Con le dichiarazioni della Franchi dove sta la colpa?

Qualche giorno fa la famosa imprenditrice italiana di moda, Elisabetta Franchi, ha avuto la malaugurata idea di dire ingenuamente ciò che in Italia è una realtà più che risaputa: le donne under 40 sono off-limits nei piani alti della gerarchia manageriale.

Elisabetta Franchi al rogo?

Tolto il fatto che fa male sentire dire queste cose da una donna, dobbiamo davvero additare l’unica che l’ha detto apertamente? Attenzione, non voglio assolutamente giustificare le decisioni imprenditoriali della Franchi, ci mancherebbe, vorrei solo che non la si usasse come capro espiatorio di un problema che esiste e persiste da molto prima che la stilista bolognese se ne uscisse con questa scandalosa gaffe (se così si può chiamarla).

Andiamo ad analizzare la cosa:

  1. Ciò che ha detto Elisabetta Franchi è giusto? Assolutamente no.
  2. Ciò che ha detto Elisabetta Franchi è l’antitesi della solidarietà femminile? Ancora assolutamente sì
  3. Ciò che ha detto Elisabetta Franchi è anticostituzionale. Sni.
  4. Ciò che ha detto Elisabetta Franchi succede solo nella sua azienda. NO, NO E NO.
Cominciamo con la nostra costituzione.

L’articolo 3 dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Chiaro no? È compito della Repubblica eliminare gli ostacoli che possono impedire libertà e uguaglianza.

L’articolo 37, poi, va nello specifico nel campo lavorativo femminile: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

Eccoci arrivare al nocciolo. È nella costituzione italiana il problema, non nel discorso dell’imprenditrice. Lei non fa altro che parafrasare, a modo suo, ciò che si evince da questo articolo. Lei dice, e cito: “i figli li facciamo noi […] e comunque il camino a casa lo accendiamo noi!”. Cosa vuol dire? Vuol dire che ad oggi fisicamente i figli li fanno le donne, ma che a questa funzione fisica è sottoscritta anche tutta la parte di accudimento.

Dicesi “cultura patriarcale”.

Elisabetta Franchi in tutto il suo discorso ha purtroppo fatto emergere quanto questa cultura sia insita in noi. Anche nelle donne. E anche in quelle che in più di un’occasione si sono schierate con le donne.

Io ho guardato tutto il video del suo intervento e mi dispiace per lei, ma le parole non sono state né travisate, né estrapolate. Lei purtroppo ha detto tutte quelle cose nell’ingenuità di una persona che sa che al momento non ci sono altre soluzioni se si vuole mantenere al top un’azienda come la sua, o almeno così è come crede.

Lei per prima ammette che per avere i suoi due figli ha dovuto organizzare tutto nel minimo dettaglio. Dice di aver programmato i cesarei e due giorni dopo aver partorito, ancora con i punti, è andata a lavorare. “perché così si fa se hai un’azienda!”. No, non è così che si fa. È così che si fa se fai parte di una società che nel chiedere la parità per le donne dimentica che qualcosa si può fare anche agendo sugli uomini.

Sì, perché per essere considerata alla pari di un uomo nel campo manageriale, una donna a quanto pare deve standardizzarsi ai canoni maschili del ruolo. Peccato però che questo non sia umanamente possibile. Differenze fisiche ci sono e invece che continuare a puntarci il dito, perché non le si accettano e ci si lavora su? Perché una donna per essere considerata una brava imprenditrice deve andare al lavoro ancora con i punti del taglio cesareo, o addirittura programmare un cesareo, per non rischiare di perdere l’azienda? O ancora, perché una donna dovrebbe trovarsi nella condizione di dover scegliere se diventare madre o avanzare nella carriera? La risposta, a mio modesto parere, è perché dopo secoli e secoli in cui è stato solo l’uomo a lavorare mentre la donna accudiva la casa e la famiglia, la cultura e ancora peggio lo stato con le sue leggi non ha ancora trovato la giusta chiave di volta per concedere la libertà di scelta ad una donna.

Mille esempi di disparità nel mondo del lavoro.

Avanti, perfino io a 24 anni al primo colloquio per assistente infanzia in un nido di una cooperativa sociale mi sono sentita domandare “Ha un fidanzato o un marito? Intende mettere su famiglia?” E sto parlando di un ruolo che, per quanto io rispetti profondamente avendolo svolto per anni, non ha grandi difficoltà nel trovare sostituzioni.

Quindi Elisabetta Franchi ha sicuramente sbagliato con le sue dichiarazioni, chi conosce il personaggio sa che a volte soffre di incontinenza verbale (infatti per tentare di difendersi ha usato i social in forma scritta, segno palese che sia subentrato il suo ufficio stampa);  e ancora di più sbaglia ad operare nel modo che ha descritto, sia per sé stessa che per le donne in generale. Ma non penso meriti la gogna mediatica che sta subendo.

Dovremmo invece puntare il dito sullo Stato, ma soprattutto su noi stessi, che siamo lo Stato e di conseguenza solo noi possiamo cambiare le cose.

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