Stefania Renzi è un ingegnere di origini marchigiane. Qui su Pink Magazine Italia per la rubrica #WomenInBusiness ci racconta il suo lavoro, da sempre considerato appannaggio maschile ma che invece ha una forte componente femminile.

Stefania Renzi per Women in Business.

Mi laureo nel 2010 alla Politecnica delle Marche, nel complesso definirei la mia esperienza positiva. Ho conosciuto una realtà nuova in un ambiente diverso da quello a cui ero abituata, ma in cui mi sono subito trovata bene. Non nego che ci siano stati momenti difficili, e nonostante le ore di studio che a volte mi sono sembrate insormontabili, sono riuscita quasi sempre a raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissata.

L’ingegneria non è una mia passione da sempre, ho cominciato a interessarmi a questo ambito verso la fine delle scuole superiori, grazie a un amico di famiglia ingegnere meccanico.  

Inizialmente pensavo che avrei intrapreso anche io quel percorso ma, con il tempo, mi ha affascinato la salvaguardia dell’ambiente e ho deciso di iscrivermi a Ingegneria Civile e Ambientale. L’obiettivo del Corso è quello di formare ingegneri in grado di affrontare la progettazione e la gestione delle opere e delle infrastrutture tipiche del settore civile. E di operare nel campo della salvaguardia dell’ambiente da rischi naturali e antropici. Come il controllo e la gestione della qualità dell’aria, la caratterizzazione e il trattamento di reflui e rifiuti. Un mondo affascinante, specialmente in questo momento storico in cui il clima è sempre più “pazzo”.

Ho studiato mentre lavoravo facendo la “gavetta” presso Studi Tecnici dove ho affrontato la maggior parte delle tematiche riguardanti la ristrutturazione di unità immobiliari di tipo residenziale, dal rilievo al progetto, direzione lavori, assistenza all’esecuzione dell’opera sino alla fine lavori. Appena laureata ho vinto una borsa lavoro con la Regione Marche che mi ha permesso di essere poi assunta presso una Società che si occupa di progettazione impianti a energie rinnovabili.

Mi sono occupata di tutti gli obblighi documentali richiesti per la realizzazione di impianti a energia rinnovabile come per esempio, la definizione delle specifiche di progetto, la definizione dei criteri di rispondenza a standard di qualità e sicurezza e la richiesta dei permessi necessari alla costruzione presso le autorità competenti. Dopo qualche anno decisi di cambiare strada e dedicarmi al settore della finanza agevolata e consulenza aziendale.

Lavori in uno studio che si occupa di finanza agevolata e consulenza per grandi aziende. Qual è stato il tuo percorso di studi?

A oggi la maggior parte del mio tempo è dedicata alla consulenza alle aziende per pratiche di finanza agevolata, nello specifico parliamo di INDUSTRIA 4.0, operando su tutto il territorio nazionale. L’industria 4.0, anche detta quarta rivoluzione industriale, è il fenomeno più quotato del momento in tema di innovazione. Il concetto di Transizione 4.0, noto come “Piano Nazionale Industria 4.0”, consiste in una serie di agevolazioni che favoriscono gli investimenti a sostegno dell’innovazione tecnologica e digitale all’interno dei processi industriali. Chi ne usufruisce ottiene evidenti benefici in termini di innovazione e competitività. Nell’era di Industria 4.0 abbiamo assistito oltre centinaia di aziende fornendo la consulenza necessaria e redigendo le perizie per l’ottenimento dei benefici di Industria 4.0.

Le tecnologie abilitanti che convenzionalmente caratterizzano l’industria 4.0 sono: Robotica avanzata. Manifattura additiva. Realtà aumentata. Integrazione orizzontale/verticale. Simulazione. Industrial Internet o Internet delle cose applicato all’industria. Cloud. Cyber-Security. Big Data e analitiche

Si parla da mesi di Industria 5.0, evoluzione naturale dell’Industria 4.0 e  si basa sullo sviluppo a ritmi serrati di tecnologie 4.0 sempre più potenti, in particolare nei settori dell’Ict, AI e robotica, che stanno portando alla realizzazione di Cyber Physical System (Cps) e dispositivi IoT sempre più potenti.

Rispetto a Industria 4.0, l’industria 5.0 sarà però una Collaborative Industry, ossia un modello di impresa caratterizzato dalla cooperazione tra macchine ed esseri umani, con il fine ultimo di dare un valore aggiunto alla produzione creando prodotti personalizzati che rispettino le esigenze dei consumatori.

Secondo la visione dell’Unione Europea, “Industria 5.0 è in grado di apportare benefici all’industria, ai lavoratori e alla società”, si legge nel paper della Commissione “Industry 5.0: verso una industria europea sostenibile, human centric e resiliente”. L’industria 5.0 impatterà fortemente sui modelli di organizzazione produzione delle aziende.  Al centro del nuovo modello di produzione industriale ci sono l’approccio human centric, la sostenibilità e la resilienza. Approccio human centric significa che la tecnologia deve essere utilizzata per adattare il processo di produzione alle esigenze del lavoratore e che i sistemi e le piattaforme non interferiscano con i diritti fondamentali dei lavoratori e rispettino la dignità umana. Per quanto riguarda la sostenibilità, lo stress è sull’abilitazione di modelli di economia circolare e di efficienza energetica mentre la resilienza si riferisce all’obiettivo di sviluppare un più alto grado di robustezza nella produzione industriale e delle infrastrutture critiche.

