NO SE IL MOTIVO È SOLO IL SUO DOPPIO CROMOSOMA “X”
Parliamoci chiaro, che sia ora che l’Italia abbia un presidente della Repubblica donna è evidente, ma è altresì importante che l’eventuale elezione non venga fatta solo in nome di una parità di facciata.
Sì perché finché la struttura del pensiero dominante resterà ancorata al patriarcato, proporre una candidata donna non solo risulterebbe una soluzione ipocrita, ma anche illusoria e fuorviante.
“Una donna al Quirinale? Perché no se svolge il compito come un uomo?”
Questa e molte altre le frasi che si sentono dire. E sono commenti che fanno intendere immediatamente il misunderstanding che si creerebbe nelle aspettative di tutte le femministe che hanno lottato negli anni.
Una donna per dimostrare il suo valore non deve assomigliare ad un uomo. Parità non vuol dire portare le donne ad essere come gli uomini. Vuol dire accettare le differenze tra i sessi, valorizzarle addirittura, così da permettere di osservare a 360° le potenzialità di ogni essere umano.
Non dobbiamo chiedere “una” donna, ma un nome e un cognome.
Da donna mi sento di sostenere quanto sia sbagliato continuare a propagandare la richiesta di una donna come presidente della Repubblica. Questa richiesta senza un nome vero e proprio rischia di apparire solo un capriccio. “Una” donna non fa pensare ad una persona reale, bensì ad un essere rappresentante della quota rosa.
L’importante carica che verrà eletta nelle prossime settimane non dovrebbe essere attribuita sulla base di meri criteri sessuati. Significherebbe oltraggiare un’idea di femminile come specificità intellettuale. Dovrebbe essere una scelta fondata sulla voglia di cambiare la visione boriosa del potere, i valori per una politica meritocratica e una sorellanza all’insegna della promozione alla solidarietà.
Nella sfera politica attuale ci sono delle donne così?
Faccio fatica a rispondere. Viviamo ormai da troppo tempo sotto l’effetto soporifero del patriarcato. Tanto che le donne che hanno raggiunto livelli di autorità abbastanza alti da poter ambire ad una posizione come quella di Presidente della Repubblica, rischiano di apparire in realtà loro stesse agenti di questo patriarcato dominante.
E continuerà ad essere così fino a quando i criteri di selezione della “donna pubblica” saranno improntati su base maschilista, ma soprattutto se le donne non ripristineranno il loro spirito combattivo contro le logiche gerarchiche che da sempre vengono assoggettate da princìpi patriarcali.
Perché diciamocelo, per quanto sarebbe davvero bello e fonte di orgoglio vedere una donna al Quirinale, tutto si smonterebbe in un attimo la prima volta che ad un suo discorso ufficiale invece che commentarne il contenuto, si parlerebbe della lunghezza della gonna indossata, dell’acconciatura o dell’altezza del tacco scelto. Sono certa che sarà così.
L’opinione pubblica non è ancora pronta.
Il lavoro da svolgere ora è quello di un cambiamento radicale nella struttura del pensiero dominante. Solo così si potrà avere non “una” Presidentessa, bensì “LA” Presidentessa della Repubblica Italiana.
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