Un conto alla rovescia senza fine. Più trascorrono le ore e più la situazione in Afghanistan precipita. Una condizione che l’occidente osserva, purtroppo, con occhi impotenti osservando immagini e leggendo le storie di chi l’orrore lo sta vivendo come la giovane Zarifa Ghafari, sindaco della città di Maidan Shar.

In Afghanistan la situazione, in modo particolare per le donne, è al limite. Costrette a regredire, sentiamo e leggiamo testimonianze raccapriccianti che ledono non solo la sensibilità ma anche e soprattutto per i diritti umani. Libertà negate, un ritorno alla barbarie che non fa sconti. Lo sa bene Zarifa Ghafari che attende adesso di essere uccisa.

La sindaca più giovane dell’Afghanistan

Zarifa Ghafari, 27 anni, è il sindaco più giovane dell’Afghanistan e la prima donna a ricoprire tale carica a Maidan Shar, nella provincia di Wardak. Venne insignita del suo ruolo nell’estate del 2018 dal presidente Ashraf Ghani. Sa bene cosa le attende ora che i talebani sono entrati a Kabul. La sua vita adesso si è trasformata in una sorta di lunga attesa cosciente, simile a quella di molte altre donne che si stanno vedendo negare i propri diritti a fatica raggiunti in questi lunghi anni.

I timori e l’assalto il primo giorno di lavoro

Fin dalla sua nomina, del resto, aveva più volte detto di aspettarsi di essere prima o poi assassinata, visto il suo ruolo di “prima donna che assume un lavoro tradizionalmente maschile in una società patriarcale come quella dell’Afghanistan”. Il primo giorno di lavoro, il suo ufficio fu letteralmente assaltato da uomini che brandivano bastoni e pietre, costringendola letteralmente alla fuga. Ma lei non si è arresa e dopo alcuni mesi, finalmente, il suo mandato da sindaco è iniziato. Tra le sue prime missioni, tra le risa degli stolti, lavori pubblici e la pulizia della città distribuendo sacchetti di plastica per la sua campagna Clean City Green City. Voler fare la differenza, insomma, o almeno provarci.

L’assassinio del padre, Abdul Wasi Ghafari

Il 5 novembre 2020 suo padre, il colonnello dell’esercito nazionale afghano Abdul Wasi Ghafari, viene assassinato a sangue freddo. I talebani ne rivendicano la responsabilità. Da allora ha promesso di mettersi al servizio della sua Afghanistan, per migliorare le cose. A, almeno, provarci…

Le sue parole

Il 14 Agosto scorso, sul suo twitter, scriveva:

Mia cara patria, so che stai soffrendo e so che è difficile per te perché stanno cercando di distruggerti. Ma i tuoi veri figli, che vogliono invece costruirti, sono molto forti.

Al New York Times ha detto:

Verranno per le persone come me e mi uccideranno. Sono seduta qui in attesa che arrivino. Non c’è nessuno che aiuti me o la mia famiglia. Sto solo seduta con loro e mio marito. Non posso lasciare la mia famiglia. E comunque, dove andrei?

Persone come lei, dice Zafira, che hanno cercato di costruire qualcosa non per se stesse ma per il futuro della propria Patria. Persone che adesso sono consapevoli che tutti i loro sforzi saranno stati vani e che verranno distrutti. Vite a servizio che saranno tranciate di netto. La desolazione umana a cui nessuno sembra trovare una soluzione netta e immediata.

Troppe vite sospese, laggiù.