IL PRIMO NATALE DI O’BRIEN
da Dodici racconti di Natale, di Jeanette Winterson, Mondadori
Non si parla apparentemente di fede in Il primo Natale di O’Brien, di nascite che salvano. O’Brien – la protagonista – non si pone nemmeno il problema, mentre pensa che trascorrerà il Natale imminente da sola: meglio da sola, a rimuginare sulla propria vita insoddisfacente e su come cambiarla, piuttosto che insieme allafamiglia, alle zie che la interrogherebbero sulle sue “prospettive matrimoniali”, alla madre che non rinuncerebbe a qualche appunto sui suoi capelli. Quei capelli lisci, privi di volume e di un “castano tendente al marrone”. Proprio come l’anima di O’Brien: marrone. Non nera – non c’è qualche caratteristica negativa a distinguerla – né scintillante, come insegna a essere un libro che O’Brien si rifiuta di leggere, ma marrone. Immagino che la protagonista e la sua autrice vogliano indicare non solo l’assenza di colore, che meglio avrebbero potuto definire con anima grigia, quanto piuttosto la pesantezza che si aggiunge a quell’anima, che la fa tendere al basso, al colore della terra. Perché O’Brien è sola. E se resterà a Londra invece di raggiungere la propria famiglia, il suosarà un Natale di solitudine. Di questo, il Natale, più di ogni altro momento dell’anno, ci rende consapevoli: che l’essere per qualcun altro dà senso a ciò che siamo e a quello che facciamo, mentre la condizione di solitudine non è quasi mai fonte di benessere.
Ma è Natale, nel racconto della Winterson, e i miracoli, si sa, accadono. Una fata può apparire in sogno e realizzare un desiderio. Per esempio tramutare quel colore marrone, per O’Brien così insignificante, in biondo. Ma quel biondo – cambiamento in fondo molto piccolo – può voler dire “rinascita”, agli occhi degli altri e di se stessi. E quando si rinasce, quando la crosta marrone che impedisce di essere visti si spacca, allora è facile che gli occhi di qualcuno si posino su di noi. E che il Natale che doveva essere solitario diventi condiviso, e che gli occhi di O’Brien vedano il cielo scintillare.
Questo racconto – uno dei migliori all’interno di una raccolta non omogenea dal punto di vista della qualità – mi sento di consigliarlo a chiunque almeno una volta nella vita abbia provato quel senso di smarrimento e disagio all’idea di dover trascorrere un Natale – soli o in compagnia – sentendo addosso il peso di tutto ciò che, nella vita di tutti i giorni, non andava come si era sperato.
Auguri a tutti!
Alessandra Penna
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