Ho sempre pensato che la storia la fanno gli uomini – e le donne! Ma dopo aver scoperto la vicenda che sto per raccontarvi, credo fermamente che la facciano anche i più giovani. E ora capirete perché, leggendo la storia di Ryan White.

Ma chi è Ryan Wayne White?


Ryan nasce il 6 Dicembre del 1971 a Kokomo – capoluogo della contea di Howard, nello Stato dell’Indiana – dopo appena tre giorni dalla sua nascita, gli viene diagnosticata l‘Emofilia A, una patologia che non permette al sangue di coagularsi ed è caratterizzata da frequenti emorragie. Una malattia capace di trasformare una banale ferita lacero contusa, in una perdita ematica consistente e pericolosa per la vita stessa del paziente.
L’unica terapia utile a cui veniva sottoposto con regolarità, erano trasfusioni di sangue.
Sino all’età di dodici anni, nonostante il morbo che l’affligge la sua vita scorre tranquilla tra scuola, amici, controlli medici serrati e il costante coraggio con il quale affronta tutto con il sorriso.
L’episodio che cambierà il corso degli eventi avverrà nel 1984 quando a 13 anni- affetto da una brutta polmonite- viene ricoverato in ospedale dove durante gli esami di routine, gli viene scoperta la positività al virus dell’HIV.
Ryan è stato contagiato durante una delle tante trasfusioni di sangue a cui è costretto ormai da sempre; e visto l’altissimo numero di sedute a cui si è sottoposto, non sarà mai possibile risalire al momento esatto del contagio che l’ha condannato a vita.
Sicuramente negli anni ’80, poco o nulla si sapeva sul virus dell’HIV sia in campo scientifico sia a livello di coesistenza nel sociale tra i sieropositivi e il resto della popolazione.

Quello che non si conosce può far paura, ma in questo caso non giustifica in alcun modo quello che Ryan subì e che resta ancora oggi, gravissimo e intollerabile.


Appena dimesso dall’ospedale e in ripresa con le forze, Ryan espresse il desiderio di poter tornare subito a scuola, ma durante la sua convalescenza la notizia della sieropositività si era propagata in modo subdolo e incontrollato generando una chiusura totale da parte dei suoi concittadini che cercarono in tutti i modi di ghettizzare il ragazzo. Iniziarono a circolare voci squallide e velenose sul conto del giovane che venne trattato come un vero e proprio appestato. I suoi amici e compagni gli voltarono le spalle (sicuramente sobillati anche dalla rabbia delle rispettive famiglie) fomentando storie assurde che lo vedevano protagonista, dense di menzogne e meschinità.
I funzionari scolastici, supportati da petizioni firmate dai genitori della scuola frequentata da Ryan, impedirono al giovane di rientrare. La madre passò subito alle vie legali per cercare di riportare il figlio tra i banchi, ma nulla sembrò possibile. Ryan non era più libero neppure di vivere la sua quotidianità, perché costantemente sbeffeggiato o minacciato.
Iniziò una dura battaglia giuridica contro il sistema scolastico, che celava anche un cocente problema di ordine sociale e civile. La notizia di questa disputa arrivò ad alcuni reporter, che captando subito l’importanza dell’avvenimento, iniziano a trasmettere e riportare la storia fino ad avere risonanza nazionale.
La notizia del ragazzo sieropositivo in lotta contro un intero sistema che lo voleva fuori da ogni contesto, divenne il centro di molti dibattiti e il nome di Ryan White si fece sempre più consistente.
Divenne il simbolo di una lotta contro la discriminazione che subiva non solo lui, ma anche un underground sociale spinto alla deriva e mai prima di allora tutelato.
Il ragazzo lottò contro tutto questo con una serenità e un coraggio pari a pochi, trasformandosi in un vero e proprio emblema vivente della lotta contro l’AIDS e i pregiudizi a essa fortemente legati. La sua storia commosse l’America e personaggi come Elton John e Michael Jackson si strinsero al fianco del ragazzo supportandolo in molti modi.
Certo è che l’ignoranza vinse quando Ryan e la sua famiglia furono costretti a cambiare città, trasferendosi in sobborgo di Indianapolis dove però, trovarono altri volti ad accoglierli capaci di dimostrare rispetto, tolleranza e umanità.

