Sta spopolando sui social per la sua bravura, è esempio di chi non si arrende nemmeno davanti alle difficoltà dettate dalla pandemia ancora in corso. Attrice di teatro che adora insegnare a recitare, ragazza talentuosa piena di sogni ma con i piedi per terra. Stiamo parlando di Ludovica Di Donato, romana, laureata in legge ma col sogno della recitazione cucito addosso dalla nascita.
Se dovessi presentarti alle lettrici di Pink Magazine Italia, cosa racconteresti di te?
Mi chiamo Ludovica, per gli amici Ludo; mi piace quando mi si chiama Ludo. Sono un’attrice ma solo ora che ho 35 anni riesco finalmente a dirlo, dopo tanti anni. Sono laureata in legge, mi piace studiare, e da qualche anno a questa parte ho scoperto il mondo dell’insegnamento. Non sapevo che potesse piacermi così tanto. Nel nostro settore l’attore che poi si mette a insegnare non è molto ben visto, poiché rischia di passare come l’attore che non ce l’ha fatta. Al contrario, per me chi insegna recitazione è importante, in quanto trasferisce a qualcun altro una conoscenza sempre utile.
Quando hai scoperto la passione per la recitazione?
Ho scoperto il mondo della recitazione quando ero nella pancia di mamma. Non c’è stato un momento esatto in cui ho detto “mi piace” oppure “ho scoperto il mondo della recitazione”. Ricordo che fin da bambina l’ho sempre fatto, senza che nessuno me lo abbia fatto conoscere o scoprire. È una cosa innata, che poi col tempo ho affinato e scoperto sempre di più. In un certo senso l’ho anche accettata, con il passare degli anni.
Per quanto riguarda il tuo percorso artistico, vogliamo ripercorrerne le tappe?
La prima tappa più importante è stato l’anno in cui sono entrata in accademia, l’Accademia d’Arte Drammatica Teatro Quirino Vittorio Gassman, che mia madre mi aveva indicato, da sempre mia sostenitrice. Lì c’è stato un momento di svolta. Nel frattempo, studiavo ancora all’università ed è iniziato quindi un percorso a doppio binario. Lavoravo, studiavo per l’accademia e in più davo gli esami all’università. Sempre mia madre mi diceva, appunto, “laureati perché un pezzo di carta è sempre utile”.
Ho dovuto fare un master in comunicazione digitale e avere quello strumento in più che poi, inaspettatamente, mi ha aiutato nel periodo del lockdown. Ripensandoci ora, la mia fortuna è stata quella di creare dei rapporti sani, efficaci, che mi hanno portato a una crescita lavorativa. Ad esempio, il rapporto con Michele La Ginestra direttore artistico del Teatro 7 di Roma. Con lui ho lavorato così tanto da arrivare al Sistina, altra tappa importante del mio percorso. Con lui ho imparato anche a stare dall’altra parte, dalla parte della regia, diventando il suo aiuto-regista. Per me è stato importante anche aver conosciuto un altro regista che mi ha permesso di andare a Segesta, e di poter recitare in un teatro antico. Sono questi buoni incontri che ti permettono di crescere, di scoprirti ed evolverti.
Un altro punto importante, ma di crisi in un certo senso, che mi ha permesso però di fare un passo avanti è stata la mia laurea. Il giorno in cui mi sono laureata è stato bellissimo ma allo stesso tempo mi sono chiesta “e adesso cosa faccio? Sono un’attrice oppure un avvocato?” Ho avuto una grossa crisi esistenziale, forse tipica di chi vive un ambiente come questo.
Poi è arrivata la pandemia. Anche se il 2020 ha concesso possibilità ad alcuni di reinventarsi. Dico bene?
Il lockdown, lo stare chiusi in casa mi ha aiutato, paradossalmente, anche dal punto di vista psicofisico. Era da tempo che lavoravo senza soste, e in un certo senso avevo il bisogno di riposarmi. Ho vissuto il lockdown come un momento storico in cui mi sono potuta fermare e focalizzare cosa per me era davvero importante. Come avviene spesso, è successo tutto per caso. Una mattina mi sono svegliata e mi sono detta “ok, è il caso che io mi metta a tavolino e capisca cosa sta succedendo alla mia vita.” Come ti dicevo, stavo facendo il master in comunicazione digitale e mi avevano consigliato di scaricare Tik Tok perché la piattaforma avrebbe avuto del potenziale. All’inizio ero un po’ scettica ma poi mi sono ricreduta perché la piattaforma mi ha conquistata. Ho iniziato a giocarci anche io ed è stata la mia fortuna. Sono cresciuti i miei follower, anche tra gli amanti della recitazione. Allora ho pensato di postare non solo contenuti di ilarità ma anche contenuti più profondi.
