Made in Italy, la serie Tv prodotta da Taodue e The Family, trasmessa in prima visione assoluta su Prime Video. Racconta la nascita della moda prêt-à-porter nella Milano del 1974. La protagonista è Irene Mastrangelo, interpretata da Greta Ferro, ventitreenne figlia di immigrati del Sud, che lavora nella redazione della rivista di moda Appeal. Vi spieghiamo perché questa serie non ci ha convinto.
È un no sofferto quello che diciamo a questa serie tv. Non perché ci faccia piacere stroncare tutto ciò che è italiano, ma perché è un’occasione sprecata. Non si può parlare di moda italiana scimmiottando i film americani. E con tutto il rispetto per i signori attori che sono stati chiamati a interpretare ruoli un po’ troppo cliché.
Come la direttrice “cattiva”, interpretata da Margherita Buy, troppo simile anche nel taglio di capelli all’impareggiabile personaggio di Miranda Priestly in Il Diavolo veste Prada. O ancora, il braccio destro di lei, ovviamente gay (vi ricorda qualcuno, per esempio un personaggio interpretato da Stanley Tucci?) che viene impersonato da Maurizio Lastrico. Assieme a Sergio Albelli, è l’unico motivo per cui non si abbandona la visone alla prima puntata. Lastrico è bravissimo nonostante sia imbavagliato in un ruolo davvero troppo stretto per il suo talento.
In tutto questo ci si chiede perché?
Perché, per cominciare, quando Irene, la protagonista, fa il suo improbabile colloquio di lavoro la prima cosa che le dice la Buy è che non ci capisce nulla di moda? Perché lo stereotipo del fotografo che se le fa tutte, passateci il termine, deve viaggiare di pari passo con l’amica un po’ stronzetta, che però poi si rivela tanto carina con Irene? Perché questo eterno ritorno di visto e rivisto? Abbiamo così poco da dire noi italiani sulla moda? Non rappresenta forse 71,7 miliardi di euro (nel 2018, +22,5% sul 2014 e +3,4% sul 2017), con peso crescente sul Pil (1,2% contro l’1,1% 2014). E la prospettiva di 80 miliardi nel 2021? Dati e stime sono dell’Area studi Mediobanca sul sistema moda. Con un approfondimento Prometeia, considerate 173 aziende italiane con fatturato 2018 oltre 100 milioni e i 46 principali gruppi europei con fatturato sopra 900 milioni (fonte ANSA).
Perché perdere l’occasione di parlare di Valentino, Elio Fiorucci, Gianfranco Ferré, Mila Schön, Gianni Versace, Giorgio Armani, Missoni e Krizia deve essere buttata alle ortiche? Eppure le premesse c’erano tutte: una ragazza sveglia, un ambiente ostile, la storia grandiosa del Made in Italy.
Se l’idea originaria era celebrare la moda italiana raccontando il suo periodo d’oro degli anni Settanta, ci dispiace davvero che non sia riuscita. Di notevole c’erano i costumi, per la prima volta gli originali dell’epoca, che però non sono bastati a salvare la serie Tv. Nel progetto erano infatti coinvolte grandi firme della nostra moda, come Fiorucci, Missoni, Krizia e Valentino.
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