Vedremo cosa succederà, siamo pronti all’innovazione.

Stefania, sei una donna ingegnere. È ancora un mondo prevalentemente maschile o si sta aprendo alle donne?

Sicuramente è un mondo che si è aperto all’universo femminile, lo dimostra anche il rapporto del centro studi CNI dal titolo “L’universo femminile nell’ingegneria italiana” che evidenzia come il numero di donne laureate nei vari corsi di ingegneria sia notevolmente aumentato negli ultimi 20 anni, di fatto cancellando il fenomeno che faceva di questi corsi una questione prettamente maschile.

Un certo ‘gap’ rimane però tutt’ora visibile nella retribuzione economica: a 5 anni dalla laurea c’è una differenza media che va dal 7% nell’ingegneria industriale al 13% in quella edile o architettura.
Tra gli ambiti del sapere, poi, l’ingegneria è senza dubbio uno di quelli considerati, in maniera pregiudizievole , tipicamente maschili. “Cose da ragazzi”, per l’appunto.

Io posso testimoniare che l’ingegneria è davvero un ambito declinato al maschile, nonostante siano stati fatti importanti passi in avanti, il ruolo delle donne ingegnere fatica ad emergere e nonostante siano un’eccellenza nel mondo delle professioni tecniche le donne non vengono ancora considerate adatte ad un ruolo di leadership professionale come i colleghi maschi. Ho lavorato per aziende dove la presenza maschile era ancor più forte e dove la componente femminile era veramente minima. Questo non ha ostacolato il mio percorso.

I pregiudizi hanno mai influito sul tuo lavoro? E se sì, perché?

I pregiudizi hanno influito sia sul mio operato che sul mio approccio alla materia. È dura inserirsi in un contesto prevalente maschile, si lotta e ci si scontra troppo spesso col pregiudizio. Lo stesso concetto espresso da un ingegnere donna non ha lo stesso valore di quello espresso da un ingegnere uomo. Sicuramente è un’affermazione impopolare, ma è la realtà e per quanto tu possa far finta che non sia così lo è! Siamo talmente legati all’idea che in determinati ruoli ci vuole un uomo, che le candidate donne non le vediamo neanche più. E questa incapacità di pescare a fondo nel mare di talenti che gli HR hanno a disposizione, impedisce di fatto di cogliere molte opportunità.

Stefania, raccontaci di una sfida che hai affrontato e di cui sei fiera.

Se parliamo di sfida, racconto questa esperienza avvenuta qualche anno dopo la laurea. Fui incaricata di seguire alcuni cantieri in Spagna per la totale ristrutturazione di unità immobiliari ubicate nella città di Valencia a fini di locazione turistica. Mi spaventai, oltre alla parola “Hola” non conoscevo affatto la lingua. È stata una bella sfida, stimolante e affascinante che mi ha permesso di integrarmi in una Paese ricco di cultura e tradizioni. Un’esperienza dura, le difficoltà con la lingua, le leggi del posto, l’approccio con le varie maestranze coinvolte in un progetto di ristrutturazione edile. Nel giro di pochi mesi presi padronanza della lingua, l’istinto di sopravvivenza ti fa far cose che non penseresti mai di fare. È andato tutto bene, alla fine con la buona volontà e tanta pazienza gli ostacoli si superano.

Che consiglio daresti a una ragazza che vuole intraprendere la tua carriera?

A una ragazza futura “ingegnera” direi: “Lascia che il tuo scopo ti guidi, facendo l’inventario dei tuoi interessi, passioni e punti di forza. Non accettare subito la prima proposta di lavoro, fai più colloqui e contratta prima di accettare un’offerta di lavoro. Non ti scoraggiare se vedi gente che si vanta che prende di più, invece cerca di capire come ha fatto. Il lavoro non è schiavitù e non temere di cambiare lavoro se ti senti oppressa. Fai un piano per gestire la tua vita, con gli obiettivi che vuoi raggiungere, altrimenti saranno gli altri ad importeli. La vita è una cosa seria, ma ciò non significa che non devi ridere lungo la strada. Ridere ha poteri curativi, quindi trova qualcuno con cui ridere. La gioia è contagiosa, quindi contribuisci a diffonderla in lungo e in largo. Scherzare ed essere allegri aiuta tantissimo e alleggerisce il lavoro…E ricorda la salute, il sonno e la famiglia sono più importanti dei soldi”

Il tuo prossimo obiettivo lavorativo?

I miei obiettivi per il futuro sono quelli di oggi, continuare a lavorare nel mondo della consulenza aziendale. Oggi vedere dove sono è un ottimo risultato, ma sono consapevole che ho molta strada da fare. Nonostante tutte le avversità e le frustrazioni che posso aver vissuto, ho imparato a darmi una pacca sulla spalla e guardare avanti.

Nella società di oggi, la vera ricchezza è il tempo, e se mi dovessi rimproverare qualcosa è proprio questo aspetto, cercare di garantire sempre di più un buon equilibrio tra vita privata e vita lavorativa.