Sulle Tracce di Amalia, intervista a Marco Apolloni autore di un giallo mozzafiato.

Sulle Tracce di Amalia è un giallo di Marco Apolloni. Si tratta di un romanzo ricco di colpi di scena che tengono il lettore incollato alle pagine.

Che cosa l’ha spinto a intraprendere la strada della scrittura?
La voglia di dare senso al mio vissuto. In questo credo abbia giocato un ruolo importante la mia forma mentis esistenzialista. A sei anni ero tanto bimbo fuori quanto vecchio dentro. Ricordo come fosse successo ieri che una mattina stavo passeggiando con il mio nonno materno. Era una fantastica giornata estiva, con un sole da spaccare le pietre e un cielo azzurro limpido. C’erano tutti gli ingredienti per ispirare pensieri felici in un bimbo della mia età e invece io me ne uscii così, all’improvviso, con una domanda a dir poco esistenziale: “Nonnino, perché c’è il tutto anziché il nulla?” Non credo sia un caso se nel frattempo sono diventato professore di filosofia e scrittore. A ben pensarci, tutto torna.    
Come nascono le sue storie?  

Sono parti naturali che vengono alla luce mentre cammino, o leggo, o corro. Assimilo la scrittura al parto perché scrivere storie è un po’ come partorire figli. Finita una storia c’è vuoi la soddisfazione e vuoi anche la responsabilità di avere creato qualcosa che continuerà a vivere dopo di te.

Qual è stata la parte più difficile nella stesura del romanzo?

Quando ho scritto il romanzo “Sulle tracce di Amalia”, uscito di recente con Bibi Book, la parte più difficile è stata descrivere le scene un po’ più esplicite, ma necessarie per aggiungere un po’ di pepe alla narrazione. Credo che il tocco femminile nel descrivere una scena erotica sia superiore a quello di un uomo, che manca più di delicatezza e immaginazione.

Tuttavia, parlando un giorno con Sergio Fanucci, l’editore del mio precedente romanzo, “Senza moscioli né pistole” (uscito proprio con Fanucci nel 2018), ho avuto modo di ascoltare un addetto ai lavori autorevole che mi ha spiegato bene l’importanza per uno scrittore di mettersi in gioco anche in un terreno che sente essere a lui meno congeniale. In quell’occasione lui mi chiese di aggiungere scene “hot” a quello che poi divenne “Senza moscioli né pistole” e alla fine accettai perché se c’è una cosa di cui sono convinto è che nella vita è sbagliato rimanere fermi alle proprie convinzioni. In “Sulle tracce di Amalia” mi sono ripromesso da subito di inserire qualche scena più “pepata” allo scopo di rendere più verosimili i protagonisti. Noi umani siamo creature fatte di carne tremula e sangue bollente. Perciò tanto vale essere schietti mentre si scrive ed evitare di girarci troppo intorno.

Qual è il momento che ama di più e quello meno nella fase di stesura? 

Quello che amo di più è progettare la struttura della storia affinché tutti i tasselli s’incastrino. Di solito procedo prima redigendo una sinossi generale, poi è la volta delle sinossi dei singoli capitoli. Prima di cominciare m’immagino già una lunghezza approssimativa. Poi però quando le dita scorrono veloci sulla tastiera e i capitoli si susseguono l’uno all’altro, ogni tanto mi capita di rimescolare un po’ le carte, incastrare meglio qualche tassello. Quello che amo di meno è la riscrittura, ma d’altra parte so bene quanto scrivere sia soprattutto riscrivere. Motivo per cui sono un perfezionista e amo ripassare sopra a quello che ho scritto; il più delle volte sono solo ritocchi che reputo necessari per abbellire la narrazione. Le chiamo: operazioni di taglio e cucito.   

Cosa vuole che arrivi ai suoi lettori quando leggeranno il suo libro? 

“Sulle tracce di Amalia” è un libro dedicato a tutti quelli duri ad arrendersi, anche a costo di dare fondo a tutta la propria speranza e anche a rischio di venire scambiati per dei pazzi ostinati. Mi piacerebbe che “arrivi” ai lettori la verosimiglianza di una storia che ha come intento principale quello d’intrattenere e coinvolgere fino all’ultima pagina; non voglio spoilerare troppo, dico solo che il finale regala una chicca penso e spero sorprendente per i lettori.

Tutto ha inizio con la sparizione di una bambina in un’affollata spiaggia. Una distrazione costa cara ai genitori dell’Amalia del titolo, i quali volevano solo vivere una piacevole giornata estiva baciati dal sole e accarezzati dalle onde. Lo tsunami che ne consegue è il suicidio per il troppo dolore del padre, mentre la madre a distanza di vent’anni dalla scomparsa della figlia ancora non si arrende. Una sera, mentre è in auto con delle amiche, scorge una prostituta che le ricorda Amalia.

E lei che fa? Non ha dubbi, assolda due investigatori privati che sono specializzati nel ritrovare persone scomparse, Fortunato e Pacifico. I due sono caparbi e disfunzionali, si completano a vicenda, quello che manca all’uno ce l’ha l’altro e viceversa. Fortunato – a dispetto del nome – è costretto su una sedia a rotelle per via di un incidente che ha avuto da piccolo, lui è quello più cerebrale ma non si tira indietro quando si tratta di entrare in azione, malgrado le sue condizioni. Pacifico – che caratterialmente è l’esatto opposto del suo nome – è irascibile, sa tirare pugni e calci come pochi, lui è quello più intuitivo, più dedito all’azione anche se non gli dispiace battibeccare con il socio, con il quale è anche amico dai tempi del liceo.

Fortunato e Pacifico si punzecchiano di continuo, ma si vogliono bene come solo dei veri amici sanno volersene. All’inizio entrambi credono poco alle possibilità di ritrovare l’Amalia del titolo, ma una pista viene a galla – inaspettata – durante l’indagine e li porta lontani, prima a Pomigliano d’Arco, poi a Milano, quindi a Spalato e infine a Las Vegas. La narrazione alterna scene di interrogatori serrati, litigi familiari, sparatorie, innamoramenti, combattimenti, inseguimenti. C’è la vita, con le sue grandezze e le sue miserie. Spero che più di qualche barlume di questa “vita” possa arrivare ai miei lettori e far trascorrere loro delle piacevoli ore di lettura, che è l’obiettivo poi di chiunque scriva.

Si dice che uno scrittore debba essere prima di tutto un appassionato lettore: quanto è importante per lei la lettura? 

Fondamentale. Senza la lettura sono convinto che la vita sarebbe meno bella, meno profonda. La lettura è la palestra di qualsiasi scrittore. Per uno scrittore: la lettura è l’allenamento preparatorio, mentre la scrittura è il momento palpitante della gara.

Descriva il suo romanzo in tre parole.  

Investigativo, mystery, hard-boiled.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Nei prossimi mesi uscirà un mio romanzo di narrativa non di genere ambientato nel mondo del tennis. Poi sto dando un seguito alle avventure di Fortunato e Pacifico, i due investigatori privati di “Sulle tracce di Amalia”, che hanno ancora da raccontare ai lettori.