
Untamed, con Eric Bana nei panni di un ranger tormentato e un mistero tra i picchi selvaggi di Yosemite, è la nuova serie Netflix più vista al mondo. La trama si muove tra crime psicologico e riflessione sul rapporto tra uomo e natura, tra passato e presente.
Come le migliori serie tv che si rispettino, Untamed chiude con un colpo di scena inaspettato. Cosa succede quando il thriller investigativo si spinge oltre le affollate strade delle città per addentrarsi nei sentieri silenziosi di un parco nazionale?
Untamed, la nuova miniserie Netflix diretta da Elle Smith e Jonathan Franklin, prova a rispondere. Ambientata tra le spettacolari e spietate vette di Yosemite, la serie è un mix di mistero, lutto e redenzione. Si vanta di punti di forza come l’attore Eric Bana, che torna in forma smagliante, e i paesaggi che rubano la scena ai protagonisti. Untamed prova a raccontare una storia che è tanto crime, quanto catarsi personale.
Un ranger, un cadavere e una ferita mai chiusa.
Eric Bana interpreta Kyle Turner, agente speciale del National Park Service, richiamato a Yosemite per indagare sulla morte sospetta di una giovane escursionista che si svela con una spettacolare – quanto traumatica – sequenza iniziale. Suicidio o una caduta accidentale dalla vetta? Il caso si complica presto, rivelando connessioni con la morte del figlio di Turner, avvenuta anni prima, che hanno devastato la vita sua e della sua ex moglie.
La trama inizia subito a svilupparsi come un’indagine classica, ma sotto la superficie si muove qualcosa di più profondo: il vero enigma non è solo “chi ha ucciso?” ma “da cosa stava scappando la vittima?”. E, soprattutto “a volte… da cosa scappiamo noi?”.
Natura come personaggio e giudice.
A rendere Untamed più di un semplice crime è l’uso della natura come protagonista narrativa. I paesaggi di Yosemite non sono sfondo, ma assumono il ruolo di specchio delle tensioni interiori dei personaggi.
La solitudine, il silenzio, l’imprevedibilità: ogni sentiero o cascata sembra riflettere i fantasmi di Turner e delle persone che lo circondano.
C’è una tensione costante tra controllo e abbandono, tra civilizzazione e istinto. In questo senso, la serie si inserisce nel solco di altri prodotti che hanno esplorato la wilderness come spazio di introspezione e pericolo (The Revenant, Wind River, True Detective: Night Country… per citarne alcuni).
Un thriller che cammina lungo un equilibrio sottile.
La struttura narrativa è solida, anche se a volte Untamed rischia di cadere nella trappola del “troppo in poco tempo”. In soli sei episodi la serie cerca di gestire non solo l’indagine, ma anche le dinamiche familiari complesse del protagonista, gli accenni alla cultura nativa testimone del tempo, le tensioni interne al corpo dei ranger, i flashback e le visioni oniriche di Tyler, sempre aggrappato al suo triste passato.
Non tutto è pienamente sviluppato, e alcuni personaggi secondari – come la rookie Vasquez o il capo ranger Souter – avrebbero forse meritato più spazio. Tuttavia, la performance di Bana tiene incollato tutto insieme, offrendo un protagonista credibile e stratificato, diviso tra senso del dovere e bisogno di pace interiore.
Temi forti: perdita, colpa e radici.
Untamed affronta apertamente il tema del lutto genitoriale e della colpa, ma anche quello della memoria collettiva, tra mito e trauma. La serie accenna al rapporto dei nativi americani con la Terra, lasciando intuire un rispetto per le forze della natura che il mondo moderno purtroppo ha tristemente dimenticato. La natura selvaggia, nel racconto, non è “selvaggia” in senso negativo: è piuttosto indomabile, come il dolore, come la verità svelata alla fine dell’ultimo episodio.
Un finale che non chiude tutto.
Il finale della prima stagione lascia aperte alcune domande. Netflix ha già annunciato, per la gioia dei fans, una seconda stagione, ambientata in un altro parco nazionale con nuovi misteri che vedranno di nuovo protagonista un Bana tornato in piena forma sul piccolo schermo.
La decisione di produrre una seconda stagione ha diviso i fan di tutto il mondo, tra coloro che pensano la serie sia già perfetta e possa terminare così e quelli che invece non vedono l’ora già di tornare a immergersi in una natura selvaggia, alla ricerca di nuovi casi da risolvere.
L’idea è chiara: trasformare Untamed in un antologico crime dalle tinte ecologiche, in cui ogni luogo porta con sé nuove ferite da esplorare.
Impronte e ombre: la curiosità di un nuovo caso.
“Untamed” è una serie che non rivoluziona il genere, ma sa rinnovarlo e lo porta altrove, lontano. Letteralmente. È crime, è dramma psicologico, è riflessione sulla perdita e sull’ambiente che abbraccia l’uomo e lo domina. Un thriller che si prende i suoi silenzi, che guarda l’uomo dall’alto – come fanno le bellissime montagne – e lo mette davanti a sé stesso.
Attendiamo dunque di tornare a immedesimarci in altre indagini lente ma profonde, di trovare la pace (o la verità) nei boschi e nella natura, di cercare un crime che non segue solo le impronte, ma anche le ombre dentro sé stessi.
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