Tre generazioni di antiquari accomunati dall’amore per l’arte e per le armi antiche; tre uomini che hanno fatto della ricerca della bellezza il proprio mestiere e la propria missione. Si tratta degli antiquari fiorentini della galleria Gallori Turchi, tra le più importanti nel panorama internazionale.
Intervista a Gherardo Turchi
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“La bellezza salverà il mondo”, diceva il principe Miškin nell’Idiota, capolavoro di Dostoevskij. Lo sanno bene i fiorentini che vivono immersi nella gloria rinascimentale e lo sa bene chi fa della bellezza il proprio mestiere. È il caso della galleria di antichità Gallori Turchi, fondata nel 1942 da Giorgio Turchi, uomo di grande gusto con una spiccata inclinazione per il bello nell’arte antica. Attività tramandata poi al figlio Bruno che, con amore e dedizione, ha posto le basi dell’attuale azienda, lanciandola nel panorama internazionale di mostre e di clientela selezionata. Da quasi vent’anni, la galleria di antichità Gallori Turchi è passata sotto la direzione di Gherardo, figlio di Bruno, che con il padre continua a perseguire la ricerca della finezza artistica del mondo antico.
Tre generazioni di antiquari specializzati soprattutto nelle armi antiche, una delle effigi che meglio caratterizza questa storica ditta. Proprio nel campo delle armi antiche si è specializzato Gherardo, amante dell’arte applicata alla guerra, in cui anche strumenti bellici possono divenire veri e propri capolavori di scultura e gioielleria, oltre che di ingegno. Fin da piccolo ha sentito il forte richiamo allo studio delle armi antiche, essendo cresciuto tra armature, spade, e antichi fucili. La sua passione non poteva non diventare un lavoro. Oggi Gherardo è uno dei pochissimi esperti di oplologia, accreditati nelle Camere di Commercio italiane e in musei internazionali.
Gherardo, ci parli dell’attività della sua famiglia.
Nel 1942, mio nonno, Giorgio ha dato l’avvio all’attività, fondando la galleria al numero 14 rosso di via Maggio a Firenze. Lui e la nonna hanno lavorato inizialmente come rigattieri per poi specializzarsi quasi subito nel mercato dei mobili, dei quadri e dei complementi d’arredo. Tuttavia, sono le armi l’effige della galleria e del nostro marchio. Mio padre è subentrato in galleria, lavorando al fianco del nonno fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1982. Mentre mia nonna ha continuato a occuparsi della galleria fino al 2009, quando ci ha lasciati, quasi centenaria.
Il mondo delle antichità è affascinante, pieno di bellezza, e il suo è decisamente un mestiere che necessita impegno, passione e studio.
Il mondo dell’antiquariato è fatto di bellezza, è una fortuna poterci lavorare; sembra un settore effimero ma non lo è affatto, in quanto si ha a che fare con la storia, con il bello, con l’arte e si va a trattare con il concetto di gusto che è una questione strettamente personale, sia nell’acquisto che nella vendita. Il mondo dell’antiquariato è prevalentemente maschile, per varie ragioni. Le antiquarie accreditate sono pochissime, benché dotate di uno spiccato gusto estetico. Per esempio la presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia è una donna, Alessandra Di Castro.
Che cosa rappresenta per lei il suo lavoro?
Per me l’antiquariato non è un lavoro, ma una vera e propria passione, un divertimento. Svolgo il mio lavoro con gioia, da sempre. Quando a vent’anni potevo scegliere se intraprendere la carriera militare o fare l’antiquario… be’, non ho avuto dubbi! La ricerca dell’oggetto d’antiquariato è paragonabile alla caccia, ma la caccia del bello su tutto. Io, per esempio, giro per il mondo per cercare oggetti e nel momento in cui ne possiedo uno, parto per cercarne un altro e poi un altro ancora. Un detto popolare recita: “Un antiquato nasce con un milione e tre cassettoni e muore con centomila lire e cento cassettoni”.
Lei è uno dei pochissimi esperti di armi antiche.
