Il 16 aprile 2020 abbiamo ricevuto la notizia che ci ha spezzato il cuore: Luis Sepúlveda, la cui luce ci riscaldava, era morto a causa del famigerato corona virus. Ecco un ricordo attraverso uno dei suoi libri più noti.

Sepúlveda. Poco dopo la sua morte, ho riletto uno dei suoi libri che comprai quattro anni or sono in una libreria di un centro commerciale in una calda giornata estiva: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.

Molti di noi, me compresa, sono entrati per la prima volta in contatto con il libro di Sepúlveda proprio grazie al suo adattamento animato del 1998 diretto da Enzo D’Alò. Se il film d’animazione ci ha fatto versare fiumi di lacrime, il libro ci prosciuga fino al punto di non avere più lacrime da versare. Questo non perché sia una storia terribile ma, al contrario, perché è una storia di coraggio, fiducia in se stessi, generosità disinteressata e solidarietà fra “diversi”.

Per coloro che non conoscono la storia la riassumo brevemente.

Ci troviamo ad Amburgo nel 1996. Dopo essere capitata in una macchia di petrolio nelle acque del mare del Nord, la gabbiana Kengah atterra in fin di vita sul balcone del gatto Zorba, al quale strappa tre promesse solenni: di non mangiare l’uovo che lei sta per deporre, di averne cura, e di insegnare a volare al pulcino che nascerà. Così, alla morte di Kengah, Zorba cova l’uovo e, quando si schiude, accoglie la neonata gabbianella nella buffa e affiatata comunità felina del porto amburghese. Ma come può un gatto insegnare a volare? Per mantenere la terza promessa, Zorba dovrà ricorrere all’aiuto di tutti, anche a quello dell’uomo.

Ci troviamo davanti a una storia che ha la grazia di una fiaba e la forza di una parabola.

Non possiamo non amare tutti i personaggi: dal saggio Colonnello alla coraggiosa gabbianella Fortunata, dall’eccentrico Diderot al nobile gatto Zorba. Zorba è un gatto speciale non soltanto perché riesce a parlare il linguaggio degli umani ma perché riesce ad andare oltre la “diversità” della gabbiana Kengah e ad adempiere a tutte le promesse a lei fatte in punto di morte.

La diversità la vive anche la gabbianella Fortunata che, in un primo momento, vuole rinnegare la sua vera identità per voler essere un gatto. Ma la sua “mamma” Zorba le rivolge queste meravigliose parole:

“Sei diversa e ci piace che tu sia diversa. È bene che tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, rispettare e ad amare un essere diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo”.

Questo romanzo, che inizia con una morte, è un grande inno alla vita e, soprattutto, alla capacità di riuscire a volare non solo fisicamente. Vi riporto i passaggi più emblematici che mi hanno colpita su questo tema dello spiccare il volo:

“Volare mi fa paura” stridette Fortunata alzandosi.
“Quando succederà, io sarò accanto a te” miagolò Zorba leccandole la testa.

“Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante” miagolò Zorba.
“Ah sì? E cosa ha capito?” chiese l’umano.
“Che vola solo chi osa farlo” miagolò Zorba.
Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.

Questa descrizione di Zorba mi ha colpita moltissimo e l’ho trovata incredibilmente tenera. Zorba non è soltanto un personaggio immaginario ma è un gatto reale. Infatti era il gatto dello scrittore cileno il quale, purtroppo, fu addormentato per sempre a causa di un cancro in stadio avanzato ai polmoni che gli impediva di respirare. A questo proposito Sepúlveda scrisse: “l’amore non significa soltanto fare la felicità dell’essere che amiamo, bensì risparmiargli il dolore e preservare la sua dignità”. Quegli occhi di un gatto nobile, di un gatto buono, di un gatto del porto non sono altro che quelli del fedele compagno di Sepúlveda, il quale lo saluta così: “Zorba. Domani, per amore, ti perderò, grande compagno”.

Detto ciò ora non possiamo fare a meno di immaginarci Zorba che corre incontro al suo amico umano facendogli le fusa ed entrambi che volano felici nei cieli immensi scaturiti dalle pagine immortali di questo piccolo capolavoro.