THE MOST BEAUTIFUL BOY: GLI ANNI INFELICI DI BJÖRN ANDRÉSEN, IL “TADZIO” IN MORTE A VENEZIA
The most beautiful boy. Nell’immaginario del pubblico di Luchino Visconti, Björn Andrésen, “Tadzio” in Morte a Venezia, è ancora su quella spiaggia lucente del Lido, con l’acqua dorata appena sopra le caviglie, sotto lo sguardo estasiato del compositore morente Gustav Von Aschenbach.
Era il 1971, Morte a Venezia trionfava in tutto il mondo come capolavoro indiscusso del cinema d’autore contemporaneo. Sotto tutta questa luce mediatica brillava anche il nome di un giovanissimo attore svedese dalla bellezza androgina: Björn Andrésen.
Un sogno
A distanza di 50 anni, i registi Kristina Lindstrom e Kristian Petri omaggiano l’interprete dell’iconico personaggio con il documentario “The most beautiful boy”, il racconto sull’infanzia traumatica, il grande successo, ma soprattutto sugli anni di immensa fragilità psicologica trascorsi dall’attore in età successiva.
Un dono del cielo
Dopo aver girato l’Europa in lungo e largo, Visconti trova finalmente il suo ideale platonico di bellezza incarnato nel volto angelico della aggraziato adolescente. Fu lo stesso regista ha definirlo “il ragazzo più bello del mondo”. Parole oltremodo lusinghiere da parte di un gigante del cinema che indirettamente condannava un semplice ragazzo, aspirante musicista, a una profonda crisi d’identità. Andrésen confessa così il grande rimpianto di non essersi spinto oltre quel ruolo, a limitare il suo esistere a una scultura in carne e ossa, o un’immagine onirica a portato di scatto fotografico. Tadzio ha dissolto il desiderio di acquisire nuove capacità per conservare se stesso, assoluto e sublime. Questo resta di The Most Beautiful Boy.
Una ricetta semplice
La somma del backstage di Morte a Venezia, le interviste allo stesso Visconti, le foto di Mario Tursi, lo scenario spettrale dell’Hotel Des Bain, i filmati familiari della nonna di Björn e altro materiale d’archivio è un riuscito ritratto decadente di un narciso moderno annegato in un riflesso nella laguna Viscontiana. Vedere questo documentario è come trovarsi davanti allo specchio di qualcuno, attraversare il cambiamento del corpo e dell’anima da una prospettiva straniera.
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