A Ryan inizialmente i medici avevano diagnosticato solo sei mesi di vita, ma il destino scelse un periodo molto più lungo di sopravvivenza che gli permise di farsi conoscere e amare da moltissima gente, divenendo un vero eroe nazionale.
Morì nell’Aprile del 1990, a 19 anni.
Durante la sua lunga ed estenuante battaglia contro il virus, venne sostenuto da diversi nomi celebri dello star system.
Michael Jackson corse al suo capezzale quando Jeanne, la madre del ragazzo, gli disse al telefono che a suo figlio restavano poche ore di vita. Michael gli dedicò una commovente canzone “Gone too soon” con la quale si esibì durante la cerimonia ufficiale d’insediamento del Presidente Clinton alla Casa Bianca, nel 1993.
Ryan, come anche il famoso giocatore di basket sieropositivo Magic Johnson, divennero i manifesti della lotta contro il contagio e guerrieri impavidi nella lotta all’epidemia. Questo ragazzo, invece di rispondere all’odio ricevuto con astio e silenzio, fece molti comizi e partecipò a tantissime manifestazioni volte a raccogliere fondi per la ricerca, dimostrando inoltre che convivere si poteva, e si doveva.
La sua morte attraversò l’America che visse un dolore profondo e sincero, riconoscendo in quell’adolescente contagiato un guerriero pieno di forza, energia e grandezza che fece luce su un tema così delicato sia a livello sociale che scientifico. Si è spento troppo presto, ma la sua fiamma ha avuto un bagliore denso e imponente che ha cambiato il corso della storia; infatti poco dopo il suo trapasso, il Congresso degli Stati Uniti d’America istituì il “Ryan White Care Act”, un programma finanziato a tutela delle persone affette da HIV/AIDS.
Dopo la scomparsa di Ryan anche Elton John, che passò l’ultima settimana di vita del ragazzo accanto al suo letto, diede una svolta fondamentale alla sua esistenza decidendo d’iniziare un percorso di disintossicazione da alcool e droghe; dedicandogli inoltre nel 1992 la bellissima “The Last Song”. Al suo funerale cantò commosso la famosa canzone “Skyline Pigeon”; una strofa tratta dal testo è addirittura incisa sulla lapide di Ryan che riposa nel cimitero di Cicero, in Indiana.


Questo bambino che visse il trauma di sapersi contagiato mentre cercava di sopravvivere ad un’altra grave patologia, divenne un ragazzo sotto l’occhio terribile di un male subdolo e infame, che vinse sul suo corpo strappandolo alla vita troppo in fretta, ma non sconfisse la sua immensa generosità d’animo e la sua forza, rendendo oggi come ieri e per sempre Ryan White un vero combattente.


Solo in seguito vennero fatte indagini diagnostiche più approfondite anche su altri soggetti affetti da Emofilia A che risultarono a loro volta positivi all’ HIV, rendendo la battaglia di Ryan utile e unica anche sotto questo aspetto.
Di Ryan White, la memoria collettiva forse ha sbiadito i contorni dei ricordi legati al suo giovane viso e al suo sorriso simpatico; ma sicuramente mai nessuno dimenticherà il suo cuore e la caparbietà che sono stati capaci di migliorare la vita a molti; cancellando l’odio e il pregiudizio con determinazione e coraggio.


“Ieri sei venuto a sollevarmi
Leggero come la paglia e fragile come un uccello
Oggi peso meno di un’ombra sul muro
Solo un altro sussurro di una voce inascoltata
Domani lascio le finestre aperte
Quando la paura sale per favore tienimi tra le braccia
Non vuoi aiutarmi, se riesci a scuotere questa rabbia
Ho bisogno delle tue mani delicate per mantenermi calmo.”
(The Last Song – Elton John)