Il mese di giugno è il cosiddetto “Pride Month”, ovvero quel mese in cui in tutto il mondo vengono celebrati la diversità sessuale e l’orgoglio LGBTQ+.

Nel corso della sua storia, il Pride Month è stato celebrato in modi molto originali ed eterogenei: dalle parate alle manifestazioni nelle strade, dai concerti alle letture fino al sostegno da parte di case di moda, brand e aziende ormai sempre più intenzionati a scendere in campo per la lotta all’odio in tutte le sue forme.

Anche il cinema, grazie alla sua grande potenza narrativa, si fa promotore dell’universo LGBTQ+ realizzando lungometraggi indimenticabili e capaci di risvegliare le molte coscienze intorpidite riguardo queste tematiche. Eccone alcuni.

I segreti di Brokeback Mountain (Ang Lee, 2005)

Iniziamo con un film che è divenuto un vero e proprio cult della Storia del Cinema e uno dei migliori che siano mai stati realizzati fino ad oggi riguardanti l’amore omosessuale.

Tratto dal racconto “Brokeback Mountain” della scrittrice americana Annie Proulx, il film diretto da Ang Lee vede protagonisti due cowboy del Wyoming Ennis Del Mar e Jack Twist, interpretati rispettivamente da Heath Ledger e Jake Gyllenhaal. Due interpretazioni indimenticabili ed elogiate universalmente dalla critica internazionale.  

Con grande efficacia e potenza emotiva viene messa in scena la drammatica e struggente passione amorosa tra i due, sottolineando il dilemma e la lacerazione interiore tra l’essere se stessi e il vivere all’interno di una società che pratica una morale omofoba.

Il grande amore che Jack ed Ennis provano cozza ed è incompatibile con il tipo di realtà nella quale vivono, una realtà che li vuole sbagliati, depravati e malati.

I segreti di Brokeback Mountain” ha rappresentato la nuova frontiera da conquistare: non più cowboy alla conquista di terre e di popoli ma due semplici uomini alla conquista di un amore che non viene perdonato in quell’arida e desolata terra del Wyoming. Un amore che, però, è in grado di superare i confini del tempo.

Disponibile su: Tim Vision e Amazon Prime Video

Transamerica (Duncan Tucker, 2005)

Film diretto ed interamente scritto da Duncan Tucker, Transamerica ha riscosso un grande successo di pubblico, soprattutto in Italia. Il nostro, infatti, è stato il paese non di lingua inglese in cui il film ha realizzato il maggior incasso.

Non sono mancati riconoscimenti da parte della critica tra cui risaltano due nomination agli Oscar 2006 nelle categorie “Miglior canzone” (Travelin’ Thru di Dolly Parton) e “Miglior attrice protagonista” a Felicity Huffman.

Felicity Huffman è una delle ragioni per cui guardare questo film. Molti di noi la ricorderanno per aver interpretato il personaggio di Lynette Scavo nella fortunata serie Desperate Housewives – I segreti di Westeria Lane, ma è stata la sua grande interpretazione della transgender Bree a farle guadagnare il plauso della critica.  

Transamerica è una sorta di unicum nel suo genere: con la giusta dose bilanciata di commedia, ironia e dramma riesce a rendere appieno il viaggio che una donna transessuale intraprende per riuscire finalmente a diventare una donna a tutti gli effetti, completa.

Alla protagonista, Bree, mancano pochissimi giorni per sottoporsi al suo ultimo intervento. È elettrizzata e non vede l’ora di poter coronare il suo sogno.

Bree, tuttavia, fugge dal suo passato. Un passato fatto di insensibilità, violenze psicologiche e mancanza di rispetto non solo da parte della società ma, in primis, da parte della sua famiglia che si vergogna immensamente di lei.

Ma, qualche giorno prima del suo intervento, il passato torna a bussare alla sua porta. Bree riceve una chiamata da un ragazzo che dice di essere suo figlio, avuto quando era ancora Stanley. Ed è qui che Bree parte davvero alla ricerca di se stessa.

Quella chiamata, apparentemente fortuita, si trasformerà in un vero e proprio viaggio on the road di una donna che, per essere davvero completa, non ha solo bisogno di un intervento chirurgico ma di accettare il suo passato, di accettare quel figlio che le ricorda una parte inautentica ed insincera della sua vita ma che, allo stesso tempo, sarà proprio colui che le mostrerà quell’accettazione e quel rispetto che la sua famiglia non le ha mai dato.

Disponibile su: Amazon Prime Video e Tim Vision (noleggio e acquisto)

The Danish Girl (Tom Hooper, 2015)

The Danish Girl è uno di quei film che raramente si dimenticano dopo averli visti. È un film che ha una forza narrativa ed emotiva estremamente potenti, questo grazie anche alle sublimi interpretazioni di Eddie Redmayne e Alicia Vikander.

Trasposizione del romanzo “La danese” (2000) di David Ebershoff, il film racconta la storia vera di Lili Elbe, una delle prime persone ad aver ricevuto una diagnosi di disforia di genere e ad essersi sottoposta ad un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale.

Siamo nella Copenaghen degli anni ’20, eterea e luminosa come un quadro. Einar e Gerda Wegener sono una coppia di pittori e sono anche marito e moglie.

Improvvisamente (o, forse, lo ha sempre saputo) Einar scopre di essere una donna intrappolata nel corpo di un uomo.