Sì, sono uno dei pochi esperti in Italia, anche perché per quanto riguarda il commercio italiano ci sono dei lacci con le istituzioni che in altri paesi non si trovano e questo rende la specializzazione sempre più complessa. Intanto, perché per detenere un’arma antica c’è bisogno di una licenza di pubblica sicurezza. Motivo per il quale, alla fortuna di avere la licenza presa da mio nonno e poter lavorare grazie a quella, ho dovuto anche fare una serie di esami e prendere svariate licenze, come quella rilasciata della questura, che ha un rinnovo triennale, passibile di controlli molto rigorosi. Ecco perché il commercio di armi antiche è un commercio di nicchia in Italia, in quanto è sottoponibile a controlli e licenze ed è inoltre sotto l’egida del ministero dei beni culturali.
Che cosa si intende per armi antiche e chi le acquista?
Le armi antiche sono le armi che come datazione arrivano fino al 1890; ovvero dal 1891 in poi un’arma è considerata moderna. Per quanto riguarda la clientela, una percentuale altissima, quasi la totalità dei miei clienti, è straniera.
Lei ha anche un’altra licenza, molto particolare.
Sì, ho anche quella di archeologia, che consiste nella licenza per il commercio di beni archeologici. Per esempio, posso vendere tutto ciò che arriva fino a due o tre secoli dopo Cristo.
L’oggetto più antico che hai avuto tra le mani?
Un bellissimo pelike apulo del IV secolo avanti Cristo, quattro anni fa, che ho venduto subito. È stata un’emozione.
L’oggetto più prezioso?
Uno stipo monetiere fiorentino fatto realizzare per un matrimonio che sanciva l’unione di due importanti famiglie fiorentine nel Cinquecento, si parla quindi di pieno Rinascimento. Mio nonno lo acquistò dalla Yale University. Ho avuto l’onore di venderlo io. Pensi che un cliente straniero voleva comprarlo per “scavarlo” e metterci un televisore al suo interno… non gliel’ho venduto! Io non vendo a persone che non amano gli oggetti che ho acquistato. La ricerca e l’amore del bello è la missione degli antiquari, siamo come sacerdoti laici votati alla bellezza dell’arte.
Come arrivano i pezzi di antiquariato in galleria?
Tramite privati che mi conoscono e mi contattano. In passato compravamo anche dai musei stranieri ma ora siamo noi a vendere a loro, più che altro. Gli oggetti li trovo in giro per il mondo. Spesso mi chiamano per segnalarmi persone e oggetti, io monto su un aereo e vado.
Ci racconti della sua giornata tipo.
Alle nove apro le gallerie, ne abbiamo diverse: una in via Maggio 14 rosso, che è dedicata alle armi e all’archeologia, l’altra in via Maggio 18 rosso che è dedicata all’antiquariato generico. Arrivo sempre prima dei miei dipendenti, e inizio a controllare le email e poi, se ho appuntamenti, esco. Di solito vado a trovare clienti, mi reco alle aste e controllo i restauri. Attività importantissima quest’ultima perché gli oggetti di antiquariato hanno bisogno di una manutenzione e una cura costante.
Che rapporto ha con la sua clientela?
Ho un rapporto bellissimo con i miei clienti. Alcuni dopo l’acquisto non li sento, soprattutto se si tratta di stranieri, perché comprano e vanno via. Ma con molti di loro sono diventato amico, il post-vendita con loro è diventato un rapporto di amicizia e di stima reciproca. Le istituzioni, i politici internazionali li sento di rado, ma con molti clienti instauro un rapporto di vera amicizia.
E con gli oggetti?
Tutti gli oggetti antichi sono in prestito dalla storia, sono sopravvissuti ad altri e sopravvivranno a me. Io sono circondato da oggetti che sono stati di altri che sono passati in più mani e spero sempre che in ognuno di loro ci rimanga un pezzetto di me.
C’è un oggetto che le ha rapito il cuore?
Sì, una coppia di pistole di Pietro Alzano, un armaiolo della seconda metà del XVII secolo (vedi foto). Sono il mio oggetto del cuore, per i prossimi quindici-venti giorni, ovvero finché non ne prendo un altro! Ho scritto anche un libro sulla storia delle armi bianche e della loro evoluzione, una semplice guida per chi voglia saperne un po’ di più su questo tema, senza dover per forza attingere a complessi testi tecnici. L’ho fatto stampare solo ed esclusivamente per i clienti più affezionati.
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