Erano gli anni ’80, per essere precisi quegli anni tra il 1985 e il 1988.
Abitavo ancora in un piccolo quartiere di Genova, era come un paese a sé, un piccolo mondo che racchiudeva un asilo, una scuola elementare, i giardinetti pubblici, la chiesa e, passando per una strada secondaria, si arrivava al campetto.
C’erano i negozi, tra cui la latteria dove andavo sempre a comprare la merenda da portare ai giardinetti.
Ricordo che, una volta uscita dal portone della palazzina in cui abitavo, correvo giù. C’erano ancora tante scale esterne da fare e, proprio di fronte, dall’altra parte della strada, c’era l’edicola.
Aspettavo quel giorno della settimana in particolare, forse era un mercoledì, tiravo fuori le monete dal mio borsellino di Poochie che ovviamente avevo in coordinato all’astuccio, al diario, ai quaderni e alla cartella rigida, compravo il nuovo numero del giornalino di Cristina D’Avena: al suo interno a volte trovavi qualche gadget, delle novità sulle sigle dei cartoni. Era davvero un appuntamento immancabile.
La sera poi, specialmente nel fine settimana, ascoltavo le sigle dei cartoni, conservo ancora adesso i dischi di Fivelandia, nella testa ho ancora quei ritornelli che ogni tanto canticchio anche ai miei figli.
Nelle giornate d’inverno più rigide, perché gli inverni in quegli anni erano davvero freddi, accendevo la tv e guardavo i Robinson o Ciao Ciao e Bim Bum Bam: era davvero un momento speciale di attesa, in quanto i telefilm e i cartoni animati venivano trasmessi solo in alcuni orari e non duravano molto, a differenza di oggi. Quindi venivano assaporati per davvero e, quando i telefilm o i cartoni non c’erano, era il momento di attaccare le figurine all’album di Kiss Me Licia, o di ritagliare i vestiti alle bamboline di carta mentre per merenda mangiavo il tegolino del Mulino Bianco e bevevo un bicchiere di latte.
Ricordo anche il momento dei compiti, avevamo un unico libro in cui vi erano tutte le materie, il Sussidiario e, se non sbaglio, tre o quattro quaderni. Il mio maestro lo ricordo ancora adesso con tanto affetto: era così sereno e pacato, aveva sempre una parola giusta, anche quando non ci si comportava bene sapeva sempre cosa fare per riavere la nostra completa attenzione.
Durante la ricreazione, quando fuori c’erano belle giornate, ci guardava giocare nel giardino della scuola mentre parlava con gli altri colleghi, noi correvamo e ci arrampicavamo su quella che chiamavamo “la collina con gli alberi’: una parte di giardino in discesa. La parte laterale del giardino si affacciava sul ponte Morandi, lo osservavamo sempre incuriositi, era così imponente e noi ne eravamo affascinati.
I periodi delle feste, poi, erano un’emozione unica: la prima pubblicità che annunciava il Natale arrivava solo dai primi di dicembre, se non ricordo male, ed era quella della Coca Cola in cui tante persone tutte insieme, sedute a formare un grande albero di Natale, cantavano con una candela in mano.
Quando arrivava l’estate, invece, passavo molto tempo ai giardinetti, pattinavo e giocavo con le mie amiche, andavo in bicicletta invece quando ero in campagna.
Una sera a settimana poi si accendeva la televisione tutti insieme per guardare il Drive In… Quante risate! Ricordo poi che cercavo di guardare di nascosto i Visitors, ma i miei genitori appena se ne accorgevano cambiavano subito canale: sapevano bene che altrimenti la notte non avrei dormito.
Cosa resterà, quindi, di questi miei anni ’80? Sicuramente i ricordi unici e irripetibili che però mantengo ancora vivi nella mia famiglia.
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