Presentato alla Berlinale nella sezione Perspectives, questo piccolo capolavoro belga è un atto di denuncia contro uno Stato che non ascolta le vittime di incesto. Myriem Akheddiou, nel ruolo di protagonista, è una rivelazione sorprendente.

Poco più di un mese fa, il 15 gennaio, il quotidiano francese Libération pubblica un’inchiesta della giornalista Romane Brisard intitolata “Sono io ad essere trattata da criminale”. A parlare sono le madri che hanno denunciato violenze incestuose da parte dei loro mariti, i padri, sui loro figli. Nella maggior parte dei casi, le madri non vengono ascoltate. Nei peggiori dei casi, vengono incolpate. Non ricevendo aiuti dallo Stato e non essendo quindi legittimate ad impedire ai figli di vedere il loro aggressore, molte donne si sono date alla fuga. 

Vi crediamo (On vous croît) è la storia di una di queste famiglie.

Charlotte Devillers e Arnaud Dufeys dirigono un film fatto di primi piani: un ritratto intimo girato tra le mura di un tribunale. È il volto materno (dell’ammirevole Myriem Akheddiou) a essere protagonista. 

Come allucinata, tesa e inquieta, lei sa quanto dovrà lottare ma non sa cosa aspettarsi. Tutto il peso della famiglia è sulle sue spalle: il riflesso negli occhi. Ciò che, però, colpisce di più, la vera forza del film, è un’inafferrabile ambivalenza, un pendolo che non permette allo spettatore di avere certezze immediate. E questa ambiguità è amplificata dall’interpretazione di Akheddiou. Attenta ma lontana, decisa ma spaventata, non sappiamo mai cosa pensa ma sentiamo il suo cuore battere. Tutta l’incertezza è frutto delle colpe che ancor prima di essere recriminate della società, sono le donne stesse ad inculcarsi, a casa, davanti allo specchio, in un monologo interiore fatto di rimproveri. 

Per certi versi viene in mente il film muto di Carl Theodor Dreyer, La passione di Giovanna d’Arco (la messa in scena del processo che vide la pulzella d’Orléans condannata al rogo; protagonista la straordinaria Renée Falconetti). Come denuncia l’inchiesta pubblicata da Libération, è la madre ad essere sotto processo. È la donna ad essere sotto accusa. Di un’attualità sconcertante, Vi crediamo è un piccolo capolavoro belga. 

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