Il 26 ottobre si celebra in tutta Italia la Giornata Nazionale del Folklore e delle Tradizioni Popolari. Un’occasione per riscoprire e valorizzare la grande ricchezza offerta dal folklore e dalle tradizioni popolari italiane, patrimonio inalienabile di credenze, usi e costumi a forte carattere culturale e identitario.

La Giornata Nazionale del Folklore e delle Tradizioni Popolari è stata istituita il 31 luglio 2019 con la Direttiva del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Questa Giornata ha lo scopo di sensibilizzare e informare i cittadini italiani sulla grande importanza culturale ed economica che hanno le tradizioni popolari delle diverse regioni e comunità italiane.

Inoltre, come si può leggere nella Direttiva, questa Giornata è anche un modo per permettere alle nuove generazioni di entrare in contatto con il patrimonio folkloristico italiano.

Il folklore: un po’ di storia

L’origine del termine folklore risale al XIX secolo ed è stata attribuita a William Thoms, scrittore e antiquario inglese. Egli coniò per primo il termine nel 1846 allo scopo di dimostrare la necessità di un vocabolo che potesse includere tutti gli studi sulle tradizioni popolari.

Questo termine, come si può facilmente evincere, è composto dalle parole folk (“popolo”) e lore (“tradizione”) e indica tutte quelle forme di aggregazione sociale incentrate sulla rievocazione di antiche pratiche popolari, dai canti alle sagre alle superstizioni.

Per essere ancora più precisi, il folklore comprende tutte quelle forme di cultura popolare spesso tramandate oralmente e che riguardano conoscenze, usi e costumi, credenze popolari, miti, fiabe, leggende e altre narrazioni legate alla dimensione del fantastico insieme a filastrocche, proverbi, musica, canti e danze.

Il folklore italiano

La tradizione folclorica italiana è estremamente ricca e variegata. Come sappiamo, in Italia si sono succedute nel tempo diverse civiltà, ognuna delle quali ha lasciato le proprie tracce nella tradizione popolare.

Vi propongo ora alcune delle figure e leggende che caratterizzano l’immaginario folclorico italiano.

I benandanti

I benandanti erano coloro che nascevano ancora avvolti nel sacco amniotico, quelli che vengono ancor oggi definiti come i “nati con la camicia”, i fortunati, i privilegiati.

Essi erano legati ad un culto pagano-sciamanico contadino basato sulla fertilità della terra diffuso in Friuli intorno al XVI-XVII secolo. Erano organizzati in piccole congreghe e proteggevano i villaggi e il raccolto dall’intervento malefico delle streghe.

Uno dei poteri caratteristici dei benandanti era quello di vedere i morti in processione e ascoltare i loro messaggi.

La Masca

La Masca è una figura di rilievo nel folklore piemontese. Le Masche sono donne apparentemente normali ma dotate di facoltà soprannaturali che vengono tramandate di madre in figlia o da nonna in nipote.

Secondo la tradizione, i poteri delle Masche comprendono l’immortalità ma non l’eterna giovinezza o la salute: sono quindi vulnerabili e soggette alle malattie e all’invecchiamento.

Quindi, per poter morire, devono trasmettere i poteri ad un’altra creatura vivente, che spesso è una giovane della famiglia, ma alcune volte può essere un animale o un vegetale. Esse inoltre possono far uscire l’anima dal corpo e volare immaterialmente nello spazio.

Raramente sono di indole malvagia ma sono sempre capricciose, dispettose e vendicative. Tuttavia, possono essere anche benefiche. Possono infatti guarire malattie o ferite sia alle persone che agli animali o salvare vite in pericolo.

Per capire quanto la figura della Masca impregni il folklore piemontese, basti pensare che ancora oggi in Piemonte si usa l’espressione “A-i é le masche” (“Ci sono le masche”) per commentare scherzosamente la caduta accidentale di oggetti o la temporanea “scomparsa” di oggetti che si ritenevano a portata di mano.

L’Anguana

L’Anguana è una una figura della mitologia alpina. È una creatura legata all’acqua e possiede delle caratteristiche che ricordano molto le ninfe.

La figura dell’Anguana è diffusa anche in Umbria, Abruzzo, Toscana (nella zona dell’Appennino Tosco-Emiliano), Veneto e Emilia-Romagna.

Generalmente le Anguane sono rappresentate come spiriti della natura affini alle ninfe del mondo romano, i cui caratteri molto spesso si fondono però con quelli delle Ondine e altre figure della mitologia germanica e slava.

Alcune storie affermano che le Anguane fossero donne morte di parto o fanciulle morte giovani, anime di bambine nate morte oppure ancora donne nate avvolte nel sacco amniotico (come i benandanti).

Vengono descritte frequentemente come giovani donne, spesso molto attraenti e in grado di sedurre gli uomini.

Altre volte appaiono, invece, come esseri per metà ragazze e per metà rettile o pesce, in grado di lanciare forti grida (in Veneto esisteva, fino a poco tempo fa, il detto “Sigàr come n’anguana”, ovvero “gridare come un’anguana”).

Azzurrina

Guendalina, detta Azzurrina, è la protagonista di una leggenda popolare della Romagna.

Siamo nella seconda metà del Trecento a Montebello di Torriana in provincia di Rimini. Si ipotizza che Guendalina fosse la figlia di un certo Ugolinuccio o Uguccione di Montebello e che sarebbe prematuramente scomparsa nel 1375 nel giorno del solstizio d’estate.