Una realizzazione che scombussola la sua intera vita, il suo intero essere e la sua identità. Chi è, allora, Einar? Egli è perso, non sa come andare avanti e si trova in balia di una tempesta senza fine. Sarà proprio Gerda ad aiutare il marito, ad appoggiarlo, incoraggiarlo e sostenerlo per diventare Lili.

Tra le tante tematiche che il film indaga quest’ultima è quella che colpisce di più. Da un lato si mettono in scena le difficoltà a livello psicologico ed esistenziale di una persona che si ritrova ad essere senza identità, dall’altro viene dato particolare risalto alla grande forza d’animo, al coraggio e, soprattutto, all’amore di Gerda nei confronti di Lili, all’amore di chi si trova dall’altra parte: a quell’amore che non giudica, che accetta la diversità e che, quando arriva il momento, sa di dover lasciare andare affinché Lili possa trovare la sua felicità.

Disponibile su: Tim Vision (noleggio e acquisto)

120 battiti al minuto (Robin Campillo, 2017)

Vincitore nel 2017 al Festival di Cannes del Grand Prix Speciale della Giuria, il più importante riconoscimento della manifestazione dopo la Palma d’oro, 120 battiti al minuto (120 battements par minute) è un film molto forte, crudo e che, con un taglio quasi documentaristico, racconta uno degli eventi più tragici ed emblematici della storia recente: la lotta contro l’AIDS.

Protagonisti del film sono gli attivisti di Act Up-Paris, un’organizzazione francese no-profit fondata nel 1989 per promuovere la lotta all’AIDS.

Nei primi anni ’90 imperversa in Francia (e in tutto il mondo) una vera e propria epidemia di AIDS, la quale miete innumerevoli vittime nell’indifferenza generale del governo, dello Stato e della società. Uno degli slogan dell’associazione è proprio “Silence = Mort” (Silenzio = Morte): l’incapacità e la non volontà di prendere in considerazione il fatto che ci sia un problema si traduce nella morte di migliaia di persone.

I protagonisti combattono per un obiettivo: l’istituzione di una vera e seria campagna di prevenzione.

I ragazzi e le ragazze dell’associazione devono affrontare i pregiudizi e smantellare i preconcetti secondo i quali i malati di AIDS sono soltanto gli omosessuali, i drogati e le prostitute.

Traspare la rabbia nei confronti di quella gente che lucra sui malati di AIDS. Nei confronti di quella gente che vive fuori dal mondo negando l’epidemia. Nei confronti di coloro che usano la malattia per fomentare odio, omofobia e discriminazione.

Si tratta di un film molto esplicito in alcune scene ma, a volte, per risvegliare le persone, è necessario metterle di fronte alla cruda realtà.

Inoltre, lo stesso regista Robin Campillo ha dichiarato di essere stato un militante di Act Up negli anni Novanta. In merito alla scelta di dirigere questo film, egli ha affermato:

«Ho voluto raccontare questa storia perché sentivo che non era stato ancora fatto e occorreva farlo in un modo che ottenesse la massima visibilità, andando al di là della nostalgia. […] Nel film è implicita la tristezza della perdita di persone che ammiravamo, che amavamo e con cui abbiamo passato tanti bei momenti. Ma io penso anche di più a quelli di noi che sono sopravvissuti e a quelli che ancora oggi combattono con la malattia

Disponibile su: Amazon Prime Video

La diseducazione di Cameron Post (Desiree Akhavan, 2018)

Concludiamo questa breve lista con “La diseducazione di Cameron Post” (The Miseducation of Cameron Post). Questo film è stato vincitore al Sundance Film Festival (il più importante festival dedicato alla cinematografia indipendente) del Gran Premio della Giuria nella sezione “U.S. Dramatic”.

Il film è l’adattamento sul grande schermo dell’omonimo romanzo scritto da Emily Danforth. Racconta la storia di Cameron (Chloë Grace Moretz), un’adolescente che intrattiene una relazione sentimentale con un’altra ragazza. Quando viene scoperta viene mandata dalla zia, fervente e devota cristiana, in un centro di riorientamento per essere curata dall’omosessualità.

Nel centro sono, infatti, presenti ragazze e ragazzi omosessuali sottoposti a una barbara terapia di conversione per diventare “normali”. Vengono trattati come se fossero dei criminali, vengono fatti sentire indegni di vivere in questo mondo. Viene operato un vero e proprio abuso emotivo nei loro confronti: lo scopo di questa “terapia” è spingerli a odiare se stessi.

Annichilire, distruggere, reprimere l’identità di una persona è uno dei crimini più brutali che si possano compiere.

Guardando il film non si può fare a meno di provare un’enorme rabbia. Ci si domanda cosa possa spingere gente che si definisce “cristiana” (il nome del centro è “La promessa di Dio” ed è gestito da un reverendo) a commettere simili atrocità.

Vengono messe in pratica vere e proprie violazioni dei diritti umani e della persona, tutto il contrario del messaggio di amore e tolleranza che Gesù diffondeva.

Tutto il film è filtrato dagli occhi di Cameron e, per estensione, da tutti i ragazzi e ragazze che si trovano al centro. Tutto è visto dal loro punto di vista, una tecnica narrativa estremamente efficace che permette un maggior coinvolgimento ed impatto emotivi.

Grazie ad un’abile regia e un’ottima recitazione, si riesce a provare quasi in prima persona lo stato d’ansia, di angoscia e di disagio che questi ragazzi e ragazze sono costretti a patire nel nome di una “normalità” fatta di odio, paura e intolleranza.

Disponibile su: Amazon Prime Video e Tim Vision (noleggio e acquisto)