Ho quindi fatto delle live una volta a settimana, dove impartivo lezioni di recitazione. Poi mi sono spostata anche su Instagram, finché mi hanno chiesto se facessi lezioni private. Mi sono arrivate delle vere e proprie richieste e ho dovuto ufficializzare il tutto. È nata quindi la mia newsletter, il mio sito, dove i ragazzi possono prenotare le lezioni e dove io posso parlare con loro. Non sono gelosa della mia arte, anzi. La recitazione è l’unica cosa sulla quale non ho avuto mai dubbi e dunque non vedo il motivo perché non dovrei metterla al servizio degli altri. Soprattutto adesso che ci troviamo in un momento dove la cultura soffre.
Per quanto riguarda la questione spinosa della chiusura dei teatri e dei cinema. Il mondo dell’arte ha subito un duro colpo, causa pandemia e lockdown. C’è qualcosa che possiamo fare per aiutare un settore in crisi?
Forse cercare di parlarne un poco di più. E, soprattutto, concedere del tempo al settore. Sarebbe come spezzare le gambe a una persona e pretendere che una settimana dopo torni a camminare subito. Anche il teatro ha bisogno di una sorta di riabilitazione. Cerchiamo dunque di parlarne, di stimolare il pubblico affinché ritorni a teatro un poco di più, magari con delle campagne di abbonamenti, coadiuvato da un’attività pubblicitaria che può partire anche dai social. Una sorta di collaborazione tra internet e teatro, affinché il primo pubblicizzi il secondo perché il teatro ha bisogno di essere vissuto in presenza. Ultimamente mi hanno chiesto se il futuro del teatro sarà lo streaming. Ho risposto assolutamente no. Il web deve soltanto aiutare a riportare le persone nelle sale, da troppo tempo vuote.
E tu nello specifico cosa farai per rimetterti in gioco?
A me piacerebbe tantissimo tornare in scena. E lo vorrei fare con un monologo, uno scritto tutto mio. L’idea c’è, non c’è ancora il testo. Ma l’intenzione è quella di scrivere un monologo tragicomico. Qualcosa che prima ti faccia sbellicare fino alla fine ma poi, negli ultimi dieci minuti, ti dia uno stimolo per poter pensare e ragionare. Non mi piace la risata fine a sé stessa. Vorrei accendere una piccola fiamma negli spettatori, permettere alla persona che viene a vedere lo spettacolo di dire semplicemente “stavo pensando che…” Ne sarei felice perché in qualche modo sono riuscita a stimolare lo spettatore, a pungolarlo. Poi vorrei poter trovare un agente. Non disprezzerei nemmeno il mondo del cinema, dopo aver fatto tanto teatro. O quello delle serie tv.
Per quanto riguarda il mondo del doppiaggio, invece?
Non ho mai doppiato ma ho avuto il piacere di conoscere, sempre grazie a Tik Tok, Angelo Maggi, il doppiatore di Iron Man. Ogni tanto ci sentiamo, ho avuto l’onore di fare con lui qualche live e mi ha proposto alcune collaborazioni. Mi ha chiesto proprio lui se avessi mai avuto l’intenzione di buttarmi nel mondo del doppiaggio. In realtà ho paura di smarrire quella naturalezza personale che col doppiaggio si perde. Collaboro tanto con Le Coliche, sul web. Conobbi per caso il loro regista e da lì è iniziata la nostra collaborazione.
Un consiglio per chi vuole intraprendere la carriera dell’attore.
Il consiglio che do sempre è avere il piano B. Perché se devi sognare, fallo in grande. Fallo per bene. Ma tieni sempre pronto un piano B. Il mondo della recitazione è un mondo molto complesso, recitare non vuol dire diventare famosi ma anzi, significa anche poter restare nell’anonimato per tutta la vita e faticare ad arrivare a fine mese. Se arrivi non vuol dire che sei arrivato per sempre. Oggi puoi essere famoso e domani non essere più nessuno. Bisogna stare sempre sul chi va là. Anche io sogno in grande, di lavorare con grandi registi come Verdone, o Ozpetek, ma nel frattempo lavoro al mio piano B. Sempre piano A e piano B. Sognare al 100% ma con il piano di riserva.
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