Si dice che fosse una bambina albina. Siamo ancora in un’epoca in cui l’albinismo aveva una connotazione malvagia e diabolica. Per questa ragione la madre della piccola avrebbe deciso di tingerle periodicamente i capelli di nero.

Tuttavia, la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere i pigmenti avrebbe dato alla chioma di Guendalina dei riflessi azzurri. Da qui l’origine del soprannome “Azzurrina”.

A causa del suo albinismo, il padre decise di farla vivere sotto la continua sorveglianza di due guardie per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare.

A proposito della sua misteriosa scomparsa, si racconta che il 21 giugno 1375 Azzurrina, sempre vigilata dai due guardiani, stava giocando nel castello di Montebello di Torriana con una palla di stracci mentre fuori infuriava un temporale.

Secondo il successivo resoconto delle guardie, a un certo punto la palla sarebbe caduta lungo la scala che conduce all’interno della ghiacciaia sotterranea e la bambina si sarebbe introdotta nella ghiacciaia nell’intento di recuperarla.

Le guardie avrebbero sentito un urlo provenire dalla ghiacciaia e sarebbero accorse nel locale, entrando dall’unico ingresso, ma non avrebbero trovato traccia né della palla né della bambina, che non venne mai più ritrovata.

La leggenda vuole che il fantasma di Azzurrina sia ancora presente nel castello e che faccia sentire la propria voce ogni cinque anni, in concomitanza con il solstizio d’estate.

Le tradizioni popolari italiane

Al pari del folklore e strettamente legate ad esso, le tradizioni popolari italiane sono impregnate anch’esse di quella ricchezza e di quel mistero tipici di un passato lontano che continuerà a echeggiare per l’eternità.

Vediamo insieme alcune delle tradizioni popolari più celebri (e non) del nostro Bel Paese.

La Festa dei Serpari

La Festa dei Serpari ha luogo ogni 1° maggio nella città di Cocullo, in provincia dell’Aquila. Questa festa celebra la figura di San Domenico abate ma ha, tuttavia, antiche origini riconducibili al rito pagano di venerazione della dea Angizia.

Angizia era una divinità ctonia, legata al sottosuolo e adorata dai popoli osco-umbri. La caratteristica di Angizia è che veniva associata al culto dei serpenti. In particolare aveva il potere di proteggere dai veleni di questi ultimi.

Non a caso, oggigiorno, la prima fase di questa festa consiste nella ricerca e nella cattura dei serpenti, i quali cominciano ad essere raccolti quando inizia a sciogliersi la neve, da persone esperte dette, appunto, “serpari”.

Una volta catturati, i serpenti vengono custoditi con attenzione in scatole di legno per 15-20 giorni e nutriti con topi vivi e uova sode.

I serpenti sono elementi molto importanti in questa celebrazione e hanno una forte valenza simbolica. San Domenico, infatti, è anche ritenuto protettore dai morsi di rettili proprio come la dea Angizia.

La barca di San Pietro

La barca di San Pietro, conosciuta anche come veliero di San Pietro, è una tradizione popolare rurale diffusa in tutto il Nord Italia, in particolare in Friuli-Venezia-Giulia, Veneto, Trentino, Lombardia, Liguria e Piemonte.

L’usanza consiste nel porre, nella notte fra il 28 e 29 giugno (festività dei santi Pietro e Paolo), un contenitore di vetro riempito d’acqua su di un prato, un giardino o un davanzale esterno della finestra di casa, e nel far colare nell’acqua un albume d’uovo.

Il mattino seguente si dovrebbero trovare nell’acqua delle strutture, formate dall’albume, che ricordano le vele di una barca a vela o un veliero.

Secondo il folklore popolare, sarebbero prodotte da san Pietro che, soffiando nel contenitore di vetro, farebbe assumere all’albume la giusta conformazione.

Inoltre, in base alla forma che le “vele” assumevano si poteva trarre buono o cattivo auspicio riguardo l’annata agraria, oppure il proprio destino.

Il Mortu mortu

Il Mortu mortu è una tradizione che ha luogo ogni anno in Sardegna nel giorno della Commemorazione dei defunti.

La festa del Mortu mortu ricorda molto quella di Halloween. Quest’ultima è da intendersi nel suo senso più profondo, sacro e antico in quanto cerimonia celtica e non nella forma commerciale e profana che conosciamo oggi.

Il Mortu mortu consiste nel fare un’offerta ai defunti a cui prende parte tutta la popolazione, il che ci mostra quanto sia importante l’idea di comunità e il ricordo dei nostri antenati.

Il Ballo dei Diavoli

Il Ballo dei Diavoli è una tradizione folcloristico-religiosa legata alle manifestazioni pasquali e ha luogo nel comune di Prizzi, in provincia di Palermo.

Presumibilmente di origini medioevali, la manifestazione conserva evidenti tracce di celebrazioni pagane incentrate sul trionfo della vita e della rinascita della vegetazione agli inizi della primavera.

Sin dalla mattina del giorno di Pasqua due diavoli mascherati (vestiti di rosso) e la morte (vestita del tipico giallo ocra) si aggirano indisturbati per le strade del paese, facendo scherzi e trattenendo i passanti che vengono rilasciati solo in cambio di un obolo (soldi o dolci).

Il culmine della manifestazione avviene nel pomeriggio. I diavoli tentano di impedire l’incontro, nella piazza principale del paese, tra le statue del Cristo e della Madonna. Ad essi si oppongono gli angeli che scortano le statue. È in questo momento che ha luogo il “Ballo dei Diavoli”.

Una volta sconfitti i diavoli, il Cristo risorto e la Madonna si possono finalmente incontrare e il Bene trionfa sul Male.

Fonti