Colpisce subito, insieme all’incantevole copertina fiorita, il titolo scelto per questa biografia che, oltre a essere molto poetico, è altamente espressivo del ritratto che emerge da questo studio dedicato a Jean Webster, alla sua vita e alle sue opere, da Sara Staffolani, edito da Flower-ed.

Lei è, per chi non lo sapesse, l’autrice di Papà Gambalunga che credo molti di noi hanno letto da piccoli, ma di cui si sapeva poco o niente se Sara Staffolani e la casa editrice Flower ed non avessero deciso di facilitarcene la conoscenza attraverso questa illuminata -e illuminante- biografia.

Scorrendo le pagine ben scritte di questa ricostruzione, Sara Staffolani ci consegna il ritratto di una bella persona e di una bella scrittrice, che conquista nella e per la sua semplicità, portavoce attiva di nobili ideali.

Tu credi nel libero arbitrio? Io sì, senza riserve. Non sono per niente d’accordo con quei filosofi che ritengono che ogni azione sia inevitabile… Io invece credo fermamente nella mia libera volontà e nel mio potere di agire in piena autonomia. È questa la forza che smuove le montagne.

Il racconto delle sue vicende personali, durante l’infanzia formata nell’alveo di un gruppo matriarcale, e dei rapporti interfamiliari -tra cui spicca la rilevante (e scomoda?) relazione di parentela con il turbolento scrittore Mark Twain-, detta le condizioni e pone le basi per la formazione di una personalità sensibile alla questione dell’emancipazione femminile, ai diritti dei più deboli e altre ingiustizie sociali meritevoli di essere riformate.

Ingiustamente etichettata come autrice per ragazzi, Jean Webster scrive romanzi per tutte le età ma la cui profondità e ricchezza di valori può essere compresa proprio da lettori più grandi, a cominciare da quelli appartenenti al filone iniziale, le cosiddette “storie di collegio” (When Patty went to college e il prequel Just Patty).

Non si rimpiange quello che non si è mai avuto, mentre è terribilmente difficile dover rinunciare a certe cose dopo che si sono considerate proprie per diritto naturale […]. Il mondo, è questo che pensano, deve loro tutto ciò che desiderano. Forse è giusto che sia così, ma a ogni modo bisogna saper riconoscere il debito ed essere pronti a ripagarlo. Quanto a me, il mondo non mi deve nulla e me lo ha detto con chiarezza fin dall’inizio.

Quello realizzato da Sara Staffolani si rivela subito come uno studio ricco di approfondimenti, di collegamenti intertestuali, di citazioni letterarie di riferimento e interessante legame con l’Italia, tappa obbligata del grand tour americano, ma anche oggetto di attenzione particolare e fonte di ispirazione per il racconto Villa Gianini poi ampliato nel romanzo The Wheat Princess e successivamente anche per Jerry Junior.

Sa com’è l’Italia. È una sorta di malattia. Una volta che ci si è affezionati, non la si dimentica mai più e non si può tornare a essere felici finché non ci si ritorna…

La rete di parallelismi con altre scrittrici, europee e non, contemporanee o meno, intesse una rete di virtuale eppure così palpabile complicità che delizia e, mentre appaga una sete di curiosità e conoscenze, ne stimola l’ulteriore approfondimento in una continua ricerca. Le somiglianze suggerite con la Alcott conterranea, la coeva Montgomery, fino alle sorelle Bronte e alla compassata Jane Austen d’oltreoceano, sono come sassi lanciati in un mare di riflessi infiniti e affascinanti.

Attraverso questa esauriente carrellata delle opere veniamo a scoprire che Jean Webster ha messo un poco di sé in ciascuno dei suoi romanzi regalandoci emozioni ed esperienze di cui evidentemente fece sempre tesoro e a Sara Staffolani va riconosciuto il merito di avercele fatte condividere.

Non sono i grandi piaceri quelli che contano di più nella vita. È il saper approfittare delle piccole cose. Io, Papà, ho scoperto il vero segreto della felicità, che consiste nel vivere l’adesso, nel non rimpiangere in continuazione il passato o nell’anticipare il futuro, ma nel trarre il massimo possibile proprio dall’istante che stiamo vivendo. […] La maggior parte della gente non vive, ma corre freneticamente di qua e di là tentando di raggiungere obiettivi lontani, all’orizzonte, e nell’ansia di rischiare di perdere qualcosa rimane senza fiato; quasi ciechi, queste persone non vedono tutte le belle cose che le circondano; poi, la prima cosa di cui si rendono conto, è che sono invecchiate e logorate, e che non c’è alcuna differenza se hanno raggiunto o meno il loro obiettivo finale.