Maturità, maturità, maturità… proprio in questi giorni nelle scuole di tutta Italia sono in corso le prove che determinano il passaggio al lato oscuro della vita: l’età adulta.
Ma facciamo un passo indietro, cosa sono esattamente le prove di maturità?
Un mix di verifiche scritte e orali che accertano la tua sufficiente preparazione per affrontare il futuro con dignità. Ma non solo: sono un collaudo, un esperimento, un sopruso istruttorio il cui unico obiettivo è osservare con beata arroganza la disperazione degli studenti.
Tant’è che delle famose prove di maturità, con gli anni, non ricorderai più lo studio, le argomentazioni, le discussioni, la tesina e i suoi collegamenti, le tracce, gli approfondimenti, le ripetizioni… ricorderai soltanto la disperazione. Certo, la ricorderai con affetto, quella disperazione, quasi con nostalgia e rimpianto per non averla vissuta con maggiore consapevolezza.
Ricorderai pure che tutti, all’epoca, ti dicevano “goditelo questo momento, che poi ti mancherà” e tu pensavi solo “col cazzo”.
Eppure ti mancherà, perché una disperazione così forte la provi raramente e la maturità è seconda soltanto all’abbandono genitoriale alla scuola dell’infanzia (dio, quella voragine di disperazione allo stomaco non si colma mai più).
Ricorderai la famosa notte prima degli esami, con la colonna sonora di Antonello Venditti perché è risaputo, se non l’ascolti fino all’esasperazione, l’esame non lo superi. E sai cosa ricorderai di quella notte? La disperazione.
Ricorderai d’aver pensato di non farcela, d’aver desiderato di mollare tutto e aprire un caseificio. Ricorderai la disperazione di quell’idea del caseificio.
Ricorderai che a un certo punto avrai iniziato a ripeterti con costanza “ormai ci siamo, come va va, quel che fatto è fatto, la spada è tratta, finché la barca va, lasciala andare” e altre frasi a caso, che in quel momento sembravano convincenti.
Ricorderai di tutti quei calcoli dei crediti e i conti che non tornavano mai: “se alla prima prova prendo 10 punti, alla seconda 8, all’orale 15, 44 gatti in fila per 6 col resto di 2, lo supero l’esame!” e poi di nuovo ti ripeterai “ormai ci siamo, come va va, quel che fatto è fatto, la spada è tratta, finché la barca va, lasciala andare”.
Ricorderai l’ingegnosità di quelle tecniche di copia e suggerimento escogitate per essere pronto ad ogni evenienza: i bigliettini nelle scarpe, le formule scritte sulle braccia, i riassunti nascosti tra i fazzolettini o dietro l’etichetta della bottiglia d’acqua, perché all’esame di maturità quasi tutti arrivano col raffreddore e una sete terribile. Ricorderai la disperazione di quell’ingegnosità.
Ricorderai con tenerezza quei giorni, quell’ansia che proprio non riuscivi a gestire, ricorderai di come sia passato tutto molto in fretta, ricorderai d’avercela fatta anche tu.
Ricorderai di quando hai finalmente varcato la soglia della scuola da DIPLOMATO, respirando l’aria come se fosse nettare di un futuro finalmente libero e poi ricorderai d’esserti chiesto:
“E MO’… CHE FACCIO?”, e di nuovo la disperazione.
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