare involontariamente i dispositivi sprecandoli letteralmente e dovendoli reinserire ex novo. Insomma, una bella seccatura.
IL DIABETE TIPO 1
Avevamo parlato di diabete tipo 1 e dei 100 anni dalla scoperta dell’insulina, che si ricorda proprio in questo 2021, qui. Ricordiamo soltanto che tale patologia, di origine autoimmune e forse ereditaria (ma non sono ancora chiare le cause scatenanti), è la forma più rara tra le varie esistenti al mondo di diabete e colpisce soprattutto bambini, anche neonati, e adolescenti.
Il pancreas smette di produrre insulina. L’ormone regolatore dei livelli di zucchero nel sangue (glicemia) e così per vivere è necessario iniettarla dall’esterno più volte al giorno. Facendo attenzione ad evitare il più possibile casi di iperglicemia e di ipoglicemia che possono portare anche ad uno stato di coma.
Una malattia con la quale oggi è possibile convivere meglio, grazie ai dispositivi tecnologici sempre più precisi e di dimensioni ridotte che permettono di avere sotto controllo il valore della glicemia (sensori, solitamente attaccati alle braccia) e altri che infondono costantemente una glicemia basale h24 (microinfusori), alla quale bisogna aggiungere quella variabile dei pasti, cercando di calcolarla il più precisamente possibile tenendo conto non soltanto di quanti carboidrati si assumeranno, ma anche quanti grassi, se e quanto ci si muoverà dopo (esercizio fisico), se e quanto potremmo essere stressati e produrre adrenalina (che tendenzialmente fa innalzare la glicemia). Insomma, i fattori da tenere sott’occhio sono veramente tanti e la persona con diabete tipo 1 deve diventare un po’ medico di se stessa. Conoscere tanti parametri per poter essere indipendente e serena.
PRISCA GULIENETTI, MODELLA ITALIANA DT1
La modella italiana portavoce in questo senso è certamente Prisca Hartmann Gulienetti, 22enne romana che ha deciso da qualche anno di non rinunciare al suo sensore di glicemia al braccio (il Freestyle Libre, un misuratore dalla forma rotonda e grande come una moneta da due euro) per le foto e le sfilate di moda (recentemente era presente al Red carpet di Venezia con il suo bottoncino bianco in vista!). Da tempo collabora con Fondazione Italiana Diabete per sensibilizzare sul tema del diabete e il suo profilo Instagram (@priscahg) è seguito anche da tanti “colleghi dt1” (come si chiamano in gergo le persone affette da diabete tipo 1), ma anche da tantissimi dt3 (denominazione “affettuosa” rivolta alle persone che convivono con i dt1 e che spesso se ne occupano, nel caso ad esempio di genitori di bambini piccoli).
SIERRA SANDISON, MISS IDAHO 2014 E NICOLE JOHNSON, MISS AMERICA 1999
Esempio famoso di donne che esibiscono il proprio corpo e hanno scelto in qualche modo di mostrare anche la malattia è certamente Sierra Sandison, classe 1993, incoronata Miss Idaho (negli Usa) nel 2014. Sierra ha sfilato in costume da bagno e con il suo microinfusore con catetere agganciato ad esso.
“Dopo la diagnosi nel 2012 – ha raccontato Sienna nel suo blog – ho fatto finta di non esser malata, sperando che “andasse via”… Quando ho iniziato a competere mi facevo le iniezioni. Non volevo che la gente vedesse il dispositivo attaccato al mio corpo. Mi vergognavo. Poi ho saputo che Nicole Johnson, Miss America 1999, portava un microinfusore di insulina e il mio punto di vista è cambiato. Anche con quel dispositivo addosso era sempre bellissima”.
Nicole, sfilando per Miss Virginia, era svenuta a causa di un’ipoglicemia e da allora aveva iniziato a parlare della sua malattia.
Sierra, che ha diffuso le sue foto tramite i social network con l’hashtag #showmeyourpump, ovvero “mostrami il tuo microinfusore di insulina”, ha conquistato immediatamente tutto il pubblico del web, divenendo una vera e propria eroina per tutte le ragazze affette da diabete di tipo 1.
“Hai cambiato l’estate di mia figlia di 11 anni! Scriveva una madre sul profilo Facebook della modella . Dopo aver visto le tue foto non ha più paura di andare in spiaggia, anzi non vede l’ora di mostrare la sua pompa per l’insulina attaccata al suo costume”.
ESEMPI PER GLI ALTRI
La scelta di Lila Moss di sfilare esibendo con tranquillità una parte di sé, anche se artificiale. Ha riaperto i dibattiti sulle disabilità, sulle discriminazioni, sull’importanza della consapevolezza, sul non doversi nascondere o vergognare. Ma anzi in qualche modo mostrare che tutto è possibile, anche se difficile (come ci hanno insegnato, non molti giorni fa, molti atleti paralimpici).
Grazie allora anche a Lila, perché è un esempio che può aiutare molte giovani ragazze (e ragazzi) ad accettare più facilmente la propria malattia.
There are 2 comments on this post
Comments are closed.